Circuito del Valentino-Salone & Gran Premio. Auto da sogno e bolidi tornano sotto la Mole

Sono passati quindici anni dall’ultima volta che le auto da salone si misero in mostra Torino. Da allora il mondo è cambiato e la rassegna del Valentino ha proposto un modo nuovo di esporre le auto. Più agile, snello e concreto. L’unico che possa avere un futuro. Testo di Tommaso M. Valinotti; foto di Paola Biolé, Raffaella Sabbatini e Tommaso M. Valinotti

_DSC0754 (Small) (Custom)TORINO – Da troppo tempo Torino è orfana del suo Salone dell’Automobile, uno dei più importanti del mondo nel secolo scorso, ma miseramente finito con il terzo millennio, visto che l’edizione (la 69esima) del 2002 venne annullata dagli organizzatori della Promotor, gli stessi che organizzavano lo spettacolare Motor Show di Bologna. Scoppiarono le polemiche e le accuse nei confronti dei “bolognesi” guidati da Alfredo Cazzola. Ad onor del vero l’azienda guidata dall’estroverso imprenditore bolognese aveva tutto l’interesse che il Salone dell’Automobile di Torino si facesse, essendo proprietaria dello stabilimento appena ristrutturato di Lingotto Fiere riconvertito in struttura espositiva, proponendo alle Case auto automobilistiche una joint venture con la manifestazione emiliana di dicembre. Che non venne accettata

DSCN2101 (Custom)Si è quindi guardato con una certa perplessità, oltre che notevole curiosità, al Circuito del Valentino-Salone &Gran Premio del giugno scorso, che riportava le vetture da sogno nella città della Mole, un tempo capitale dell’automobile. E l’idea degli organizzatori è stata giusta. Esporre (quasi) esclusivamente top car in una cornice spettacolare come il parco del Castello del Valentino (d’altro canto il circuito del Valentino si svolse in quel parco), riducendo drasticamente i costi, creando delle porte d’ingresso intitolate ai grandi del passato delle Corse automobilistiche senza far pagare il biglietto, con stand pre-allestiti e cartelli identificativi tutti uguali con ben chiaro per il pubblico il modello che si stava ammirando e le sue caratteristiche; infine hanno coinvolto i designer torinesi e il Politecnico. Il tutto ha avuto come effetto benefico un abbattimento esponenziale dei costi, con personale per ogni stand limitato, l’impedimento al gigantismo che a volte certe case automobilistiche hanno con rovescio della medaglia (ogni medaglia ha sempre due facce) l’annullamento della creatività degli allestitori e dei loro clienti, e lo scarso riparo dalle intemperie, situazione prontamente messa alla prova dal piovoso fine settimana di metà giugno.

_DSC0869 (Small) (Custom)Il Circuito del Valentino Salone& Gran Premio va sicuramente promosso a pieni voti per il coraggio degli organizzatori, e per aver riportato a Torino un’esposizione che i giovani sognano e chi ha vissuto le emozioni dei fasti di Torino Esposizioni rimpiange. Tutti si sono soffermati a rimirare le vetture esposte, con ben espressa la potenza, la capacità di scatto da zero a cento, ed anche la velocità massima (per molte sopra i fatidici 300 km/h), che sarà pure un anacronismo nelle strade odierne tappezzate di buche e dossi, con i limiti e gli autovelox del terzo millennio, ma anche una bella iniezione onirica per un mondo da sogno che attizza le fantasie di chi, nonostante tutto, le auto le ama ancora. Passeggiando per i viali del Valentino si sentivano discussioni su quale fosse la vettura più bella e più affascinante.

_DSC0104 (Small) (Custom)Come tutti i bambini avidi personalmente non ho saputo quale scegliere; da bambino quando mi portavano in un negozio di modellini e mi dicevano “scegline una” impiegavo un’eternità ad effettuare la scelta ed appena uscivo fuori ero pentito ma non scontento del mio acquisto. Sono rimasto affascinato dal fascino della Pagani Zonta-R, della McLaren 570 S, delle Lamborghini Aventador e Huracán, della rarissima ed invisibile sulle strade Ferrari FXX-K da 1050 CV (tutte capaci di superare abbondantemente i 300 km/h); la bellezza albionica delle inglesi Jaguar F Type R, Lotus Elise S e Bentley Continental, con il fuoristrada da pista Range Rover Sport SVR (550 CV, 260 km/h tanto per chiarire); l’essenzialità muscolosa delle Porsche Cayman GT e 911 GTR e della BMW M4 DTM. Tutte quelle bellezze mi hanno fatto tornare bambino al punto da essere avido ed ingordo e volerle tutte. Come mi sarei portato nel mio garage (immaginario e grande come lo stabilimento del Lingotto) le opere dei designer torinesi e gli studi dei ragazzi del Politecnico

DSCN2182 (Custom)Kaleidosweb offre un’ampia panoramica dell’esposizione del Salone del Valentino con le immagini di Paola Biolé e Tommaso M. Valinotti, mentre Raffaella Sabbatini ha curato la sezione della gallery dedicata alla splendida sfilata per le vie di Torino. Con questo non ci resta che augurarvi buona lettura e sperare che il Circuito del Valentino-Salone & Gran Premio torni anche il prossimo anno. Lo stiamo già aspettando

La gallery del Salone del Valentino di Paola Biolé

La gallery del Salone del Valentino di Tommaso M. Valinotti

La gallery della sfilata del Circuito del Valentino di Raffaella Sabbatini

 

Alla scoperta dell’Italia al volante della Mercedes-AMG GT

Come per il giovane gentiluomo nordico del settecento un viaggio dalla Sicilia allo Stelvio per un Grand Tour lungo le strade della Penisola a bordo della supercar di Affalterbach

Mercedes-AMG_Grand_Tour_(10) (Custom)ROMA – Un’esperienza, una nuova idea di viaggio. Questa è l’idea alla base del Grand Tour che Mercedes-Benz Italia, in collaborazione con gli AMG Performance Center italiani, organizza lungo le strade più belle della Penisola per coinvolgere e far vivere un’esperienza indimenticabile a clienti ed appassionati della nuova Mercedes-AMG GT. Dalla Sicilia allo Stelvio, un viaggio emozionante ed unico al volante della prima, vera, Granturismo ad alte prestazioni della Casa di Affalterbach.

Mercedes-AMG_Grand_Tour_(9) (Custom)Il Grand Tour era un lungo e profondo viaggio in Italia, da nord a sud, effettuato dai giovani ricchi dell’aristocrazia nord europea del ‘700 e poi dell’alta borghesia nel secolo successivo. Un’esperienza finalizzata alla formazione del giovane gentiluomo attraverso il quotidiano esercizio della scoperta e del confronto tra luoghi, situazioni e persone. Molti storici attribuiscono al Grand Tour italiano il merito di aver trasformato il concetto di viaggio puro in turismo moderno. Ispirato proprio al tradizionale ‘Grande Giro’ settecentesco, l’interpretazione contemporanea del Grand Tour regalerà a clienti ed appassionati, coinvolti dagli AMG Performance Center italiani, un vero e proprio arricchimento culturale, enogastronomico ed esperienziale attraverso i percorsi automobilistici più belli d’Italia, le più affascinanti dimore storiche ed esclusive visite culturali. L’obiettivo è quindi quello di offrire un’esperienza unica ed irripetibile sotto ogni aspetto al volante della nuova Mercedes-AMG GT ed insieme ad esperti ed istruttori della AMG Driving Academy italiana.

Mercedes-AMG_Grand_Tour_(8) (Custom)Mercedes-AMG GT. Un sogno divenuto realtà: la GT entra in un nuovo segmento come quintessenza dell’innata sportività Mercedes-AMG. Ha tutto quello che contraddistingue un’autentica vettura sportiva firmata Mercedes-AMG: dal caratteristico design alla tecnologia purosangue derivata dal Motorsport, fino ad una ripartizione ottimale dei pesi. Il perfetto completamento è rappresentato dalla catena cinematica coerentemente improntata alla dinamica di marcia. Il cuore della Mercedes-AMG GT, il nuovo V8 biturbo da 4,0 litri, sviluppa spontaneamente e con estremo vigore tutta la sua potenza già ai bassi regimi, consentendo prestazioni straordinarie. Valori record come 3,8 secondi per lo scatto da 0 a 100 km/h e una velocità massima di 310 km/h, insieme una taratura straordinaria in termini di dinamica di marcia, promettono giri estremamente veloci su pista. Allo stesso tempo, grazie al pratico portellone posteriore, un comodo bagagliaio, un elevato comfort nei lunghi viaggi e una gamma completa di sistemi di assistenza alla guida Mercedes-Benz Intelligent Drive, la nuova due posti firmata Mercedes-AMG, rappresenta una compagna di viaggio funzionale, confortevole e affidabile nel traffico di tutti i giorni.

Mercedes-AMG_Grand_Tour_(6) (Custom)Le tappe del Grand Tour: l’Italia più bella. Il Grand Tour al volante della nuova Mercedes-AMG GT si svolge su cinque percorsi. Dalla Sicilia allo Stelvio, scenari unici al mondo, perfetta sintesi tra bellezza del paesaggio, sinuosità delle strade e tradizioni enogastronomiche. Di volta in volta la voce narrante sarà un autorevole personaggio del mondo della cultura, dell’economia, delle arti e dello sport legato al territorio ed al marchio Mercedes. Ogni tappa vedrà quindi la partecipazione, insieme agli altri ospiti, di un personaggio famoso ed autorevole che sarà a sua volta protagonista dell’evento, per un’esperienza indimenticabile da ogni punto di vista.

