Rallisti ai tempi del Coronavirus. Stefano Romeo: “Dopo aver risistemato l’archivio non vedo l’ora di fare un’escursione in montagna e tornare in prova speciale”

Due sole gare quest’anno per il reporter ligure che dopo Monte-Carlo e Val Merula si preparava a seguire tutto il Campionato Italiano Rally. La speranza che si possa ripartire presto per poter tornare alle gare e vedere riaperto il ristorante di famiglia. Nel frattempo rimette a posto l’archivio e si dedica alla cucina. Testi di Tommaso M. Valinotti, immagini di Stefano Romeo

VALLECROSIA (IM), 17 aprile Stefano Romeo si preparava a una nuova intensa annata di gare fra Campionato Italiano Rally, trasferta iridata in Sardegna e numerose gare locali. Per il momento tutto da dimenticare, come sono da dimenticare i bagni al mare e le passeggiate in montagna.

Qual è stata l’ultima manifestazione cui hai partecipato? – “Quest’anno, per ora, ho seguito solamente due gare poi si è fermato tutto. Il Rallye Monte-Carlo di fine gennaio e il Rally Ronde Val Merula del 7-8 febbraio. Come faccio da sempre ho seguito il Monte-Carlo dallo Shake Down al podio finale. Il Rallye Monte-Carlo è una gara che va preparata nei minimi dettagli iniziando dal momento in cui sono pubblicate le cartine del percorso. Nonostante sia ormai un veterano della gara monegasca, effettuo un giro di ricognizioni pre gara come fanno gli equipaggi, sia nelle prove sia sui trasferimenti per individuare punti nuovi dove scattare le foto. Da un anno all’altro possono cambiare molte cose. Anche se al giorno d’oggi le gare del mondiale sono molto più blindate e c’è meno libertà di scelta su dove posizionarsi. Un tempo il punto iconico della gara era il Col de Turini, ma oggi è talmente difficile muoversi che non si riesce a fare una foto decente. Molto meglio lo scollino sulla pista da sci del Col de Moissiere del sabato che offre ancora spunti fantastici.

A inizio febbraio sono stato al Rally Val Merula che ho seguito da solo; ma anche in questo caso sono riuscito a fare un buon lavoro sulle prove speciali sino al podio. Il punto classico è lo scollinamento del Passo del Ginestro, oggi ampiamente fattibile con le macchine fotografiche che scattano in remoto. Se così non fosse bisognerebbe rischiare la vita per fare una foto decente ”.

Quali sono state le manifestazioni che hai perso? – “Avevo in programma di seguire tutto il Campionato Italiano Rally, quindi al momento attuale mi sono perso il Ciocco (ora rinviato a fine giugno), il Mille Miglia, il Targa Florio e il Rally Italia-Sardegna, oltre al Sanremo Storico e il Rally delle Palme vicino a casa mia ”.

Quali erano i tuoi programmi per il 2020? – “Da alcuni anni il mio programma principale è seguire il Campionato Italiano Rally, il Sanremo Storico, le tre gare del mondiale Monte-Carlo, Corsica (quest’anno degradata a gara di Campionato Francese) il Sardegna, oltre alle gare liguri. Lo scorso anno ero riuscito a farmi le tre gare delle isole mediterranee come Corsica, Sicilia e Sardegna. Era stato divertente”.

Se si ripartisse il primo giugno, cosa faresti? – “Sarei molto felice, perché significherebbe che il ristorante di mia moglie Barbara e di mio cognato Sergio potrebbe rialzare le saracinesche. A livello rallistico mi piacerebbe fare le gare del Campionato Italiano Rally, ma a quel punto sarà questione di budget. Sarà fondamentale vedere quanti equipaggi potranno presentarsi al via e quanto potranno investire in comunicazione piloti e scuderie”.

Cosa hai dovuto rinunciare per l’emergenza Coronavirus? – “Avevo in programma un giro primaverile sui sentieri di montagna nelle giornate di libertà dai rally e dal ristorante. Ma soprattutto soffro per la mancanza di libertà di movimento. Mi sento prigioniero come un leone in gabbia. Inoltre avere il mare a pochi metri e non poter andare in spiaggia e fare il bagno è una vera tortura. Sembra che il destino voglia prenderci in giro. In questo periodo ci sono giornate bellissime e il mare ci invita tuffarci fra le sue onde. Ma non è possibile

Cosa fai in questo periodo? – “È l’occasione buona per mettere in ordine l’archivio, cosa che mi ripromettevo da anni. Con il ristorante chiuso al pubblico mi sono riciclato a fare il fattorino delle consegne per quei pochi piatti da asporto che serviamo ogni giorno. È il solo modo per muovermi un pochino, prendendo tutte le precauzioni necessarie. In cantina ho riverniciato le sedie del dehor, ma sono finite e non mi sembra il caso di dar loro sette mani. Quando sono in casa mi spiaggio sul divano, oppure cucino io e non Barbara. Ma fra la cucina del ristorante a quella casalinga c’è la stessa differenza che c’è fra guidare una macchina stradale e una da gara in prova speciale”.

