Leonardo Fioravanti, cicerone d’eccezione a Rosso Fioravanti

TORINO – Con la serata di giovedì prossimo, 5 aprile, inizia il ciclo di visite guidate alla mostra “Rosso Fioravanti” in programma al Museo dell’Automobile di Torino, con cicerone lo stesso ingegner Leonardo Fioravanti. Un’occasione unica e imperdibile per gli appassionati di tecnica e design automobilistico di incontrare e rivolgere domande ad uno dei pilastri del mondo automobilistico che fin dall’infanzia ha dimostrato una spiccata indole verso il disegno, la tecnica e la creatività. Una possibilità rara di incontrare uno dei protagonisti dell’evoluzione dell’automobile dagli anni Sessanta ai giorni nostri che ha in serbo ancora tante idee e progetti. Che forse, in un’occasione come questa, lascerà trapelare.

  • Rosso Fioravanti, le auto di un ingegnere a mano libera
  • Museo Nazionale dell’Automobile “Avv. Giovanni Agnelli”
  • Corso Unità d’Italia, 40 – 10126 Torino
  • Orari:
  • Lunedì: dalle 10.00 alle 14.00, chiuso il pomeriggio
  • Martedì: apertura pomeridiana dalle 14.00 alle 19.00
  • Mercoledì, giovedì e domenica: dalle 10.00 alle 19.00
  • Venerdì e sabato: dalle 10.00 alle 21.00
  • Ultimo ingresso 1 ora prima della chiusura
  • Costo dei biglietti:
  • Intero: 12,00 €
  • Ridotto: 8,00 € (over 65; dai 6 ai 14 anni; disabili; gruppi oltre le 15 persone; studenti universitari con tesserino)
  • Scuole: 2,50 €
  • Gratuito: per i minori di 6 anni, giornalisti con tesserino dell’Ordine; possessori dell’Abbonamento Musei Torino Piemonte e Torino + Piemonte Card
  • Calendario delle visite guidate da Leonardo Fioravanti:
  • Giovedì 5 aprile (prenotazioni entro e non oltre martedì 3 aprile)
  • Giovedì 19 aprile (prenotazioni entro e non oltre martedì 17 aprile)
  • Giovedì 3 maggio (prenotazioni entro e non oltre martedì 1 maggio)
  • Giovedì 17 maggio (prenotazioni entro e non oltre martedì 15 maggio)
  • Orario d’incontro: 17.45
  • Inizio visita: 18.00
  • La visita durerà 1 ora; Gruppi da minimo 10 persone a massimo 20 persone; Il prezzo della visita singola è di 2,50 €, mentre coloro che sono muniti del regolare biglietto di ingresso non ci sarà alcun costo aggiuntivo. Info e prenotazioni: 011 666776 / info@museoauto.it

Le sezioni della mostra

Intro. Nella storia del cinema c’è una slitta di legno, amata dal protagonista bambino, che finisce dopo tanti anni tra le fiamme di una stufa. Nella storia dell’automobile un altro slittino, in miniatura e d’argento, ispira anche lui il personaggio chiave, ma finirà nella bacheca di un museo, insieme a tanti ricordi. Quelli di Leonardo Fioravanti, l’ingegnere “con la matita rossa”, che non è certo Citizen Kane di Quarto Potere, ma nelle stanze dei bottoni ha trascorso mezzo secolo. E lavorare con lui – lo racconta chi c’era – non è mai stato uno scherzo. Fioravanti ha disegnato, per la Pininfarina, almeno sei Ferrari che sono entrate nella storia. La Daytona, è considerata un capolavoro assoluto. La 308 ha decuplicato le vendite di un modello. E poi ne ha “gestite” molte altre – citando le sue parole – dalla scrivania dirigenziale. Enzo Ferrari lo ha chiamato a Maranello nel 1987 come Vice Direttore generale. Poi la Fiat, poi la sua propria azienda. Lì ha progettato (quasi) libero da vincoli, guardato lontano, si è divertito a fare ciò che ama, per un altro scorcio di secolo. Le sue idee, le sue competenze sono garantite da decine di brevetti. Un ingegnere-designer quindi, un tecnico con il talento della mano libera, che dà una forma affascinante ai contenuti, alle intuizioni, alla tecnologia innovativa. E alle prestazioni da brivido. Perché l’ingegnere-designer è anche pilota: la sirena della velocità, l’atmosfera tutta delle corse lo hanno attratto fin da ragazzo. Questa mostra racconta una vita fortunata, consacrata all’automobile. Dai disegni – non tanto ingenui – delle scuole medie alle ricerche universitarie, dal primo colloquio in Pininfarina ai progetti recenti della Fioravanti Srl. È dedicata ai giovani che, anche in tempi tanto diversi, hanno il talento e la determinazione per seguirne le tracce.