  • Mercedes-AMG_Grand_Tour_(5A) (Custom)Route_1: “Taormina-Etna” L’Italia senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto. La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l’unità armonica del cielo col mare e del mare con la terra. Chi li ha visti una sola volta, li possederà per tutta la vita”. J.W.Goethe, Viaggio in Italia, 1817. Il meglio del mare e della montagna nello spazio di una delle strade più panoramiche d’Italia, la Taormina-Etna. Attraverso affascinanti tornanti caratterizzati da numerosi residui rocciosi di vecchie colate di lava, un esaltante percorso guida in cima al Vulcano attivo più alto d’Europa.
  • Regione: Sicilia
  • Altitudine: fino a 1.236 metri s.l.m.
  • Coordinate: 37°45′04.45″N 14°59′38.49″E
  • Lunghezza: 125 km
  • Mercedes-AMG Performance Center: Mercedes-Benz Milano
  • Mercedes-AMG_Grand_Tour_(5) (Custom)Route_2: “Autentici percorsi della Toscana”. La campagna toscana è stata costruita come un’opera d’arte da un popolo raffinato. È incredibile come questa gente si sia costruita i suoi paesaggi rurali come se non avesse altra preoccupazione che la bellezza”. Henri Desplanques. Con un’altitudine media di 903 metri sul livello del mare, i percorsi della Toscana attraversano il cuore d’Italia, all’interno di scenari indimenticabili come, ad esempio, la regione del Chianti. Uno di questi, il passo della Futa, rappresentava in passato la principale via di comunicazione tra Firenze e Bologna ed uno dei passaggi più significativi della storica Mille Miglia.
  • Regioni: Toscana, Emilia Romagna
  • Altitudine: fino a 1.158 metri s.l.m.
  • Coordinate: 44°05′36.6″N 11°16′41.52″E
  • Lunghezza: 113 Km
  • Mercedes-AMG Performance Center: Lodauto (Bergamo) e Ideauno (Torino)
  • Mercedes-AMG_Grand_Tour_(3) (Custom)Route_3: “Pula – Santadi”. Creste di colline come brughiera, indistinte, che si vanno perdendo, forse, verso uno sfondo di cime. Incantevole spazio intorno e distanza da viaggiare, nulla di finito, nulla di definitivo. La Sardegna è un’altra cosa, è come la libertà stessa”. David Herbert Lawrence. Il tratto tra Pula e Santadi si sviluppa a sud-ovest della Sardegna ed è composto da un gruppo di montagne che termina con il Monte Linas a Sud e il Monte Arcuentu a nord. È il massiccio paleozoico sardo, composto da rocce granitiche cristalline ricoperte di macchia mediterranea incontaminata, incorniciata dalle acque del mediterraneo occidentale. Un tratto di strada emozionante, solitaria e spettacolare, che trova la sua massima espressione nel tratto da Teulada a Giba.
  • Regione: Sardegna
  • Altitudine: fino a 1.236 metri s.l.m.
  • Coordinate: 39°32′00″N 8°36′00″E
  • Lunghezza: 56 km
  • Mercedes-AMG Performance Center: Mercedes-Benz Roma
  • Mercedes-AMG_Grand_Tour_(2) (Custom)Route_4: “Matera – Maratea”. Matera è un posto difficile da descrivere. È difficile persino da fotografare. Sfugge alle definizioni, sguscia via tra uno scatto e l’altro, tra parola e parola. Bisogna andarci, è un posto unico al mondo, che va attraversato in silenzio, assorti, in modo da catturarne la bellezza selvaggia, caotica, che sfugge a ogni definizione”. Licia Troisi. Matera è nota con gli appellativi di ‘Città dei Sassi’ e ‘Città Sotterranea’, è conosciuta per gli storici rioni Sassi, uno dei nuclei abitativi più antichi al mondo e riconosciuti nel 1993 Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Da sempre importante meta turistica, nel 2019 Matera sarà Capitale europea della Cultura. Per i suoi pittoreschi paesaggi costieri e montani, Maratea è una delle principali mete turistiche del sud Italia, tanto da essere conosciuta anche come ‘Perla del Tirreno’ e ‘Città delle 44 chiese’.
  • Regione: Basilicata
  • Altitudine: 510 metri s.l.m.
  • Coordinate: 40°40′00″N 16°36′00″E
  • Lunghezza: 185 km
  • Mercedes-AMG Performance Center: Trivellato (Vicenza) e GMG (Firenze)
  • Grand_Tour_Sardegna__7_ (Custom)Route_5: “Passo dello Stelvio”. Ho trascorso tutta la mia infanzia davanti alle Alpi. Davanti alla massa bruna e funerea degli abeti di Beatenberg, nel biancore immacolato della neve. In fondo, siamo venuti qui per la mia nostalgia della montagna. Rossinière mi aiuta ad avanzare ed evolvermi. A dipingere.” Balthus. Il passo dello Stelvio è il valico automobilistico più alto d’Italia, il secondo in Europa dopo il colle dell’Iseran. La strada statale omonima che lo attraversa, collegando Bormio e la Valtellina con Trafoi e la Val Venosta, conta ben 85 tornanti. Lo Stelvio è famoso in tutto il mondo per la sua vocazione turistica e sportiva, una meta ambita da ciclisti e motociclisti professionisti.
  • Regioni: Trentino Alto Adige, Lombardia
  • Altitudine: 2.758 metri s.l.m.
  • Coordinate: 46°31′42.96″N 10°27′09.72″E
  • Lunghezza: 55 km
  • Mercedes-AMG Performance Center: SMV (Napoli) e Rossi (Perugia)

Il Museo Nicolis di Verona trionfa Concorso Internazionale Poltu Quatu Classic powered by Abarth

La Bugatti tipo 49 del 1931 vince il “Best In Show”


POLTU QUATU_BUGATTI BEST IN SHOW _n (Custom)PORTO CERVO (OT) – Un premio prestigioso, a coronamento di una straordinaria “Poltu Quatu Classic” che per tre giorni ha visto la Costa Smeralda celebrare l’eleganza motoristica internazionale, la passione per il collezionismo, la bellezza senza tempo delle auto d’epoca. È questo lo straordinario risultato che il Museo Nicolis di Villafranca ha conseguito trionfando su  30 equipaggi e le loro splendide vetture, selezionate tra più importanti collezionisti di auto d’epoca e che ha visto la “Bugatti tipo 49” del 1931 aggiudicarsi il premio Best in Show, accompagnato da un prezioso orologio Trussardi. Lo ha commentato con emozione Silvia Nicolis, Presidente del Museo che ha sottolineato “è un grande orgoglio rappresentare il mondo dell’automobile con le nostre vetture e sono felicissima di ricevere questo Premio che dedico a mio padre Luciano, che ha contribuito in misura determinante alla salvaguardia e alla diffusione del motorismo storico internazionale”. Silvia Nicolis ha anche espresso grande apprezzamento per i promotori della manifestazione, Auto Classic e Poltu Quatu Resort, che sono riusciti a inserire il “Poltu Quatu Classic” nel calendario dei grandi eventi motoristici internazionali.

POLTU QUATU DILVIA NICOLIS BUGATTI _n (Custom)Aggiudicandosi il Best in Show, il Museo Nicolis ha sbaragliato ben 30 straordinarie “primedonne” a quattro ruote provenienti da Italia, Argentina, Inghilterra, Germania, Perù, Principato di Monaco, e ha sancito in modo definitivo il profilo internazionale della propria attività e delle proprie collezioni. Dom Perignon ha premiato per la vittoria di Classe la Bugatti type 37 di Daniele Turrisi (Classe fino al 1950), la Lancia Aurelia B24 di Edoardo Schon (Classe fino al 1970) e la Lancia Stratos di Michele Lucente (Classe post 1970). Premiate anche la Scat del 1920 di Gianni Morandi (miglior stato di conservazione) e la Fiat 525 SS della famiglia Bricchetti ( miglior restauro). La giuria internazionale presieduta da Dominik Fischlin (membro del Comitato di selezione del Concorso d’Eleganza di Villa d’Este e rappresentante FIVA – Fédération Internationale des Véhicules Anciens) affiancato da Max Girardo, Presidente di RM Europe e Filippo Perini, Direttore del Centro Stile Lamborghini, ha valutato secondo rigorosi parametri le splendide vetture in concorso, prima di procedere alla proclamazione del vincitore. Corrado Lopresto, il più famoso collezionista italiano, ha curato la selezione delle auto che hanno partecipato a questa edizione Poltu Quatu Classic.

La Bugatti Tipo 49 del 1931 del Museo Nicolis è una vettura che ha segnato in modo indelebile la storia del motorismo italiano e che è emblematica dei valori di progettualità e creatività dei grandi marchi del nostro Paese. Credits Museo Nicolis Bugatti tipo 49 roadster anno 1931-email (Custom)Presentata al Salone di Parigi nel 1930 e considerata l’ultima Bugatti progettata dal grande Ettore Bugatti (che successivamente passò le redini dell’azienda al figlio Jean) questa splendida vettura ha il motore con albero a camme in testa, tre valvole per cilindro e la doppia accensione. Le ruote in alluminio, dal design esclusivo, hanno il tamburo dei freni incorporato. Vettura da turismo, la Tipo 49 fu realizzata con diverse carrozzerie  (berlina, convertibile, coupé) elaborate sia dallo stesso Bugatti, sia da celebrati carrozzieri dell’epoca. Di pari livello le caratteristiche tecniche dell’auto, prodotta in soli 475 esemplari, che unisce al design elegantissimo anche una notevole potenza: 8 cilindri in linea con 3300 cm3; 85 CV a 4000 giri/mn; velocità di 130 km/h.

Cesana Sestriere Experience-Memorial Gino Macaluso, le regine delle storiche scalano il Colle

Con la Cesana-Sestriere torna la Cesana-Sestriere Experience-Memorial Gino Macaluso. Foto archivio Alessio Bert

Experience 12 (Custom)SESTRIERE – Alla cronoscalata Cesana-Sestriere torna – dopo il successo del 2013 che cancellava un anno di assenza e del 2014 con le meravigliose vetture di Vincenzo Lancia – la Cesana-Sestriere Experience-Memorial Gino Macaluso, concorso di vetture sportive storiche sullo stesso tracciato della gara. Il percorso continua a essere lo stesso della prima edizione di questa celebre cronoscalata che l’Automobile Club Torino ha organizzato la prima volta nel 1961, per le celebrazioni del 100° anniversario dell’Unità d’Italia.