Come festeggeresti il ritorno alla normalità? – “Farò quella famosa escursione in montagna, e poi festeggerò sia al ristorante sia in prova speciale. Ma la gioia maggiore sarà rivedere i volti delle persone felici”.

Rallisti ai tempi del Coronavirus. E lunedì tocca a Claudio Vallino

Dopo due fotografi (Elio Magnano e Stefano Romeo) un organizzatore (Pierluigi Capello) e un pilota team-manager (Paolo Benevenuti) è ora la volta del pilota-istruttore ligure

ANGROGNA (TO), 17 aprile – Dopo aver esplorato il mondo dei rally con la macchina fotografica (Stefano Romeo), lunedì si torna al volante con Claudio Vallino, blasonato pilota di lungo corso con oltre cento vittorie di classe e numerosi trofei monomarca in bacheca, che ci racconta come trascorre il tempo in questo periodo di clausura per il Coronavirus.

www.scuolarally.it

La Golf GTI quarta serie (1998-2003). Un quarto di secolo di sobria eleganza

A inizio marzo, è stata presentata l’ottava Golf GTI, la sportiva dell’era digitale. Dal 1976, la Golf GTI è il riferimento delle sportive compatte. La storia della sua nascita unica e insolita, come quella di tutte le leggende. Un viaggio giunto all’ottava tappa con oltre due milioni di esemplari venduti.

WOLFSBURG (Germania) – La quarta Golf GTI proseguì all’insegna della sobria eleganza della serie precedente, aggiornandola con contenuti tecnici senza confronti, grande agilità e una qualità eccellente. Tra gli elementi più caratteristici di questa serie, gli inimitabili cerchi in lega BBS, i fari posteriori bruniti e, all’interno, i sedili sportivi anatomici della Recaro.
Questa fu la generazione che, più di tutte, offrì un’ampia scelta di motori agli appassionati. La gamma andava dai 110 CV dell’efficiente TDI d’accesso, ai 170 CV del potente benzina 2.3 a cinque cilindri VR5.

Al cuore dell’offerta c’era la GTI dotata del 1.8 turbo a benzina, un quattro cilindri in linea con cinque valvole per cilindro che erogava 150 CV, capaci di spingere la quarta serie della Golf GTI da 0 a 100 km/h in 8,5 secondi e fino a una velocità massima di 216 km/h. Prestazioni pressoché identiche venivano raggiunte dal TDI più potente, che nell’evoluzione finale raggiunse anch’esso 150 CV di potenza.

Per l’anniversario dei 25 anni, venne realizzata la serie speciale GTI Edition 25, con produzione limitata a 3.000 esemplari. Oltre alle appendici aerodinamiche dedicate, in tinta con il colore carrozzeria, questa Golf GTI speciale montava il 1.8 turbo portato a 180 CV di potenza massima, che spingevano la GTI Edition 25 da 0 a 100 km/h in 7,9 secondi e fino a una velocità massima di 222 km/h.

In totale, furono prodotte 164.859 Golf GTI quarta serie.

Honda regala un tour virtuale nella “Honda Collection Hall”, per scoprire la sua storia gloriosa comodamente da casa

Il tour racconta la gloriosa storia di Honda attraverso un’esclusiva collezione di auto, moto e prodotti power. Sono oltre 300 i modelli presenti nella Honda Collection Hall, ammirabili comodamente da casa grazie ad un tour virtuale a 360º. Presenti veicoli leggendari, come la T360, la prima auto prodotta da Honda, o la RA271, la prima monoposto di F1 sviluppata dalla Casa Giapponese

La Honda Collection Hall (HCH), un museo che ha sede nel circuito giapponese di Twin Ring Motegi, ospita la più grande collezione di prodotti sviluppati dalla Casa di Tokyo, con oltre 300 modelli esposti. Tutti questi modelli possono ora essere ammirati in un tour virtuale a 360º. Per visitare la HCH basta collegarsi alla pagina: www.honda.com/collection-hall-gallery.

