La Scuderia del Portello sfida l’impossibile alla “6th Peking to Paris”

 

Pechino-Parigi_Portello_Cajani-Morteo in Place Vendome (Custom)PARIGI (Francia, 17 luglio) – “Driving the Impossible”, guidare l’impossibile: nessuno slogan avrebbe potuto rivelarsi più appropriato per descrivere questa “6th Peking to Paris”, un rally che è stato dall’inizio alla fine all’insegna della competizione più spietata su percorsi accidentati e a tratti molto pericolosi. Dalla Grande Muraglia, il 12 giugno, sono partiti in 109: la prima macchina è stata la più “anziana”, una American La France del 1915. Nei 14000 km del percorso, affrontati con una media di almeno dieci ore di guida al giorno, i cappottamenti sono stati una decina e sono avvenuti incidenti anche abbastanza gravi. La parte più dura della gara è stata la Mongolia, dove il rally è entrato nel vivo e si è rivelato accanito come mai in passato: gli equipaggi, oltre a dormire per diverse notti nel deserto, hanno dovuto affrontare prove speciali lunghe fino a 40/50 chilometri, pietraie e tratti infernali di “ondulé” di massimo spessore, oltre ad attraversare un fiume vorticoso. Nei 5000 chilometri della Siberia si è avuta la tappa più lunga del rally: 668 chilometri, da Novosibirsk a Omsk, con le solite prove sugli sterrati. Tra le prove speciali, alcune si sono svolte su pista: l’autodromo di Kazan, il circuito di Nami (pista di autocross) e l’autodromo di Mosca. L’unica tappa italiana, tra il 13 e il 14 luglio, ha visto gli equipaggi giungere a San Martino di Castrozza dopo una serie di prove rese ancor più difficili dal maltempo che ha costretto gli organizzatori a cancellare alcuni test sui passi alpini chiusi per la nevicata notturna.

Pechino-Parigi_Portello_Chiodi-Degli Esposti arrivo a Parigi (Custom)Le due Giulia della Scuderia del Portello Alfa Romeo, la prima con a bordo il presidente Marco Cajani con Alessandro Morteo co-driver, la seconda affidata al giornalista Roberto Chiodi che aveva accanto la moglie Maria Rita Degli Esposti, si sono comportate egregiamente. Chiodi ha conquistato la medaglia d’oro per aver concluso in orario tutte le giornate di gara e aver disputato entro il tempo massimo consentito tutte le innumerevoli prove speciali previste nelle cinque settimane del rally. Inoltre si è piazzato tredicesimo assoluto, secondo di categoria e primo dei sette equipaggi italiani. Sua moglie è infine la terza co-driver con il miglior piazzamento assoluto fra tutti i concorrenti. Le auto della Scuderia del Portello si sono classificate seconda e terza nella speciale classifica di classe della Coppa Europa che prendeva in considerazione soltanto i risultati conseguiti dalla Polonia a Parigi. Insomma, se la scommessa iniziale era quella di riuscire a portare entrambe le vetture della Scuderia dalla Grande Muraglia cinese a Place Vendôme, a Parigi, dopo 36 durissimi giorni di gara, l’obiettivo non solo è stato ampiamente raggiunto, ma le classifiche stanno a dimostrare che le due Giulia sono andate ben oltre le più rosee previsioni. Basti dire che quella affidata ai coniugi Chiodi era la più piccola in assoluto come cilindrata (1290 cm3) e delle dieci Mercedes iscritte ne ha superate otto, risultato identico per quanto riguarda le dieci Volvo partecipanti. E si è lasciata alle spalle anche tutte le Porsche che erano partite da Pechino con ben altre ambizioni.

Nelle anteguerra hanno trionfato due Chrysler 75 Roadster, veri e propri hot road, vale a dire macchine con vecchie carrozzerie e motori otto cilindri derivati da vetture moderne. Nelle Classic, affermazioni delle Datsun Z240 che sono partite al risparmio in Mongolia, hanno approfittato delle rotture degli altri concorrenti e poi hanno imposto un ritmo insostenibile per tutti gli altri aspiranti al podio.

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