Experience 14 (Custom)I 10,400 km che legano il paese di Cesana a quello di Sestriere con tornanti e tratti rettilinei misti, su alcuni punti dei quali le potenti vetture Sport Prototipo sfiorano e a volte superano i 200 km orari, costellati di curve veloci su un dislivello di 685 metri, mettono a dura prova la bravura dei piloti e le doti velocistiche e di tenuta delle loro vetture. Precedendo – come prevede il programma – sia le prove ufficiali del sabato, sia la gara della domenica, la Cesana-Sestriere Experience vedrà la partecipazione di 50 vetture diversissime tra loro ma tutte in grado di raccontare una storia sportiva d’eccezione, pagine indimenticabili del motorismo di tutti i tempi: fra le altre, spiccano le vetture Alfa Romeo del Portello.

Le belle delle belle viste da Alessio Bert

La Strada Royale incanta 40 storiche fra Nizza e Cuneo

Nel fine settimana del 20-21 giugno è andata in scena una manifestazione turistica che ha portato quaranta vetture dalla Costa Azzurra al Piemonte con tappe al castello di Racconigi. Il pittore Alain Ducoté ha eletto la Flaminia Convertibile la più bella della manifestazione. Già in programma la seconda edizione per il prossimo anno con percorso inverso. Di Tommaso M. Valinotti; foto Paola Biolé e Tommaso M. Valinotti

DSCN2349 (Custom)RACCONIGI (CN) – In un momento in cui i rapporti fra Italia e Francia avevano raggiunto il punto di massima tensione da decenni a questa parte (il blocco degli immigrati a Ventimiglia, l’”affaire” dei confini spostati sul Monte Bianco), c’è stata una manifestazione che ha unito in modo solido gli italiani ed i francesi, o per lo meno quelle due regioni che un tempo erano sotto lo stesso ducato della Savoia: la Strada Royale.

DSCN2332 (Custom)E tutto questo per la ferrea volontà dei presidenti di due club automobilistici storici di Cuneo e Nizza: Christian Proud Diaz, per l’Automobil Club de Nice et Côte d’Azur ed Enrico Merenda che guida l’attivissima Scuderia Veltro di Cuneo. Un gemellaggio naturale, sancito da una ferrovia attiva dai primi decenni del secolo scorso e da una strada, la “Strada Reale” appunto o “Route Royale”, che collega le due città ideata già nel 1610 e realizzata un secolo dopo da Vittorio Amedeo III, re di Sardegna. E così il 20-21 giugno una pattuglia di una quarantina di equipaggi si è avventurata lungo un percorso di 418 chilometri che partendo sabato mattina da Nizza, alla presenza del Console Onorario d’Italia, da Piazza Garibaldi a Nizza è arrivata in Italia a Demonte, scavalcando l’impegnativo Colle della Lombarda, per poi scendere fino a Racconigi, visitare il castello e fare tappa in serata a Cuneo in Piazza Galimberti. Domenica il ritorno, su un percorso alternativo che prevedeva il passaggio a Limone, il Colle di Tenda e l’arrivo a Nizza con gran finale al Blue Beach Negresco per l’ora di pranzo. Una manifestazione che ha già un futuro, visto che si replicherà il prossimo anno, con itinerario inverso, ovvero partenza ed arrivo a Cuneo e cena di gala a Nizza.

DSCN2345 (Custom)Al via si sono presentati 36 equipaggi equamente suddivisi fra italiani e francesi, preceduti da un poker di apripista e seguiti dalla vettura inequivocabilmente scopa (la Peugeot 205 GTI di Florent Landucci, con tanto di ramazza che sporgeva da finestrino posteriore a significare l’importante compito). “Inizialmente avevamo previsto un limite a 30 equipaggi, fra iscritti e personale di servizio, poi non abbiamo potuto dire di no agli amici che si aggiungevano e siamo arrivati a quaranta vetture che formano questo storico serpentecommenta Enrico Merenda durante la visita al castello di Racconigi. “Abbiamo volutamente tenuto basso il numero di partecipanti perché nella prima edizione si debbono rodare molte cose ed il rischio di flop è altissimo”. Invece i timori di Merenda si sono dissolti domenica 21 giugno sulla spiaggia del Blue Beach Negresco a mezzogiorno di domenica, dove il “rally turistico di prestigio” si è chiuso nel migliore dei modi. “Questa è una manifestazione turistica, nella quale abbiamo voluto inserire un pizzico di competizione con due prove a media, nella salita del Col de Braus e Isola 2000 e tre serie di pressostati a Cuneo, così da soddisfare gli appassionati delle gare a cronometro. Inoltre abbiamo preparato una serie di quiz storico-culturali che hanno impegnato tutti gli equipaggi ed hanno permesso di distribuire sei preziosi orologi MOM Glycine in premio”. Un regalo inaspettato è arrivato a Marco e Silvio Luciano la cui Lancia Flaminia Convertibile del 1964 è stata giudicata la vettura più affascinante dal pittore Alain Ducoté, presente alla manifestazione con una Austin Healey 3000 MK3 insieme alla moglie Jaqueline, che ha ritratto la splendida cabriolet italiana sul programma della manifestazione.

DSCN2328 (Custom)La Flaminia era la più bella del reame? Difficile dirlo, anche perché di vetture rare ed affascinanti che hanno percorso la “Strada Royale” ce n’erano parecchie. A cominciare dalla Dino 246 del 1972 di Yves Rolland, vettura che ha raggiunto quotazione da capogiro sul mercato internazionale, alle classiche Alfa Romeo Giulia Spider (1964, Laurent Angeli) e Duetto Spider (1972 Jean Marc Finotto), alle muscolose TVR in ben tre esemplari guidate dalla Chimaera del presidente francese Christian Proud-Diaz, all’arzilla MG TD del 1951 di Pierre-André Escoffier, alla poco nota (in Italia, benché disegnata da Pininfarina) Peugeot 404 Cabriolet del 1965 di Jean Pierre e Anne-Sophie Sioen, mentre per parte italiana c’era la piccola 850 Spider condotta dall’equipaggio femminile formato da Maria Grazia Fogliacco e Fulvia Guarnieri, l’Alpine A110 di Paolo Giordano, la Lancia Delta HF Evoluzione di Renato Rettegno-Emiliana Giamello, la Fulvia Zagato dello stesso Enrico Merenda-Tiziana Soma e la Fulvia Coupé di Gianni Simondi-Irene e per finire l’ammiratissima Ferrari 458 Italia di Francesco Gelli-Luca Lingua. Chi è la più bella del reame?. La palla del giudizio passa a voi, godendovi la galleria realizzata da Paola Biolé e Tommaso M. Valinotti che Kaleidosweb vi propone.

DSCN4879 (Custom)

La Strada Royale vista da Paola Biolé

La Strada Royale vista da Tommaso M. Valinotti

5° Jeep e Gipponisti per le Storiche vie di Serramazzoni (MO)

Quando la passione per i veicoli militari parla modenese.Testo e foto di Carlo Carugati

DSC05556SERRAMAZONI (MO) – Emilia, terra di Motori, Motociclette e passione anche per i veicoli Militari. È con questa chiave di lettura che si è tenuto lunedì 1 e martedì 2 giugno il 5° Jeep e Gipponisti, un evento, con cadenza biennale, che è diventato il più significativo raduno dedicato ai veicoli e agli aeroplani dei due conflitti mondiali. Da un’idea di Marzio Cavazzuti e Andrea Salvatori in collaborazione con il Comune di Serramazzoni e la locale Associazione Commercianti. In questo Raduno si parla in modenese stretto, ma la passione, che supera le lingue ed anche i dialetti, è universale e pone questo evento come punto di riferimento nel panorama dei raduni che si rivolgono al motorismo militare storico.

DSC05590L’evento è stato organizzato dal Club Volkswagen Italia, federato A.A.V.S (Associazione Amatori Veicoli Storici – federata FIVA www.aavs.it ) con il patrocinio del Circolo della Biella e l’ABMC (American Battle Monuments Commission) americana Impruneta di Firenze. La giornata del 1° giugno inizia con l’accoglienza degli equipaggi ed all’apertura della “mostra scambio” con un ricco mercato dedicato all’oggettistica d’epoca militare: dalla letteratura, all’abbigliamento, modellismo, simulacri di armi, senza dimenticare medaglie, targhe ricordo ed addirittura macchinari per l’incisione delle piastrine militari. A completare l’atmosfera, figuranti in uniformi del gruppo rievocazione Q 33, e la Brigata Garibaldi Stella Tricolore per i Partigiani, costumi e musiche dei tempi.


DSC05604Purtroppo il maltempo ha costretto gli organizzatori ad un cambio di programma per il 1° cruising, ma si è potuto ampiamente recuperare grazie alla magnifica giornata estiva del 2 giugno. La Fanfara “Luciano Manara” dei Bersaglieri, diretta dal Caporalmaggiore Stefano Pasquali dell’ Ottavo Reggimento Bersaglieri, ha accompagnato tutti gli ospiti e cittadini di Serramazzoni ad una deposizione della corona d’alloro davanti al monumento dei Caduti con l’esecuzione dell’Inno Nazionale ed il sempre emozionante “Piave” seguito dal toccante “Silenzio Fuori Ordinanza”. Presente una delegazione composta dall’assessore Simone Gianaroli, e dall’assessore alla cultura e turismo, Maria Chiara Venturelli, insieme al comandante della stazione Carabinieri di Serra, Maresciallo Massimiliano Mantini, e Antonio Bentivogli, presidente della sezione A.N.C. Mentre poi la Fanfara dei Bersaglieri dava fiato agli ottoni, con un repertorio più leggero ed orecchiabile, l’occhio ha alzato lo sguardo al cielo per seguire la pattuglia acrobatica bresciana dei Boredom Fighter Team che ha sorvolato più volte, anche con emozionanti evoluzioni, le piazze gremite di pubblico entusiasta. Si è quindi concentrata l’attenzione in Piazza della Repubblica, centro della Mostra di oggettistica militare, dove si è potuto anche approfondire la conoscenza con i circa 40 mezzi militari intervenuti, ove naturalmente la parte del leone è stata presa dalle Jeep Willys veicoli che hanno fatto la storia dei mezzi militari della 2^ guerra mondiale.