Sarà, così, possibile ripercorrere la storia della Casa di Tokyo attraverso un’esclusiva collezione di auto, moto, prodotti power e incredibili modelli da corsa.

Inaugurato nel 1998, in occasione del 50° anniversario della Casa, ha da allora come obiettivo quello di far conoscere i sogni e la passione che hanno ispirato i prodotti Honda. Nella straordinaria situazione che stiamo vivendo, questa iniziativa è stata adottata per regalare a chiunque la possibilità di ammirare in modo inedito la collezione del Motegi e rendere ancora più piacevole la permanenza in casa.

Tre interi piani di storia. Durante il tour virtuale, si ha l’impressione di essere entrati davvero di persona nella casa di Honda per rivivere, attraverso i prodotti più iconici, una storia lunga settant’anni. Senza alzarsi dal divano o allontanarsi dalla scrivania, è possibile esplorare i tre piani del museo e ammirare la ricca esposizione di modelli presenti, vere pietre miliari nella storia di Honda.

Il secondo piano ospita l’area dedicata ai modelli auto, moto e prodotti power. Protagonista è la prima “sportiva compatta” a quattro ruote, la S500 del 1963. Oltre ad alcuni dei leggendari modelli della Casa – quali Prelude, NSX e Civic –, l’esposizione offre una panoramica dell’evoluzione del settore automobilistico in Giappone, con particolare attenzione al segmento delle mini-car, anche dettekei-car, che hanno riscosso grande successo nel Paese del Sol Levante. In vetrina alcuni dei primissimi modelli, come la Honda N360, la prima mini-car prodotta in serie a partire dal 1967. Tra le due ruote più iconiche esposte, troviamo la CB750 – la prima moto prodotta in serie a quattro cilindri – e la NR con pistone ovale.

Il terzo piano, è dedicato all’anima “racing” di Honda, con le monoposto, le GT e le moto con cui Honda ha dato battaglia in pista tra i cordoli. In quest’area, si possono ammirare alcuni dei pezzi più iconici, come una delle McLaren – Honda guidata da Ayrton Senna, e la sei cilindri RC166 che ha conquistato numerose vittorie nel Tourist Trophy dell’Isola di Man insieme a Mike Hailwood.

Fabbrica dei sogni. La Honda Collection Hall apre in risposta all’impegno della Casa di Tokyo di mostrare le sue origini e di migliorare il benessere delle persone attraverso l’uso della tecnologia.

La storia della Casa Giapponese inizia negli anni ’40, quando Soichiro Honda monta il motore di un generatore per radiotrasmittenti sulla bicicletta di sua moglie, nell’intento di alleviare la fatica dei suoi spostamenti quotidiani. Nel 1946, sviluppa questa idea iniziando a vendere motori dotati di serbatoio, acceleratore, cavi e altre componenti, che potevano essere fissati su qualsiasi modello di bicicletta.

Questo motore è diventato famoso con il nome di Motore Honda per biciclette. Solo due anni più tardi, nel 1948, Soichiro fonda la Honda Motor Company.

Per una storia che continua ancora oggi.

Le Opel Astra e Kadett “by Bertone, vent’anni di collaborazione fra Rüsselsheim e Grugliasco

Venti anni fa la presentazione di Astra Coupé.  La collaborazione con il carrozziere italiano. Dalla Kadett Cabrio del 1987 all’Astra Cabrio del 2003

RÜSSELSHEIM (Germania), 17 aprile – Quando, venti anni fa, nel 2000, fu presentata la Opel Astra Coupé, il nuovo modello costituiva una ulteriore tappa della fortunata collaborazione tra la Adam Opel AG e la Carrozzeria Bertone, una collaborazione che associava eccellenze dello stile italiano e della tecnologia tedesca. Prima espressione concreta di questa collaborazione era stata la Opel Kadett-E Cabrio.

Presentata nella Primavera 1987, questa versione scoperta, caratterizzata da un vistoso roll-bar, ampliò il successo della berlina, una “bestseller” eletta Auto dell’Anno 1985. In quattro anni ne furono prodotti circa 60.000 esemplari della sola Cabrio.