Disegnare dentro. Tutti i bambini disegnano. E tutti i designer hanno disegnato da bambini. Ma sui quaderni a quadretti del dodicenne Leonardo ci sono cose che saltano all’occhio. Soprattutto sapendo come la storia è poi andata a finire. Buona mano e ricerca estetica, per il momento intorno a forme conosciute. Poi curiosità e soggetti da vendere: vetture di ogni tipo, caccia a reazione (il massimo, per l’epoca), i primi elicotteri, treni aerodinamici e persino qualche imbarcazione. Ma ciò che emerge – e che non ha molto a che fare con il “disegnare bene” – sono le idee sotto la forma. I contenuti per certi aspetti già “ingegneristici” che alcuni schizzi rivelano. Gli spaccati, la posizione e i dettagli degli organi meccanici, l’attenzione a pesi e bilanciamenti e il tentativo di migliorare, di aggiungere qualcosa ai prodotti e allo stile del tempo. Tutto questo imparando a nascondere i disegni sotto i libri di scuola, scansando le ramanzine e i castighi dei genitori. Che, da un lato, ne ammirano la manualità (sarà il babbo a metter da parte i disegni), dall’altro sono un po’ in ansia, perché “il ragazzo non si applica”, si distrae facilmente.

Il giovane Leonardo. C’è un’altra cosa che l’adolescente Leonardo, non ancora patentato, impara a fare di nascosto. È ingranare le marce con la Fiat 1100 del babbo. Dopo la pratica autodidatta arrivano altri appuntamenti segreti, quelli sulla Serravalle-Genova, quando i camionisti si fermano per il pranzo e si può andare veloce. È lì, in un gruppo di amici ben assortito, che germoglia l’interesse per le corse. Prima con le berline di famiglia, preparate e spreparate senza farsi vedere, a cavallo della domenica. Poi con le 500 truccate dai maghi delle officine e finalmente le prime, sospirate Alfa Romeo. Sempre nel piccolo della “banda del buco”, le cose cominciano a farsi più serie: si aprono i cancelli del circuito di Monza, delle gare in salita, arrivano le licenze sportive e le prime coppe. Non sarà, solo, un innamoramento giovanile. L’inizio degli Anni ’60 resta però, prima di ogni altra cosa – il tempo del Politecnico. La scelta della specializzazione in costruzioni automobilistiche, dell’incontro con il professor Fessia (che sarà suo relatore di tesi), delle prove di progettazione vera e – soprattutto – degli studi di aerodinamica. Di tutto questo parlano e parleranno i disegni del giovane Leonardo.

Lampi e tuoni nella vita. Nel 1962 lo studente Fioravanti partecipa, col Politecnico di Milano, ad una visita alla Pininfarina. Ha portato una cartella di disegni, riesce a ritagliarsi un momento di colloquio con Sergio Pininfarina e Renzo Carli. Dichiara la sua passione, elogia lo stile della grande carrozzeria, è pronto a lasciare l’università se solo… Ovviamente viene placcato dai due manager, che però lo osservano, lo invitano a ripresentarsi con una laurea in tasca. Presto. Manterranno la promessa. Sono episodi, scriverebbe Thomas Mann, da “beniamino della vita”. Ma è proprio il neo-assunto, nella sua prima casa a Torino, fresco di nozze e già al volante di una Jaguar, ad ammettere di vivere in un sogno. “Mi pagavano per divertirmi”, confiderà nelle sue memorie Il cavallino nel cuore.