DSC05548In particolare le Willys, conosciute anche come “Ford GPW”, sono “sbarcate” in Italia nel luglio 1943 in conseguenza dell’arrivo degli americani in Sicilia. Alla fine della guerra, nel 1945, la maggioranza di questi mezzi rimase in Italia, molti ancora in servizio dell’Esercito Italiano, altre alle forze di pubblico servizio. Tra le notazioni di questi veicoli che erano originariamente a 6 volt, il fatto che quelli adibiti a forze di pubblica sicurezza con uso notturno, vennero tutti modificati a 12 volts per poter avere fari più luminosi la notte. Ma per gli appassionati vi erano anche mezzi assolutamente particolari, come un Camion Chevrolet del 1943 arrivato con lo sbarco di Salerno, una Mutt, e per le motociclette militari, una Harley WLA del 1944 ed una DKW 125, oltre ad una bicicletta da Bersagliere la celebre “cariola”. Ma il mezzo più curioso era un autocarro pick up proveniente dalla Guerra del Vietnam del 1968. Si trattava di un M 715 Kaiser Jeep un imponente e massiccio 6 cilindri in linea di 3970 cm3 (motore Tornado della Continental), veicolo anfibio a quattro ruote motrici inseribili, con 165 CV di potenza (che sembrano pochi), con una coppia “infinita”. Come da invito, presenti anche alcune Volkswagen Pescaccia (Typ 181), modello “civile” prodotto dal 1969 al 1979 erede, ingentilita, delle Kubelwagen militari.

DSC05584La colonna di veicoli ha quindi preso marcia per il previsto tour sulla via Giardini, sulle orme di quella che doveva essere la ferrovia Modena-Pavullo, ovviamente su percorso sterrato fuoristrada (all’andata), ove abbiamo avuto modo di scoprire le caratteristiche delle Willys. Sconsigliata alle donne con minigonna, vista l’escursione che devono fare le gambe per salire e scendere, dall’accensione si sente, per noi appassionati, un suono del motore pastoso e retrò che dà subito un senso di sicurezza che dice : “con questo mezzo torniamo a casa”. I sedili sono essenziali ma comodi, si scontrano, però, con la mancanza per il passeggero di un maniglione (come sul Maggiolino, per esempio), a cui attaccarsi. Rigida quello che è giusto, la Ford GPW ci fa intuire che il raggio di sterzata è piuttosto ampio e che la vettura è sovrasterzante. Infine tra i Gipponisti, abbiamo notato che si tiene una certa distanza di sicurezza. Non è per scrupolo di osservanza della legge, quanto perché le Willys non sono state concepite per le frenate di emergenza ma per arrampicarsi su ogni dove… Infatti, basta inserire le ridotte che questi mezzi di ben 2200 cm3 4 cilindri, sebbene con soli 60 CV di potenza, si tramutano in “ragnetti” che si arrampicano ovunque.

DSC05594Da notare che anche le Pescaccia, sebbene a due ruoti motrici, abbiano tenuto agevolmente il passo in questa “pacifica” sfida di salita collinare. Dopo una pausa ristoratrice per un aperitivo “in quota”, tra panorami caratterizzati da verde (non solo militare) e cielo terso, si è ridiscesi per il pranzo presso il ristorante tradizionale “La Roccia” in località Montagnana di Serramazzoni (MO). Nel pomeriggio la festa è continuata con un Concerto della Fanfara dei Bersaglieri e le premiazioni. Ottima come sempre la regia del presidente del Club Volkswagen Italia, Marzio Cavazzuti, che ha reso questa edizione che ha celebrato il 70° anniversario della Liberazione nel centro nord, un’edizione speciale. Considerando i colori del nostro tricolore, Cavazzuti ha portato in questo evento: il verde della “storia”, il bianco della cultura, ed il rosso della passione. Il prossimo appuntamento è già fissato, nel 2017. Pare che ci sia qualcuno che già si è messo alla ricerca di una Jeep per partecipare al prossimo raduno e poter dire come me: Io c’ero!

Susa-Moncenisio, la storia della corsa più antica che ancora vive in Italia

Testo e immagini tratte dal libro “Susa Moncenisio 1902-1912”

foto5SUSA – C’è chi professa un’antichità maggiore. Tutto falso, la corsa più antica d’Italia, che ancora va in scena tutti gli anni è la Susa-Moncenisio, che si svolgerà nuovamente il prossimo fine settimana in forma di slalom. Ecco un breve racconto sulla storia di questa gara che ebbe inizio nel lontano 1902 con il successo di un giovane promettente, prima come pilota, poi come imprenditore: Vincenzo Lancia

foto4-arco di augustoCon l’edizione del 1953, ultima edizione della cronoscalata piemontese sul percorso di ventidue chilometri vinta da Willy Daetwyler su Alfa Romeo 4500, si conclude il primo capitolo dell’avventura ultracentenaria di una gara che, per oltre mezzo secolo, si è identificata con la storia dell’automobilismo italiano, con l’evoluzione tecnica delle vetture da competizione e con la profonda trasformazione che ha caratterizzato il primo secolo di vita dell’automobile.

foto6-varzi_borzacchiniAnni scanditi dalle imprese di piloti dall’indubbio valore. Piloti del calibro di Vincenzo Lancia, Felice Nazzaro, Ferdinando Minoia, Alfieri Maserati, Giuseppe Campari, Achille Varzi, Umberto Borzacchini, Piero Taruffi, Giovanni Bracco, Mario Tadini o Luigi Taramazzo. “Cavalieri del rischio”, come era solito definirli Enzo Ferrari, che non disdegnavano alternare le cronoscalate alle gare in circuito, l’ambiente ovattato dei Gran Premi e delle piste permanenti ai tortuosi tornanti della vecchia strada napoleonica. Di seguito, tratto dal libro “Susa-Moncenisio 1902-2002, la corsa più antica del mondo”, il racconto di quella storia che, a distanza di oltre un secolo, oggi continua.

foto3Le prime edizioni. La prima corsa in salita disputata in Italia fu senza dubbio la “Madonna del Pilone-Pino Torinese”. La gara, della lunghezza complessiva di cinque chilometri, con pendenze fino al 10%, si svolse il 21 aprile 1900 nell’ambito delle manifestazioni motoristiche indette in occasione del primo Salone dell’Automobile di Torino. L’autentica consacrazione di questo tipo di manifestazioni avvenne però solo nel 1902, con la creazione di una sorta di mini-campionato della specialità, basato sulla disputa di tre prove: la “Coppa Consuma”, che si correva nei pressi di Firenze, la “Sassi-Superga”, un percorso di poco meno di cinque chilometri tra la borgata di Sassi e la Basilica di Superga, e la “Susa-Moncenisio”, la prima vera corsa in salita della storia. L’edizione inaugurale della gara, organizzata dal periodico torinese “La Stampa Sportiva”, con il patrocinio di S.A.R. il Duca di Genova e della Principessa Laetitia di Savoia Napoleone, Duchessa di Aosta, venne disputata il 27 luglio del 1902 per celebrare la chiusura dell’Esposizione Internazionale dell’Automobile e del Ciclo tenutasi a Torino nel 1902. Il percorso congiungeva la città di Susa con il passo del Cenisio, al confine con la Francia, e misurava 22.500 metri, con partenza alle porte di Susa, ai piedi della salita, ed arrivo sul rettilineo precedente l’Ospizio, subito dopo la “scala” detta della Gran Croce. Una prova massacrante per i mezzi dell’epoca ed i concorrenti che si presentarono comunque numerosi al via della gara. Dei cinquanta iscritti, divisi in due classi (velocità e turisti) e quattro categorie (motocicli, vetturette, vetture leggere e vetture pesanti), solo trentotto presero effettivamente il via. Tra questi si impose Vincenzo Lancia al volante di una “Fiat 24 HP” di proprietà dell’avvocato biellese Angelo Mosca. Una poderosa biposto spinta da un quattro cilindri bi-blocco di oltre sette litri di cilindrata, con una potenza di poco superiore ai 40 CV a 1200 giri al minuto. Il pilota torinese impiegò il il tempo di 30’ 10” e 2/5 per percorrere i 22.500 metri della gara, alla media di 44.316 km/h. Un’autentica impresa per i veicoli a motore dell’epoca, soprattutto se rapportata alle oltre sette ore impiegate da una normale diligenza per coprire lo stesso percorso. Ed eccezionali erano le caratteristiche della cronoscalata. Il dislivello complessivo di 1.605 metri con pendenze medie del 10% e punte massime superiori al 13%, ne facevano la competizione più impegnativa e prestigiosa dell’epoca. L’afflusso del pubblico, attratto dalla spettacolarità dell’evento e dalla bellezza del paesaggio, fu tale da convincere gli organizzatori a disputare la gara con cadenza annuale .