Uscita di produzione la Kadett, nel 1993, Bertone “scoprì” anche la nuova Opel Astra-F realizzando una confortevole convertibile con una immagine molto classica. Per fare ciò, utilizzò come punto di partenza il pianale della berlina 4 porte che era la versione più lunga della gamma. In questo modo il maggior spazio a disposizione permetteva di ospitare la capote completamente ripiegata in uno speciale scomparto ricavato alle spalle dei sedili posteriori, lasciando allo stesso tempo l’abitacolo del tutto disponibile. Dopo aver presentato, come detto, la versione coupé di Opel Astra-G nel 2000, tre anni dopo Bertone realizzò una Cabrio, completando così una gamma che già comprendeva una berlina a 3 porte, due berline a 2 e 3 volumi, una station wagon.

Tutte queste vetture furono in gran parte prodotte nello stabilimento Bertone di Grugliasco (Torino) dove dalla Opel e da suoi fornitori di fiducia arrivavano parti da modificare e da assemblare come componenti meccaniche e molti lamierati.

Questa collaborazione impose alla Bertone l’adozione dei concetti e dei processi di produzione della Casa tedesca. Furono adottati, ad esempio, i punti di controllo qualità che erano una caratteristica di ogni impianto Opel.

1987: la prima Cabrio by Bertone. Il grande roll-bar era senza dubbio l’aspetto più appariscente della Opel Kadett-E Cabrio del 1987 e al tempo stesso l’espressione visibile dell’impegno che i progettisti italiani e tedeschi avevano dedicato alla sicurezza. Da un lato la presenza di questa struttura in acciaio saldato al pianale proteggeva i passeggeri in caso di ribaltamento, dall’altro aumentava la robustezza della struttura delle fiancate. Il roll-bar forniva inoltre un ideale punto di attacco superiore per le cinture di sicurezza. «Grazie ai rinforzi montati sulle porte e sul tunnel centrale e ai longheroni sul cruscotto» spiegava all’epoca Gunter Zech, direttore del Centro Sicurezza Opel «è stato possibile ottenere una sicurezza paragonabile a quella della berlina. In questi punti sono stati saldati elementi scatolati che garantiscono la solidità della scocca anche senza la presenza del tetto in acciaio».

Opel e Bertone riuscirono a ottenere anche un coefficiente di penetrazione (Cx) particolarmente buono per una vettura aperta (0,35 a capote chiusa, 0,37 a capote ripiegata) che minimizzava fra l’altro i vortici d’aria nell’abitacolo con il tetto abbassato e la rumorosità in velocità. La capote era costituita da tre strati e offriva quindi un perfetto isolamento termico che permetteva di utilizzare la Opel Kadett-E Cabrio anche con temperature esterne molto rigide. Una volta ripiegata, sporgeva di solo 12 cm oltre il bordo superiore della carrozzeria.

1993: anche Opel Astra “perde la testa”. Resistenza torsionale e rigidità in caso di urto furono gli aspetti posti in primo piano nello sviluppo della versione Cabrio di Opel Astra-F del 1993 che si distingueva dalla Kadett-E Cabrio per l’assenza del grande roll-bar. La carrozzeria incorporava infatti numerosi rinforzi strutturali che ne accrescevano la solidità e speciali soluzioni di sicurezza passiva come le doppie barre inserite nelle porte a protezione contro gli urti laterali e le zone anteriore e posteriore deformabili.

Una particolarità era rappresentata dal tonneau cover che si poteva facilmente sganciare grazie agli speciali bottoni automatici e a due gusci esterni in plastica rigida. Solo la sezione centrale era in plastica morbida. Tre cinghie elastiche sospese attraverso l’apertura favorivano a loro volta il montaggio del tonneau cover e impedivano che potesse essere strappato via dal vento. Non appena il tonneau cover era fissato per mezzo dei fermi a pressione, si attivava un dispositivo elettrico di sicurezza che impediva l’azionamento accidentale del meccanismo della capote.

2000: quando Astra divenne anche coupé. La linea di Opel Astra Coupé, esposta in anteprima mondiale al Salone di Francoforte nel Settembre 1999, rappresentava un’evoluzione della dinamica forma della berlina. L’intelaiatura delle porte e il secondo montante del tetto di colore nero si fondevano in un unico elemento stilistico laterale, mentre la maggiore inclinazione del parabrezza e la forma aerodinamica (Cx = 0,28) trasmettevano un’immagine di forza e di sobria eleganza. Per realizzarla, i progettisti erano intervenuti sull’autotelaio della berlina abbassandolo di 20 mm per meglio armonizzarlo con i motori ECOTEC della nuova Coupé. La gamma delle motorizzazioni di questa sportiva a trazione anteriore comprendeva un inedito turbo-benzina da 190 CV (140 kW), un altrettanto nuovo 2.200 aspirato interamente in alluminio da 147 CV (108 kW) e un 1.800 a 16 valvole.