Inizia un ventennio inebriante. Pininfarina è il numero uno del mondo, Fioravanti il collaboratore che mancava, con una preparazione universitaria e un aplomb di buona famiglia, che piace alla famiglia. A ventisei anni metterà mano alla prima Ferrari, la 250 LM in versione stradale. «Il lampo e il tuono nella mia vita», scriverà più tardi. La Daytona, i prototipi P5 e P6 (ispiratore di varie Ferrari successive), il coupé 365 2+2 e la 308 da diecimila esemplari, sono dietro l’angolo.

I Settanta ruggenti. Nel 1972 Fioravanti diventa Direttore del Centro Studi e Ricerche della Pininfarina. Da tempo già seleziona e coordina i progetti di altri disegnatori, che, per “policy” aziendale, non possono mai firmare le loro creazioni e diventeranno famosi solo andando in pensione. Aldo Brovarone, Paolo Martin, Diego Ottina, Filippo Sapino, sono alcuni di loro. Ma l’ingegnere trova anche il tempo per disegnare di suo pugno e trae, dagli stilemi del prototipo P6, la forma della berlinetta più famosa del tempo, la prima a proiettare il Cavallino nei numeri di grande serie. È la 308 GTB (e GTS spider), presentata dopo la BB (altra figlia della P6) per le difficoltà legate alla produzione della vetroresina della sua carrozzeria. La 308, come il coupé 365 GT/4, resterà in produzione per moltissimi anni, sarà apprezzata in tutto il mondo e costituirà la base per lo sviluppo di altre vetture, più potenti e vistose. La 288GTO e la F40 (che sfrutta la sezione centrale della 308) sono le più celebri. Nello stesso periodo inizia a girare la galleria del vento di Cambiano, una delle prime in Europa per modelli in scala naturale. Fioravanti ne è stato un convinto sostenitore.

Dal sottomarino tascabile alla maniglia nascosta. Se si ripensa ad alcuni dei disegni del giovane Leonardo – dal sommergibile biposto alla bicicletta a cardano occultato nella forcella – si capisce perché brevettare le idee sia poi diventata una parte rilevante della sua professione. E un’intima soddisfazione. Sono numerosi i brevetti depositati a suo nome a partire dagli Anni ’60. Alcuni semplici e sorprendenti (come l’apertura della portiera con una maniglia lontana dalla serratura, sopra la linea di cintura), sono transitati dalle dream-car (Dino 206) alla grande serie (Alfa 156). Altri sono complessi e meno conosciuti. Comunque peculiari del suo approccio ai problemi. Con la nascita della Fioravanti Srl la paternità delle idee ha assunto un maggior peso e molte soluzioni che danno personalità ai prototipi da salone sono brevettate. Dalla city-car “Nyce” con porte identiche apribili nei due sensi, al concept “Sensiva”, con pneumatici che analizzano il terreno attraverso speciali sensori annegati nel battistrada.

Aerodinamici si nasce. Facciamo ora un piccolo salto indietro. Il giovane Leonardo, nel 1963, studiava ingegneria al Politecnico di Milano con il chiarissimo professor Fessia. L’allievo era attratto dall’aerodinamica. Il maestro quasi la detestava. Non a caso aveva firmato auto come le Lancia Flavia e Fulvia: gran classe, ma aerodinamicamente dei muri. Quando Fioravanti gli presentò i disegni di una berlina disegnata dal vento, accompagnata da due modellini in legno testati nel tunnel della Breda, Fessia promise che sarebbe stato relatore della sua tesi di laurea. I progetti del neo-ingegnere fecero bella figura in commissione, ma finirono in un cassetto per quattro anni. Fino a quando, dalla BMC, non arrivò alla Pininfarina di Torino (dove Fioravanti era intanto arrivato) un grido di aiuto per risollevare le sorti della Austin 1800, ingegnosa e sgraziata berlina progettata da Alec Issigonis. Il prototipo Pininfarina svelato al Salone di Torino del ’67 è una evoluzione – con modifiche soprattutto nella coda tronca – delle intuizioni di Fioravanti, integrate dall’apporto di Paolo Martin. Tutti, al Salone del ’67, guardarono con ammirazione la grande berlina gialla, affusolata e diversa da tutte le altre. Ma nessuno ebbe il coraggio di produrla.