 

foto2Ma presto iniziarono i problemi. Nel 1903 la corsa venne soppressa in seguito al tragico incidente che aveva funestato la maratona automobilistica “Parigi-Madrid”. Si dovette attendere così fino al 1904 per assistere alla seconda edizione della Susa-Moncenisio. Ancora una volta il successo andò a Vincenzo Lancia al volante di una potente Fiat 75 HP. Il pilota torinese, che per la seconda volta si aggiudicò la coppa challenge Principe Amedeo, frantumò letteralmente il record del ‘902 portandolo a 22’ 24” 4, alla media di 59,150 km/h. Secondo all’arrivo, con il tempo di 23’ 21” 6, si classificò Felice Nazzaro, astro nascente dell’automobilismo italiano.

foto7-piero taruffiLa “Susa-Moncenisiosi svolse regolarmente anche l’anno successivo. La partenza venne data dalla Regina Madre in persona e la vittoria andò a Felice Nazzaro che abbassò ulteriormente il record portandolo a 19’ 18” 5. Il successo della terza edizione della cronoscalata piemontese fu tale che il 17 luglio 1905, per la prima volta nella storia del giornalismo italiano, un grande quotidiano nazionale, il Corriere della Sera, dedicò un articolo in prima pagina ad una competizione automobilistica, commentando con grande enfasi le imprese di Nazzaro e Cagno e rammaricandosi per l’assenza di Vincenzo Lancia. Il record stabilito dal pilota della Fiat nel 1905 rimase imbattuto per sedici anni. La competizione riservata alle automobili subì infatti una lunga interruzione. Le lotte sindacali dell’epoca, ragioni di ordine pubblico e la crisi dell’industria automobilistica, decretarono la momentanea sospensione della “Susa-Moncenisio”. Solo nel 1914, alla vigilia del primo conflitto bellico mondiale, venne organizzata una prova in tono minore riservata alle motociclette ed alla categoria delle cosiddette “vetturette”. Si impose Ferdinando Minoia, su Bebè Peugeot, ma il tempo di 32’ 03” 2 per percorrere i 22.100 meri del percorso la dice lunga sulla scarsa competitività dei mezzi impiegati.

foto8Gli anni dei record. Per assistere ad un ritorno in grande stile della cronoscalata piemontese bisogna così attendere il 1920.  Assenti i grandi campioni dell’epoca, attratti dalle corse in circuito e dalla nascente categoria Gran Premio, le nove edizioni della corsa disputate tra il 1920 ed il 1937 furono caratterizzate dal progressivo miglioramento dei record. Dopo il successo di Remy Reville nel 1920 su Peugeot, le tre edizioni successive della “Susa-Moncenisio” videro il predominio assoluto di Alfieri Maserati. Dopo due tentativi andati a vuoto nel biennio 1921/22, nel 1923 il pilota della Diatto, con un tempo di 19’ 05” riuscì a battere lo storico primato stabilito da Felice Nazzaro nel 1905. Da quell’anno la lotta si fece ancora più accanita. Nel 1925 Alfieri Maserati ritoccò il suo record ma venne battuto dal Marchese Diego de Sterlich, anche lui su Diatto, che si aggiudicò la prova con il tempo di 18’ 48”. L’anno successivo i tempi non subirono variazioni particolari ed il tempo impiegato dal vincitore Giulio Aymini, sempre su Diatto, superò addirittura i venti minuti. Grande successo di pubblico e record nuovamente ritoccato nel 1928. La gara non ebbe storia e fu dominata da Giuseppe Campari, su Alfa Romeo 8 cilindri. Con un tempo di 17’ 22” 1, il pilota del Portello infranse il primato stabilito da de Sterlich nel 1925 battendo, nell’ordine, Borzacchini su Maserati ed Aymini su Delage. Il brillante successo ottenuto da Campari diede ancora più lustro alla classica del Cenisio e, nel 1931, il numero degli iscritti salì addirittura ad ottantotto. Ma l’edizione numero dodici della cronoscalata passerà alla storia soprattutto per il nome del vincitore: Achille Varzi. L’acerrimo rivale di Tazio Nuvolari, al volante di una Bugatti 2300, ritoccò il precedente primato di quasi un minuto, fissandolo il 16’ 25” 1. Altri cinque concorrenti lo imitarono. Nell’ordine furono: Fagioli su Maserati, Ernesto Maserati su Maserati, Ghersi, ancora su Maserati, Zanelli su National Pescara e Giuseppe Campari su Alfa Romeo. Anche se nel 1932 la gara non venne corsa, la “Susa-Moncenisio” era diventata una delle gare più blasonate dell’epoca: un traguardo ambito da tutte le grandi Case automobilistiche, un risultato da esibire con orgoglio sulla pubblicità. Non solo: alcuni tratti della cronoscalata, come le celeberrime “scale”, entrarono a far parte dell’immaginario collettivo come l’ideale banco di prova per verificare la validità dei mezzi tecnici impiegati e le capacità di guida dei piloti. La riconferma, qualora ce ne fosse bisogno, nel 1933. Ancora una volta la corsa del Cenisio fece registrare il record degli iscritti e degli spettatori, come pure l’ennesimo ritocco del primato. Con il tempo di 15’ 51” 1, Mario Borzacchini, al volante di Alfa Romeo 2600, migliorò di mezzo minuto il primato stabilito nel ’31 da Achille Varzi, battendo sul filo di lana proprio il pilota della Bugatti. Un exploit destinato a durare fino al 1937 quando, dopo quattro anni di interruzione determinati dagli avvenimenti d’Africa e dalla riduzione delle gare automobilistiche, venne nuovamente disputata la “Susa-Moncenisio”. Il tempo record di 15’ 51” 1 e la media di oltre 84 chilometri all’ora stabiliti da Borzacchini sembravano destinati a durare per parecchio tempo. Invece, nel 1937, crollarono sia il primato assoluto che quelli delle altre categorie e classi. La lotta più appassionante interessò, ovviamente, le vetture sport di grossa cilindrata e vide il predominio assoluto delle Alfa Romeo 8 cilindri 2900 Le vetture della Scuderia Ferrari monopolizzarono le prime tre posizioni della classifica finale e Mario Tadini si impose con il tempo di 15’ 05” alla media di 87,911 km/h precedendo i compagni di squadra Piero Dusio, secondo a 27” e Clemente Biondetti, terzo classificato, a 29”. Un’autentica apoteosi per le vetture del Portello e per Tadini che, a trent’anni dall’affermazione di Vincenzo Lancia nella prima edizione della “Susa-Moncenisio”, dimezzava il tempo di percorrenza. A questo proposito varrà comunque la pena di ricordare che, ancor più del riscontro cronometrico, valgono le medie chilometriche fatte segnare dai vincitori. Nel corso degli anni la lunghezza della “Susa-Moncenisio” variò in funzione dello spostamento della linea di partenza e di quella del traguardo, con lunghezze che andavano dai 23.000 metri del 1904 ai 22.100 del periodo a cavallo tra il 1920 ed il 1953. L’edizione del 1937 fu comunque l’ultima disputata negli Anni Trenta: lo scoppio del secondo conflitto bellico mondiale decretò il momentaneo blocco di qualsiasi attività sportiva ed una lunga sospensione della gara che si protrasse fino al 1949.

foto13-gigi baulinoLa ripresa del dopoguerra. Quando le automobili e le motociclette tornarono a sfidarsi sui tortuosi tornanti della strada napoleonica, molte cose erano cambiate. Non solo per lo spostamento dell’arrivo in territorio francese ma anche, e soprattutto, per il diverso livello tecnico dei mezzi impiegati. Piero Taruffi, che si impose nell’edizione del 1949, fece segnare un tempo di poco superiore al record di Tadini del 1937, ma la sua Cisitalia, preparata da Carlo Abarth, non poteva di certo competere con l’Alfa Romeo 2900 del ’37. Quest’ultima era mossa da un potente tre litri sovralimentato, mentre il propulsore aspirato della Cisitalia di Taruffi aveva una cilindrata di soli 1200 cm3. Malgrado ciò, il tempo impiegato dal pilota romano per raggiungere la vetta era di appena cinque decimi di secondo più alto rispetto a quello di Tadini. Questo indica il progresso tecnico fatto registrare dall’industria automobilistica, ed in particolare di quella italiana, nell’ultimo decennio. Il successo ottenuto con l’edizione del ’49 della rinata “Susa-Moncenisio”, spronò l’Automobile Club di Torino ad organizzare una nuova gara nel 1950. Gara che vide crollare il record di Tadini e l’affermazione di una Ferrari. Si impose il pilota biellese Giovanni Bracco, con il tempo di 14’ 23”, alla guida di una monoposto del Cavallino. Per la cronaca, la “125” utilizzata da Bracco, derivava dalle monoposto da Gran Premio impiegate da Maranello nel mondiale di formula 1: autentici mostri di potenza, spinti da un 12 cilindri sovralimentato (tramite compressore volumetrico Roots) in grado di sviluppare oltre 230 CV di potenza. All’arrivo, Giovanni Braccò distaccò di quasi un minuto e mezzo il secondo classificato, Franco Cortese, alla guida di una Cisitalia, mentre il francese Grignard concluse la gara al quarto posto. Il gentleman driver francese che portava in gara una potentissima Talbot, si presentò al via con oltre un minuto di ritardo per essere andato a sorseggiare un caffè in un locale ignoto al suo meccanico… Cose d’altri tempi, quando le parole competizione, sportività ed agonismo avevano tutt’altro significato e quando la professionalità e l’esasperazione tecnologica non avevano ancora stravolto le competizioni automobilistiche.