2003: un’altra Cabrio. Due anni dopo debuttava la versione Cabrio di Opel Astra-G sotto forma di una slanciata convertibile a 2 porte dotata di capote azionabile elettricamente tramite un pulsante oppure un telecomando. La vettura disponeva di 4 comodi posti, un abitacolo molto spazioso, un grande bagagliaio, sospensioni sportive a geometria DSA (Dynamic SAfety) e tre brillanti ed economici motori ECOTEC a 4 valvole per cilindro.

Ancora una volta le forme eleganti della Cabrio erano state create da un gruppo di progettisti della Opel e della Bertone che riuscirono a dare vita a un design sportivo e raffinato che risultava particolarmente sorprendente quando la capote era abbassata. Una volta che questa era stata riposta sotto l’apposito scomparto, la linea di cintura sembrava sollevarsi verso la coda della vettura senza che si potesse scorgere alcun rigonfiamento di tessuto, parti di roll-bar e finestrini all’altezza del primo montante che potessero disturbare le linee ben definite della carrozzeria o la visuale a 360 gradi tutto intorno ad essa.

La foto del giorno. Elio Magnano ritorna nelle Valli Cuneesi

La gara delle Valli Occitane è stata rimandato come tutte quelle a calendario dal 22 febbraio in poi. Il reporter saluzzese ci porta indietro all’edizione dello scorso. Foto Elio Magnano (www.fotomagnano.com)

CARMAGNOLA (TO), 17 aprile. Dovremmo essere nel pieno marasma delle iscrizioni. Che avrebbero dovuto aprirsi lo scorso giovedì 2 aprile. Invece nulla. Dal 1 al 3 maggio l’edizione 2020 del Rally Valli Cuneesi non andrà in scena, ma dovremo aspettare che il periodo di clausura termini e si ritorni in prova speciale. Con un pizzico di nostalgia Elio Magnano ci propone un’immagine che immortala i vincitori dell’edizione scorsa, Alessandro Gino-Marco Ravera. Un modo come un altro per augurarci che si torni presto in prova speciale.

 Nel 1935 la Opel Olympia fa la storia

Prima automobile tedesca a scocca portante. Fu una Olympia la 500millesima Opel prodotta. Oltre Atlantico a bordo di un dirigibile.

RÜSSELSHEIM (Germania), 17 aprile –. “Impegnata da sempre ad offrire al pubblico automobili a prezzo accessibile, Opel dà oggi un impulso decisivo alla motorizzazione tedesca in un momento in cui è necessario colmare una lacuna del mercato. E’ giunto il momento che non vi sia più soluzione di continuità tra telaio e carrozzeria”. Con queste parole, nel 1935, la Casa tedesca presentava al Salone di Berlino la berlina Olympia, prima automobile tedesca costruita in serie con carrozzeria portante in acciaio ed era contemporaneamente la prima auto che riunisse i vantaggi di questo tipo di costruzione con quelli di un’utilitaria. “L’intelaiatura della scocca è costruita come un ponte d’acciaio, una forma in grado di assorbire grandi forze e di contenere il peso” proseguiva 85 anni fa il costruttore tedesco. “Quest’intelaiatura è fatta di profilati d’acciaio portanti, uniti fra loro con le tecniche impiegate nelle costruzioni aeronautiche in metallo”.

Quando, nel 1936, nello stesso anno cioè delle Olimpiadi di Berlino, uscì sul mercato, la Opel Olympia costava 2.500 Marchi. Fino al 1937 ebbe un motore 1.300 da 29 CV (21 kW). In seguito, nel 1938, ricevette un motore 1.500 da 37 CV (27 kW) che le consentiva di raggiungere i 110 km/h. Mentre la Olympia 1.3 fu prodotta in 81.661 esemplari, la versione 1.500 raggiunse nel 1940 le 87.214 unità: decisamente una bella cifra! Naturalmente la carrozzeria portante fu presto adottata anche per altri modelli, prima fra tutte la Opel Kadett, il nuovo modello d’ingresso della gamma che quando, nel 1936, fece la sua comparsa sul mercato si rivolgeva a quei clienti potenziali che non potevano permettersi la Olympia.