L’anello mancante. Ci sarebbero voluti altri sette anni per veder nascere la Citroën CX, di tutte le berline aerodinamiche, quella che più assomiglia alla BMC del ’67. Vista lateralmente, quasi una clonazione. In verità, già la GS del ’70 era quasi identica a un altro prototipo nato a Grugliasco, su meccanica più piccola. Ma Robert Opron, Direttore dello stile Citroën, ha sempre sdegnato qualunque confronto, sostenendo che “i castori fanno la stessa diga dalle due parti del fiume”. Come dire: se si cerca la stessa cosa (nel caso un CX molto basso), i risultati si assomiglieranno. Resta il fatto che, dai prototipi Pininfarina su meccanica inglese, derivò – sia pur con sorprendente ritardo – una intera generazione di berline a coda tronca. Quella con DNA più prossimo è la Lancia Gamma del 1976, a cui Fioravanti lavorò personalmente, ma che fu poi modificata nel frontale. Altri disegni figli, se non di un concept, di un’era, furono l’Alfasud del ’71, la Lancia Beta del ’72 e la Rover 3500 del ’76.

Arrivi e partenze. Gli Anni ’80 segnano un salto di qualità per l’azienda Pininfarina, di cui Fioravanti diventa Direttore Studi e Ricerche. Se la Società, con la quotazione in Borsa, la moltiplicazione degli stabilimenti e le commesse internazionali, si avvia al suo apogeo (raggiunto nel ’99), la storia professionale di Fioravanti si arricchisce di successi progettuali e manageriali. La messa a punto delle Ferrari Testarossa e F40, la complessa “operazione” Cadillac Allanté, il sodalizio con Peugeot e Alfa Romeo, sono momenti a cui l’ingegnere ha potuto mettere mano, in modo rilevante. Con Fioravanti lavorano ora Lorenzo Ramaciotti ed Enrico Fumia e il Direttore ricorda gli anni di questa “tripletta” come tra i più importanti della sua carriera. Se nel campo dei prototipi di ricerca brilla la serie delle tre Lancia Olgiata, Scala e T-roof, tratte dalla Gamma Coupé, la Pininfarina lascerà il segno anche nel settore ferroviario (ETR500), cantieristico (Azimut Challanger) e con molti prodotti di industrial design. All’inizio del 1988 Fioravanti si sposta a Maranello, come Vice Direttore generale della Ferrari. Fino al ‘91 sarà Direttore del Centro Stile Fiat. È un passaggio cruciale e anche l’anticamera della libera professione, germogliata sotto l’esclusiva del Gruppo Fiat e che oggi prosegue, insieme ai figli Luca e Matteo.

L’ingegnere a mano libera. La Fioravanti SRL è una società fondata nel 1987 dall’ingegnere con i tre figli, specializzata in consulenze di architettura. Nel 1991 l’attività è stata estesa alla progettazione e realizzazione di prototipi di mezzi di trasporto. In oltre venticinque anni, prima in esclusiva con il Gruppo Fiat, poi da indipendente, la Società ha realizzato concept ed esemplari unici di sportive da favola, ma anche vetture economiche e compatte. Ha proposto brevetti che migliorano la funzionalità e l’estetica dell’auto, altri per soluzioni futuribili di trazione, gestione digitale del veicolo, dinamica dei fluidi.

Così Leonardo Fioravanti ricorda questa svolta importante: “per la prima volta, nella mia vita di progettista, ormai sufficientemente lunga, potevo e volevo, in totale libertà, proporre i miei pensieri più arditi. Onorare la funzione (il vero?) in molte delle sue espressioni: la dinamica, l’elettronica, l’aerodinamica”. Uno dei primi esercizi è arricchire il piacere della velocità con tutta la sicurezza disponibile e puntando ad una drastica riduzione delle emissioni. In una città laboratorio come Torino, questi sogni di futuro possono diventare realtà.

Da italiano – dice ancora Fioravantiil valore della bellezza mi ha sempre accompagnato e motivato profondamente. Ma che cos’è la bellezza? La definizione più pregnante l’ho letta studiando Platone: “la bellezza è lo splendore del vero.