foto10Ma torniamo alla “Susa-Moncenisio”. L’edizione del 1951 registrò un vero e proprio record di iscritti, con piloti provenienti da tutta Europa e, addirittura, dagli Stati Uniti. Anche se avversata dal maltempo, la gara fu appassionante. Gli italiani conquistarono i primi posti nelle categorie sport, con Emilio Giletti, primo nella Classe 750, Macchieraldo-Capelli, su Osca, vincitori della Classe 1100 e Giovanni Bracco, su Ferrari, primo in quella superiore ai 1100 cm3. La categoria corsa, senza limiti di cilindrata, diede invece luogo ad un duello serrato tra vetture dalle caratteristiche tecniche più eterogenee che andavano dai modelli spinti da motori ad alimentazione atmosferica, ai 12 cilindri sovralimentati.I primi tre classificati della categoria regina, batterono il primato stabilito l’anno prima dal vincitore Bracco e la gara si chiuse con il successo dello svizzero Willy Daetwyler, al volante di una Alfa Romeo di 4500 cm3. Seppur datata, la monoposto di Daetwyler non era dissimile dalle Alfa Romeo da Gran Premio impiegate con successo da Nino Farina e Juan Manuel Fangio nel mondiale di formula 1 e, a dispetto di una impostazione tecnica votata all’utilizzo in pista, si adattava perfettamente ai saliscendi ed agli impegnativi tornanti della “Susa-Moncenisio”. La conferma nel 1953, in occasione dell’ultima edizione della cronoscalata piemontese sul percorso di ventidue chilometri. Daetwyler non ebbe rivali, fissando il record della corsa in 13’ 51” 8, alla media di 95,647 km/h. Un record rimasto tutt’ora imbattuto. Nello stesso anno Umberto Maglioli, alla guida di una Ferrari 2500, stabilì un nuovo primato, impiegando 1’ 48” per coprire l’intero percorso delle “scale”.

foto11-mauro nesti

Dalla Terra alla Luna e ritorno sulla Mercedes GD 300. Questo è il grande romanzo di Gunther e Christine Holtorf

A bordo della loro Mercedes fuoristrada percorrono quasi 900.000 chilometri in 26 anni toccando 251 Paesi, toccando i posti più impervi ed anche più affascinanti del mondo. Il globe trotter tedesco ha raccontato la sua avventura giovedì scorso in una serata al Museo dell’Auto di Torino. Ed il loro fuoristrada Otto resterà in mostra al M-Auto fino a domenica prossima, 7 giugno. Di Tommaso M. Valinotti

mauto_otto 009_-®andreaguermani.itTORINO – La distanza fra la Terra e la Luna è mediamente 384.403 chilometri. “Nei miei 26 anni di viaggi ho percorso la distanza fra la Terra e la Luna più IVA” e si informa immediatamente se la tassa, in Italia, sia del 22%. Si capisce subito che Gunther Holtorf ha uno spiccato senso dell’umorismo. Ospite giovedì scorso, 28 maggio, alla serata che inaugurava la serie di conferenze che fanno da corollario alla mostra “Modus Vivendi” attualmente in corso al Museo dell’Automobile di Torino (http://www.museoauto.it/website/it/news/522-calendario-degli-incontri-di-modus-vivendi) che presenterà questa sera, giovedì 4 giugno, il secondo incontro intitolato “L’Africa ed il mio camion” con l’intervento di Giuseppe Francesco Simonato che racconta il suo viaggio sul camion IVECO da Torino al Capo di Buona Speranza punta estrema del Sud Africa.

mauto_otto 073_-®andreaguermani.itRitornando alla serata di Gunther Holtorf, il globe trotter tedesco ha raccontato ad una sala gremita da quasi 400 persone, le sue avventure a bordo della Mercedes Classe G, con cui ha visitato 215 Paesi, percorrendo quasi 900.000 chilometri di cui oltre 250.000 in fuoristrada. Gunther e la moglie Christine, morta di cancro alcuni anni fa, hanno condiviso le loro avventure arrivando a toccare paesi che sembrava impossibile da visitare, come la Corea del Nord, la Cuba di Fidel Castro, passando dal Canale di Panama alla Cina delle falde dell’Everest con i suoi 5000 metri di altitudine. Un’avventura durata 26 anni terminata nel momento in cui “il mondo da visitare era finito; non sono mai entrato unicamente in Somalia, Ciad ed in Sud Sudan, paesi ad altissimo rischio per i viaggiatori” commenta ancora Gunther Holtorf, che sottolinea la sua fortuna di avere condiviso le sue avventure con Christine, una moglie che lo ha seguito ed accompagnato in tutte i suoi viaggi, vivendo fianco a fianco per 24 ore al giorno e 365 giorni l’anno, senza il minimo screzio.

Mercedes_Class_G_2014_foto_003Manager e pilota della Lufthansa prima in Asia e poi in Sud America, Gunther Holtorf all’età di cinquant’anni va in pensione e decide di viaggiare. “Volevo vedere tutti quei posti, come la catena dell’Himalaya, o le savane africane, che avevo solo ammirato dall’alto, sorvolandoli in aereo durante i miei numerosi viaggi di lavoro”. La sua cultura di manager gli fa pianificare le spedizioni con estrema precisione e sopratutto mettere le basi per quello che sarà il concetto fondamentale del suo quarto di secolo di avventure: viaggiare a costi bassissimi, mai dormendo in albergo, mai mangiando al ristorante, comprando i cibi direttamente nei mercati delle città (o villaggi) che stava attraversando. “In questo modo abbiamo speso pochissimo, e sono bastati i soldi che io avevo accantonato nel corso della mia carriera lavorativa ed i soldi della mia pensione”. Il mezzo su cui viaggiare è stato inevitabilmente un fuoristrada Mercedes-Benz Classe G, diesel, tre litri di cilindrata, un consumo di 7/8 litri per 100 chilometri e 200 litri di serbatoio, con una potenza di appena 88 cavalli tanto per quel genere di fuoristrada la grande potenza non è necessaria.  Nel 1988, quando acquistai la vettura, avevo lanciato la mia sfida alla promessa fatta da Mercedes-Benz: “dove c’è una Classe G, c’è una strada”. La 300 GD di Gunther Holtorf, una vettura che non presenta elettronica e che permette di essere gestita e di fare manutenzione anche a chi non ha profonde nozioni di meccanica, ha dovuto essere rivista in pochissimi particolari, sopratutto perché una volta terminata la preparazione ha raggiunto le 3,3 tonnellate, ben più di quello ammesso dal Codice della Strada, dovendo sorreggere sul tetto oltre 400 chilogrammi. “Per questo ho montato molle ed ammortizzatori più robusti, ed un cofano anteriore che mi permettesse di salirci sopra, una modifica poi ripresa dalla stessa Mercedes.”

Mercedes_Class_G_2014_foto_005 La 300 GD è attrezzata con una cucina da campo e nel posteriore viene allestita una camera da letto a due posti “comodissima. Il letto è più largo e più lungo di quelli che si ritrovano negli alberghi di lusso” sottolinea Gunther Holtorf, centimetro alla mano. “e poi andare in un albergo o al ristorante sarebbe stata una grande offesa per Otto” come Gunther Holtorf chiama affettuosamente il suo fuoristrada, non dimenticando che farsi rubare un veicolo così attrezzato, in paesi con mezzi di trasporto pressoché sconosciuti, sarebbe una disavventura quasi tragica. Gunther Holtorf e la moglie Christine, appena lui va in pensione, comprano la 300 GD e decidono di dedicarsi un anno e mezzo di vita al contatto con le popolazioni africane “perché l’unico modo per conoscere veramente la gente è stare in mezzo a loro e non soggiornare in alberghi di lusso dove si mangia all’europea, si parla all’europea, insomma si vive all’europea”. Il mal d’Africa è veramente infettivo e Gunther e la moglie ne sono profondamente colpiti: “Il mio luogo preferito è il deserto, non la città con i grattacieli che toccano il sole” dice con un pizzico di commozione il tedesco mostrando una diapositiva che ritrae lui, Christine ed “Otto” su una duna in mezzo ad un oceano di sabbia. E così i 18 mesi in Africa diventano cinque anni e danno l’inizio ad un avventura che tocca tutti continenti. Mangiando nella loro cucina da campo e dormendo nella camera matrimoniale di “Otto”, qualche volta su un’amaca distesa fra due alberi “ma bisogna fare attenzione alle noci di cocco. Se ti prende una noce di cocco in testa fa veramente male” il viaggio di quello che la BBC ha definito “il più grande viaggiatore del  nostro tempo” si allunga in itinerari di tutto il mondo, arrivando alla frontiera fra India e Pakistan, stati perennemente in guerra che hanno un unico punto di contatto lungo tuta la loro linea di confine, superabile solo a piedi. Gunther Holtorf passa per l’Afghanistan e l’Iraq mentre infuria la guerra e non ha mai un incidente “Ho capottato una sola volta. In Madagascar, l’ultimo giorno dell’ultimo viaggio, forse un segno del destino. Quando si viaggia bisogna mantenere un basso profilo. Gli adesivi che vedete sulla macchina sono stati applicati ora che Otto fa mostra di sé al museo Mercedes di Stoccarda, ma quando si viaggi si deve cercare di essere praticamente invisibili” conclude Gunther Holtorf che chiosa nel finale: “Il turismo cambia la gente. Ma si deve vivere a contatto con le popolazioni. A Mumbai, città che noi chiamavamo Bombay,  sui 13 milioni di abitanti otto milioni non ha accesso all’acqua potabile. Questo è il grande problema del nostro pianeta. La crescita sconsiderata della popolazione e con sempre meno gente che abbia la possibilità di avere acqua potabile. Ma un viaggiatore è sempre e comunque ottimista

Un leggendario viaggio intorno al mondo

Dal 28 maggio al 7 giugno, il Museo Nazionale dell’Automobile di Torino ospita la leggendaria Classe G dei coniugi Holtorf, protagonista di un’avventura lunga ventisei anni e 900.000 chilometri. ‘Otto’, come i suoi proprietari hanno affettuosamente battezzato l’inarrestabile compagna di viaggio, ha fatto il giro del mondo, raggiungendo 215 Paesi in condizioni climatiche impervie e viaggiando su qualsiasi tipo di terreno e pendenza. Un record straordinario che viene celebrato con lungo tour che farà tappa nei principali paesi europei. L’occasione per festeggiare i 35 anni di Classe G, vera icona offroad che quest’anno si rinnova all’insegna di efficienza e alte prestazioni. A cura dell’ufficio stampa Mercedes Benz Italia

Mercedes_Class_G_2014_foto_004TORINO – Passa per il Museo Nazionale dell’Automobile il lungo tour di ‘Otto’, la leggendaria 300 GD dei coniugi Holtorf, protagonista di un’avventura senza precedenti, entrata a far parte del Guinness dei primati. Un lungo viaggio durato ventisei anni che ha lasciato le tracce dell’inarrestabile Classe G, in ben 215 paesi, percorrendo quasi 900.000 chilometri, di cui oltre 250.000 in fuoristrada.