La 500.000esima Opel volò a Rio sullo Zeppelin. Nel 1938 la Opel costruiva già 140.580 veicoli all’anno. Se non fosse scoppiata la guerra, avrebbe superato l’obiettivo di 150.000 veicoli all’anno entro la fine degli Anni ’30. All’epoca Opel era diventata comunque la principale industria automobilistica tedesca e i suoi responsabili sorprendevano spesso il pubblico con nuove idee pubblicitarie che rendevano il nome della ditta famoso in tutto il mondo. Nell’Estate del 1936, ad esempio, la 500millesima automobile Opel prodotta – una Olympia – fu trasportata come “prima automobile volante del mondo” all’interno del dirigibile Hindenburg fino a Rio de Janeiro.

Forti messaggi pubblicitari. In quegli anni Opel si servì spesso per le sue campagne di un nuovo genere di pubblicità che ha mantenuto sempre la sua validità. Il messaggio “Severità sistematica” era accompagnato, ad esempio, da approfondimenti come questo: “Così, come una radiografia mostra la struttura interna del corpo umano, la spettroanalisi, come viene applicata presso la Opel, mostra ogni particolare dei materiali impiegati, la loro composizione e qualità. La spettroanalisi viene sempre spietatamente usata per effettuare controlli poiché la Opel deve concorrere per mezzo dei suoi materiali, in un mondo saturo di materia prima”. Di fianco campeggiava poi lo slogan che aveva reso famosa la Casa tedesca: “Opel – der Zuverlassige” (Opel, l’affidabile).

Seguirono altri messaggi pubblicitari che sono ancora oggi validi: “Insoddisfazione creativa”, “Con 10.000 ampere a caccia di crepe nel metallo”, “Il fondo dei calzoni metallico”. “Qui vengono costruite le auto più costose”. Con queste parole Opel lasciava buttare uno sguardo sul lavoro di sviluppo e faceva sapere al lettore che le prime automobili fatte a mano della nuova generazione avevano un valore di “500.000 Marchi”, una cifra assurda per un’automobile.

Con il grido “esportazione, esportazione” poi la Opel ricordava al pubblico di essere un’industria che esportava in tutto il mondo. Infatti con l’esportazione dei suoi modelli (oltre il 31% della produzione era venduto all’estero) Opel contribuiva notevolmente all’ingresso di valuta estera. Il governo di allora seguiva questo sviluppo con sentimenti contrastanti: da una parte apprezzava la valuta estera che entrava nelle casse, dall’altra non poteva dimenticare che in fondo la ditta era in mani straniere alle quali si lasciavano malvolentieri i guadagni. Nel 1936 però la Opel e lo Stato potevano ancora convivere in pace. Olympia e Kadett non avevano quasi concorrenti e i brillanti risultati ottenuti nelle gare di regolarità fecero salire la fama di affidabilità della Opel.

Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale segnò la fine della produzione automobilistica. Nell’Autunno 1940 le catene di montaggio della Olympia e della Kapitan furono fermate e da quel momento, dopo 1.003.585 automobili prodotte, furono costruiti solo i camion Blitz nella fabbrica di Brandeburgo. La produzione automobilistica sarebbe ripresa nel 1947.

Honda Origins: storia e valori di Honda in un manga animato

Honda Origins ripercorre la vita del fondatore dell’azienda Soichiro Honda, attraverso una serie di manga animati. La serie audiovisiva può essere guardata online comodamente da casa. Sei episodi che uniscono le fotografie storiche di Honda a delle strisce a fumetti, con la voce del narratore fuori campo

Honda Origins ripercorre la vita del fondatore dell’azienda Soichiro Honda attraverso una serie animata che combina disegni di fumetti manga in stile giapponese, audio e fotografie storiche. Il viaggio audiovisivo degli esordi di Honda fino alle sue conquiste e alla sua eredità, diviso in sei episodi della durata di 10/20 minuti ciascuno, è ora disponibile al link:

global.honda/heritage/HondaOriginsLibrary.html

Honda racconta la sua storia nello stile unico e iconico dei manga giapponesi. La serie utilizza il manga “Honda Soichiro Hon Den”, pubblicato da Shogakukan Inc., per intrecciare la vita e la filosofia unica del suo fondatore su vita e business ripercorrendo l’evoluzione dell’azienda sin dalle sue origini per arrivare alla multinazionale di fama mondiale di oggi.

Questa iniziativa è un ulteriore contributo di Honda per offrire contenuti esclusivi ai suoi appassionati, in un momento in cui è necessario non uscire di casa.

Una storia da tramandare di generazione in generazione. Il primo episodio della serie, Bouncing Back, racconta come Soichiro Honda, in seguito alla Seconda guerra mondiale (1939-1945), fondò l’Istituto di Ricerca Tecnica Honda nel 1946, nella città di Hamamatsu, dando inizio al suo viaggio con un motore installato su una bicicletta. Due anni dopo, nel 1948, questa impresa, insieme a Takeo Fujisawa, divenne la Honda Motor Company.

Gli altri capitoli (A Dream is Born; Crisis on the Way to the Isle of Man Declaration; American Advance; Veni, Vidi, Vici: We Hate to Lose) ritraggono momenti chiave della sua vita, dei suoi valori e della storia dell’azienda, sottolineando particolarmente l’impegno di Honda per le moto, le auto e le corse. Uno dei valori più importanti evidenziati nella serie è la perseveranza e l’apprendimento dal fallimento; quest’ultimo è incarnato da una citazione di Soichiro Honda che definisce lo spirito dell’azienda: “Il successo rappresenta l’1% del vostro lavoro derivante dal restante 99%, che si chiama fallimento”.

L’ultimo capitolo della serie (Epilogue) racconta gli inizi della società come multinazionale attraverso la sua espansione negli Stati Uniti e si conclude poco dopo il ritiro congiunto dei due fondatori della Honda, avvenuto nello stesso giorno.

Questa divertente serie è disponibile anche in inglese e nella sua versione originale in giapponese sul canale YouTube di Honda al seguente link:

www.youtube.com/watch?v=JVENopKz3M0

Le batterie dei modelli Honda Hybrid ed EV possono avere una “seconda vita” attraverso un processo di rigenerazione

Honda Motor Europe sta ampliando la sua collaborazione con SNAM per rigenerare le batterie giunte a fine vita in uso sui modelli ibridi ed elettrici. SNAM sta studiando la possibilità di dare alle batterie una “seconda vita” usandole per lo stoccaggio di energie rinnovabili in diverse applicazioni industriali. Nuovi processi idro metallurgici consentono di estrarre e rigenerare i materiali preziosi dalle batterie che non possono avere una seconda vita. Attraverso una piattaforma web dedicata, le concessionarie Honda in Europa potranno richiedere la raccolta di batterie usate

Honda Motor Europe sta ampliando la sua partnership con SNAM (Société Nouvelle d’Affinage des Métaux) per poter rigenerare o allungare la vita alle batterie in uso sui modelli elettrificati giunte a fine ciclo. SNAM raccoglierà e rigenererà in tutta Europa le batterie esauste dei modelli a quattro ruote di Honda, ibridi ed EV, e le preparerà ad una “seconda vita” in cui serviranno a stoccare energie rinnovabili o, se inadatte a tale scopo, recuperando i componenti preziosi al loro interno.

Honda e SNAM collaborano sin dal 2013 per garantire la tracciabilità delle batterie giunte a fine vita e smaltirle nel rispetto degli standard ambientali dell’Unione Europea. L’estensione dell’accordo vedrà SNAM raccogliere, in 22 Paesi, le batterie agli ioni di litio e all’idruro di nichel metallico (NiMH) attraverso la rete di concessionarie Honda e delle ulteriori strutture autorizzate (ATF), prima di analizzare se sono idonee per la rigenerazione e trattarle di conseguenza.

Tom Gardner, Senior Vice President di Honda Motor Europe, ha affermato: “La crescente domanda di auto ibride ed elettriche Honda è accompagnata da una altrettanto crescente necessità di gestire le batterie nel modo più rispettoso possibile dell’ambiente. I recenti sviluppi del mercato ci permettono di dare una seconda vita a queste batterie, mettendole a disposizione per altri usi oppure sfruttando nuove tecniche industriali per recuperare le materie prime al loro interno che saranno utili per la produzione di nuove batterie”.

Per il sistema di raccolta, viene impiegato un sistema di trasporto sicuro e a basse emissioni di carbonio. Una volta giunte nel centro di stoccaggio, SNAM valuta quali pacchi batterie possono essere usati per sviluppare nuovi dispositivi di accumulo dell’energia. Dopo la cernita, questi vengono riconvertiti e resi disponibili per immagazzinamento di energia ad uso domestico e industriale.

In caso di celle di batterie danneggiate e non idonee ad una “seconda vita”, è possibile estrarre materie preziose quali litio e cobalto grazie a tecniche basate su processi chimici in fase acquosa. Una volta estratte, queste materie prime possono essere riutilizzate nella produzione di nuove batterie, pigmenti o additivi utili per la malta. Altre materie di uso comune, tra cui rame, metallo e plastica, vengono riciclate e commercializzate per una serie di attività produttive.