“Nel 1988, quando acquistai la vettura, avevo lanciato la mia sfida alla promessa fatta da Mercedes-Benz –  dove c’è una Classe G, c’è una strada. Studiando il percorso sapevo, infatti, più o meno cosa avrebbe dovuto affrontare la vettura durante il viaggio”, ha dichiarato il settantasettenne Gunther Holtorf, protagonista del leggendario viaggio. Mentre i chilometri aumentavano cresceva la fiducia incondizionata nelle capacità della Classe G. Nel corso degli anni, la simbiosi tra gli Holtorf e la vettura della Stella divenne sempre più forte, soprattutto nelle situazioni più pericolose.

Mercedes_Class_G_2014_foto_007Dalla Terra alla Luna e ritorno più 800.000 km in condizioni proibitive. La 300 GD dei coniugi Holtorf ha percorso oltre 250.000 chilometri, su un totale di quasi 900.000, lontano dalle strade asfaltate, senza mai tradire la sua naturale vocazione. Strade coperte da ghiaia, fango, tratti disseminati di buche o percorsi di montagna in forte pendenza. Per sospensioni e telaio, questo impegnativo viaggio equivale a circa 2,5 milioni di chilometri sulle normali strade dell’Europa centrale. Senza contare che ‘Otto’, così come è stata battezzata dai suoi proprietari, ha dovuto affrontare le condizioni meteorologiche più disparate attraversando tutte le zone climatiche della terra: dal caldo implacabile del deserto al gelo della zona artica, passando per le piogge delle foreste pluviali. Come se non bastasse, la 300 GD ha dovuto fare i conti con il carico: tra equipaggiamento e generi alimentari, taniche, utensili, verricello, ricambi e ruote di scorta, la vettura raggiungeva ben 3,3 tonnellate, ovvero circa 500 chilogrammi in più rispetto al peso complessivo ammesso. Solamente il tetto di questo modello adatto all’offroad doveva sostenere 400 chilogrammi. “Di fatto la nostra Classe G era sempre carica più del dovuto”, ha dichiarato Gunther Holtorf. “Ecco perché ho montato molle rinforzate ed ammortizzatori adatti alle strade in cattive condizioni. Se non lo avessi fatto, Otto non sarebbe stata diversa dalle altre vetture prodotte in serie. L’intera catena cinematica con motore, cambio ed assi è ancora quella originale. Né il telaio, né la carrozzeria hanno mai mostrato segni di fatica.”

Mercedes_Class_G_2014_foto_012Quando la meta è il viaggio stesso. Quando Gunther Holtorf e la moglie Christine si misero in viaggio a bordo della loro Mercedes-Benz 300 GD, Classe G era presente sul mercato da soli dieci anni. “Ho viaggiato davvero in tutto il mondo!”, ha dichiarato l’ex pilota e manager presso una nota compagnia aerea. “Ho viaggiato davvero in tutto il mondo. Piantare una bandierina sul mappamondo, un timbro sul passaporto, una foto ricordo con l’auto al confine? No, a noi non bastava! Perché l’unico modo di viaggiare è vivere i paesi che attraversi, entrare in contatto con le persone del luogo e conoscere tutte le loro sfaccettature.” Dopo aver conosciuto un Paese sulla base di questi criteri, un’altra linea rossa veniva tracciata sulla mappa personale del “Tour dei record intorno al mondo 1990 – 2014”. Questa cartina, ormai definitiva, è attraversata da una serie di linee rosse e, nel corso della pianificazione del viaggio, ha aperto diverse porte a Gunther Holtorf, consentendogli di vivere avventure finora considerate impossibili. Basti pensare all’attraversamento di Paesi completamente inaccessibili come la Corea del Nord ed il Myanmar o l’incredibile tour della Cina, durante il quale ha guidato per 25.000 chilometri senza che nessuno lo sostituisse al volante. Gunther Holtorf definisce questi viaggi ‘tour da pionieri’. Era, infatti, la prima volta che una vettura straniera guidata da uno straniero poteva attraversare questi Paesi così particolari.

Il tour dei record di 300 GD in breve

  • Durata: 26 anni
  • Chilometri totali percorsi: 897.000, equivalenti a circa 22 volte il giro del mondo o al percorso dalla Terra alla Luna e ritorno più due volte il giro del mondo
  • Chilometri percorsi in offroad: 250.000
  • Paesi visitati: 215
  • Confini attraversati: 410 (fuori dall’Europa)
  • Trasporti marittimi/spedizioni in container: 41
  • Viaggi su imbarcazioni d’alto mare: 113
  • Punto più alto raggiunto: Campo base del monte Everest, 5.200 metri sul livello del mare
  • Punti più bassi raggiunti: Mar Morto/Death Valley, entrambi circa 150 metri al di sotto del livello del mare
  • Luogo più freddo raggiunto: Nei pressi di Irkutsk, Siberia, -27 °C
  • Luogo più caldo raggiunto: Outback australiano nei pressi di Alice Springs, +50 °C
  • Altri dati statistici
  • Tempo totale passato alla guida equivalente a 3,5 anni
  • Soste alle frontiere equivalenti a circa sei mesi
  • Dati tecnici Mercedes-Benz 300 GD
  • Struttura/carrozzeria: Telaio a longheroni e traverse con carrozzeria imbullonata, station-wagon a passo lungo
  • Motore diesel a 5 cilindri in linea
  • Formazione della miscela: Iniezione indiretta con precamera, pompa d’iniezione a pistone Bosch
  • Cilindrata, cm3: 3.005
  • Potenza, kW/CV: 65/88 a 4.000 giri/min
  • Coppia, Nm: 170 a 2.400 giri/min
  • Cambio/trazione: Cambio manuale a 4 marce, trazione integrale inseribile, marce ridotte, bloccaggi del differenziale inseribili su asse anteriore/posteriore
  • Lunghezza/larghezza/altezza, mm:  4.395/1.700/1.950
  • Passo, mm:  2.850
  • Peso a vuoto/carico utile, kg: 2.105/695
  • Peso di “Otto” per la spedizione, kg: 3.300
  • Velocità massima, km/h: 130

SUV Attack: offensiva Mercedes-Benz senza precedenti. Già oggi possiamo contare sull’offerta SUV più ampia del segmento premium, in grado di accontentare le diverse esigenze dei nostri clienti”, ha dichiarato Roland Schell, Presidente di Mercedes-Benz Italia. “Tutto nasce da vere e proprie icone come la Classe G e la Classe M, che hanno contribuito al successo di una gamma che ha venduto in Italia oltre 100.000 unità.”

Quest’anno Classe G festeggia 35 anni e continua a tracciare la sua lunga storia di successi con una nuova generazione di Stelle, ambasciatrici di efficienza ed alte prestazioni. Tecnologie costantemente ottimizzate ed allestimenti di pregio permettono al fuoristrada per antonomasia di soddisfare al meglio le crescenti esigenze degli appassionati dell’offroad. Una tradizione che prosegue oggi con il debutto del nuovo V8, 4 litri di cilindrata, iniezione diretta e sovralimentazione biturbo, già presentato sulla show car G 500 4×4. Il nuovo otto cilindri di G 500 vanta un DNA esclusivo. Si basa sulla nuova generazione di motori V8 sviluppata da Mercedes-AMG che già mette le ali a Mercedes-AMG GT ed a Mercedes-AMG C 63 regalando loro prestazioni di marcia semplicemente straordinarie. Per essere montato sulla Classe G, il V8 è stato modificato, per erogare, in questa versione, 310 kW (422 CV) di potenza a fronte di 610 Nm di coppia. La Stella brilla inoltre per spontaneità di risposta ed elevata capacità di trazione.

In futuro, tutti i modelli Classe G potranno contare su una maggiore efficienza ed il 16% di potenza in più. Prima ambasciatrice dei nuovi valori, la G 500 con l’inedito V8 biturbo da 4 litri, in grado di erogare ben 422 CV. Tra le novità della nuova generazione, una taratura dell’assetto ed una regolazione dell’ESP® più sensibile, a vantaggio di stabilità di marcia, sicurezza e comfort su strada. Anche esterni ed interni sono stati rinnovati e sarà, inoltre, disponibile un’esclusiva edizione speciale firmata AMG.

Andrea Guermani

“Otto” nel mondo

Automotoretrò – Automotoracing 2014

logoamrLa kermesse dei motori Invade il Lingotto

La trentaduesima edizione della rassegna storica, la quarta di quella sportiva richiama la cifra record di oltre 52.000 visitatori che invadono i quattro padiglioni di Lingotto Fiere. Testo di Tommaso M. Valinotti. Foto di Alessio Bert, Elio Magnano e Raffaella Sabbatini

automotoretro_2014_000TORINO – “Come è stata questa edizione di Automotoretrò?” Questa è la domanda che mi terrorizza di più nei giorni successivi alla chiusura della grande kermesse torinese. Per anni Automotoretrò è stata una grande festa che mi vedeva varcare i cancelli del Lingotto venerdì mattina (quando ancora erano ufficialmente chiusi) 7 febbraio, per proseguire con una tre giorni intensa nei tre padiglioni di Lingotto Fiere. Che inizialmente erano solo due, perché il primo dei tre era occupato dalla Real Torino che con il mondo dei motori aveva ben poco a che spartire. Poi l’arrivo di Automotoracing ha fatto sì che occupasse parte del primo padiglione, scacciando gli appassionati di divise e militarilia, poi lo occupasse per intero e quando Automotoracing si è alleato con il tuning e gli appassionati di Harley Davidson il cerchio si è chiuso occupando interamente l’Oval Lingotto (ben 20mila metri quadri di superficie coperta, arrivando così ad un totale di 90.000 per l’intera manifestazione), con in più, ciliegina sulla torta degli spettacoli all’aperto.