Le concessionarie possono organizzare e richiedere la raccolta di batterie a fine vita attraverso la piattaforma online dedicata SNAM. La raccolta potrà essere effettuata da appositi centri di stoccaggio nell’arco di 15 giorni per evitare l’accumularsi di batterie usate presso le concessionarie. L’accordo si applica alle grandi batterie “da trazione” impiegate per alimentare i motori di auto ibride o elettriche, a differenza delle batterie più piccole e compatte destinate alle auto diesel o benzina.

SNAM sostiene le attività di Honda sulla progettazione consapevole ed eco-sostenibile delle future batterie, in modo da garantire il loro trattamento ecologico al termine del naturale ciclo di vita.

Bosch: Allenarsi per il Futuro. I campioni dello sport si raccontano sul web

Il progetto dedicato all’orientamento dei giovani continua anche a distanza. Al via i percorsi di orientamento digitale complementari alla didattica e gli incontri con i campioni dello sport grazie alle piattaforme e-learning. Previsti 100 appuntamenti digitali con scuole di tutto il territorio italiano entro fine giugno

Milano – Per fronteggiare l’emergenza sanitaria legata al Covid-19, la scuola ha dovuto reinventarsi e affidarsi ai nuovi strumenti digitali, indispensabili per assicurare agli studenti la continuità del percorso formativo. Una strada, questa, perseguita anche da Allenarsi per il Futuro, il progetto contro la disoccupazione giovanile, ideato da Bosch Italia in collaborazione con Randstad e altre imprese, enti e istituzioni su tutto il territorio italiano, con l’obiettivo di orientare gli studenti al proprio futuro e offrire opportunità di alternanza scuola-lavoro.

Avviato nel 2015, Allenarsi per il Futuro consente agli studenti di avvicinarsi al mondo del lavoro attraverso la metafora dello sport, grazie alle testimonianze di grandi atleti italiani. Ad oggi sono state coinvolte oltre 1.700 scuole, incontrati più di 350.000 ragazzi e attivati complessivamente 4.850 tirocini formativi. Durante gli incontri di orientamento organizzati nelle scuole, infatti, 36 campioni di diverse discipline sportive, come la pallavolista Maurizia Cacciatori, il calciatore Moreno Torricelli, il judoka Pino Maddaloni, l’alpinista Marco Confortola, raccontano agli studenti la propria storia personale trasmettendo valori quali passione, impegno, responsabilità e soprattutto “allenamento” per raggiungere gli obiettivi personali e professionali nello sport come nel lavoro.

Nonostante l’emergenza, gli appuntamenti di Allenarsi per il Futuro continuano, ma in versione digitale. “In questo particolare momento storico, gli atleti si fanno portavoce anche del valore della resilienza, fondamentare per resistere e superare l’emergenza e il relativo isolamento sociale, con l’obiettivo di uscirne più forti di prima” – spiega Roberto Zecchino, Vice Presidente Risorse Umane e Organizzazione Bosch Sud Europa.

Grazie a una piattaforma e-learning, gli studenti possono partecipare a una tappa di Allenarsi per il futuro con la possibilità di confrontarsi con gli atleti testimonial del progetto, rivolgendo loro domande o condividendo le proprie riflessioni in diretta. Inoltre, complementare alla didattica, Allenarsi per il Futuro mette a disposizione dei ragazzi un percorso gratuito di orientamento digitale attraverso la piattaforma Randstad Competence. Al termine della formazione a distanza viene rilasciato un attestato che può essere inserito all’interno del proprio curriculum vitae. L’obiettivo è incontrare virtualmente 100 scuole entro fine giugno 2020.

A diventare digitale sarà anche la nuova edizione di #tuttiaifornelli, nata dalla collaborazione tra Allenarsi per il Futuro e BSH Elettrodomestici. Il progetto prevede sei tappe digitali presso altrettanti istituti alberghieri in Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia e Sicilia. Durante gli incontri, oltre ai tradizionali interventi dei collaboratori e della testimonial del progetto, la tennista Mara Santangelo, agli studenti sarà data la possibilità di cimentarsi nell’arte culinaria seguendo la preparazione di ricette online.

Per partecipare a una tappa di Allenarsi per il Futuro Webinair contattare Francesca Bosco francesca.bosco@it.bosch.com

Per iscriversi al modulo digitale: forms.gle/CYK8XyLBqGk4kGgeA