automotoretro_2014_003L’edizione 2014 di Automotoracing è stata ancora una volta caratterizzata dalla crescita degli espositori, sia a livello qualitativo che quantitativo, ed anche Kaleidosweb ha fatto la sua parte tornando ad occupare uno stand in cui ha esposto una Lancia Delta Fina usata da Bruno Saby al Tour de Corse 1989; Michelin, tramite AreaGomme (importatore per l’Italia delle gomme da competizione storica) si è presentata con un van con tanto di simulatore che ha visto per tre giorni una lunga coda di appassionati desiderosi di misurarsi al volante di una vettura da corsa, ancor che virtuale, mentre Motul, ha sottolineato la sua lunga tradizione vincente nelle competizioni con tre monoposto storiche. E poi ancora scuderie e preparatori a cominciare dalla D-Max con le su vincenti Citroen WRC, Winners Rally Team che ha presentato il suo programma Mini Racing Start nei rally, Rally&Slalom che ha presentato in anteprima la Porsche 924 Gruppo 4 preparata dalla Evo Motorsport quasi pronta a sfidare il predominio di Porsche 911 e lancia 037 nelle prove speciali storiche, e aziende specializzate come Toorace, che ha iniziato proprio ad Automotoracing la sua collaborazione con Officine Frankie-Dog, Happy Racer che ha compiuto un altro passo nel suo viaggio di trasformazione da scuderia ad azienda che opera nella vendita di abbigliamento e allestimento racer. Non poteva mancare una presenza fissa ad Automotoracing come la BRC che sta entrando sempre più prepotentemente nel settore sportivo avendo annunciato proprio il sabato di Automtoretrò/Automotoracing il proprio impegno nel Campionato Italiano Rally con la Ford Fiesta R5 e Giandomenico Basso al volante. E per trasportare tutte queste vetture da competizione Mosso ha portato i carrelli inglesi Brian James Trailer, realizzati appositamente per rispondere alle esigenze di ogni pilota e preparatore. Da un paio di anni è presento ad Automotoracing lo stand dell’Autodemolition Derby, con il grande spettacolo dell’autoscontro che se entusiasma da bambini esalta addirittura gli adulti e per finire la vastissima area tuning, dove le customizzazioni delle vetture andavano da poche migliaia di euro sino a vere e proprie opere d’arte semoventi. Il tutto coronato con l’arrivo di bellezze femminili che oltre a dare un tocco rosa hanno fatto salire la temperatura interna del padiglione.

automotoretro_2014_001Trentadue edizioni e non li dimostra. Automotoretrò continua a stupire per la ricchezza di proposte che offre ai 52.000 visitatori che hanno varcato i cancelli di Lingotto Fiere, ribadendo quella sua posizione leader di mostra del veicolo storico che condivide con l’autunnale Fiera di Padova. Il 2014 è l’anno del centenario della fondazione della Maserati (avvenuta a Bologna il primo dicembre 1914), ma la Casa del tridente non ha saputo rispondere alle sollecitazioni dell’organizzatore confinando le sue vetture (appena due, seppur bellissime come la Maserati Indy e la Mistral), solo nello stand dell’ASI. La parte del Leone l’ha fatta perciò la Mercedes, che ha strappato alla Casa modenese il palcoscenico del padiglione centrale proponendo una compilation incredibile di Mercedes 300 SL “Ali di Gabbiano”, una delle vetture più emozionanti della storia dell’automobilismo Ma oltre a mostrare undici vetture che rappresentavano tutte le combinazioni possibili della Stella tedesca, è stato presentato un esemplare unico di Mercedes 300 S che nel 1956 l’importatore americano (e grande vate della Mercedes) Max Hoffman fece allestire da Pinin Farina per la moglie. La vettura però non raggiunse mai gli States, ma venne “dirottata” nella villa che Hoffman aveva sulle colline toscane, ed ecco spigato il motivo per cui la vettura ha una targa originale Firenze. Altra vettura di grande spessore presente l’Alfa Romeo 8C 2300 carrozzata da Touring nel 1932 che venne usata nelle corse del tempo dai piloti della Scuderia Ferrari. Stand di prestigio per il Registro Fiat ed il registro Lancia, oltre che per la Peugeot, sempre viva ad Automtoretrò che si è indirizzata verso la sua storia delle competizioni. Il salto di qualità di Automtoretrò è stato anche quello di elevarsi culturalmente e di portare nei suoi padiglioni delle presentazioni di libri che saranno una pietra miliare nel raccontare la storia dell’automobilismo, come quello scritto da Emanuele Sanfront Rally 70, una storia, tante storie” scritto da uno dei protagonisti delle corse dell’epoca.

automotoretro_2014_002Un’edizione baciata dal sole e dal successo di espositori e pubblico. Ora non resta che attendere la comunicazione della data della prossima edizione, quella del 2015, ed attendere l’apertura dei cancelli, per scoprire quali saranno le meraviglie che gli organizzatori sapranno tirar fuori dal cilindro.

 

Nella sezione grandi schegge la più completa rassegna di immagini di Automtoretrò/Automotoracing 2014

[foto_bert]

[hr]

[foto_magnano]

[hr]

RAFFELLA SABBATINI

Martini Racing In evidenza al Museo dell’Auto

Martini Racing, Inseguendo il mito. 45 anni di storia In evidenza Al Museo dell’Auto

Di Tommaso M. Valinotti, Foto di Alessio Bert

Martini_Racing_2013_017TORINO – “Era la fine del 1982, quando venni contattato dalla Lancia per fare da ricognitore agli equipaggi che avrebbero corso qualche settimana dopo al Rally di Montecarlo. Prima di partire arrivò a casa mia uno scatolone con tutto l’abbigliamento del Martini Racing. In quel momento decisi che avrei corso e vinto per il Martini Racing”. Miki Biasion, due volte campione del mondo con le Lancia del Martini Racing ricorda ancora a trent’anni di distanza l’emozione di entrare a far parte di un mito, di un club ristretto che poteva permettersi di indossare, giacche a vento e maglioni azzurri con le strisce rosse e blu del Martini Racing. Biasion non ricorda il risultato di quel rally di Montecarlo 1983 (doppietta delle Lancia 037 Walter Röhrl-Christian Geistdörfer davanti alla vettura gemella di Markku Alén-Ilkka Kivimäki), ma quello che si provava ad entrare nell’Olimpo dei Rally. Biasion è uno dei tanti testimoni che giovedì 7 novembre sono intervenuti alla presentazione di Martini Racing, Inseguendo il mito”, la mostra che fino al 26 gennaio 2014 il Museo dell’Automobile di Torino dedica alle vetture che hanno creato il mito della Martini nel mondo delle competizioni. Non solo automobilistiche.

Martini_Racing_2013_014Una mostra che rappresenta la tappa conclusiva dei festeggiamenti per i 150 della Martini&Rossi, che ha vissuto un’epoca d’oro nell’ultimo terzo del XX° Secolo. “Non ci sono progetti per un ritorno del Martini Racing sui campi di gara” dice Giorgio Molinari, dirigente della Martini cui tocca il compito di smorzare sul nascere l’entusiasmo dei presenti che sognano in ritorno di vetture vincenti con le famose strisce azzurre-blu e rosse. “Quest’anno abbiamo vissuto un impegno estemporaneo con una Porsche GT3 con Sébastien Loeb, mentre la Porsche ci ha chiesto di usare i nostri colori per presentare la Porsche 918, una vettura ibrida che eroga 770 CV, e che rappresenta lo stato dell’arte della tecnologia della casa di Stoccarda. Pare che una Porsche con i colori Martini Racing sia il massimo del cool possibile”.  Martini è legata molto al marchio Porsche, ma a ristabilire i giusti equilibri ci pensa immediatamente Cesare Fiorio che sottolinea “come il maggior numero di vittorie il Martini Racing le ha conquistato a fianco del marchio Lancia”. Il mitico direttore sportivo dell’elefantino non perde l’occasione per rimarcare il suo pensiero, che raccoglie la piena approvazione delle 200 persone in sala. “Lancia, grazie all’appoggio della Martini, covò la più grande nidiata di piloti italiani che approdarono in gran parte in formula 1. Da Alboreto a Patrese, da Cheever a De Cesaris, Ghinzani, Teo Fabi, Pirro e Alessandro Nannini. All’estero le aziende lavorano per portare in auge i loro talenti migliori. Per questo noi abbiamo bisogno della Martini”. Martini Racing non era però un ente benefico, ma una vera e propria azienda che sapeva creare simpatia attorno al marchio, grazie al mondo delle corse, ed una pubblicità raffinata che andava a braccetto con le competizioni, citandole sempre e solo di sfuggita, come si è visto in una carrellata di spot pubblicitari di gran classe, che hanno portato sullo schermo in modo particolarmente legante le più modelle del mondo.

La mostra Martini Racing, Inseguendo il mito”, presenta 18 vetture che hanno caratterizzato quattro decenni di attività della Martini, offrendo la possibilità di interagire attraverso filmati (bellissimo quello proiettato sul parabrezza della Delta Safari di Biasion) e postazioni interattive, ma soprattutto immerge nel mondo Martini Racing, con i suoi colori, la sua eleganza, e la sua potenza vincente. La mostra è curata da Paolo D’Alessio, l’architetto “da corsa” valsusino che il mondo Martini Racing lo conosce bene essendosi trovato per decenni a dover ridisegnare le famose “strisce”. “Non c’è un momento preciso in cui nacquero le strisce, ma era d’obbligo ogni anno studiarne una presentazione diversa, pur mantenendo rigidamente gli stessi colori e lo stesso andamento”. Quelle stesse strisce che fanno sognare chi era tifoso a bordo pista o prova speciale negli anni Settanta, Ottanta e Novanta, e che li rivedrebbe volentieri su una vettura da corsa, magari guidato da un pilota italiano, in un prossimo futuro. Le strategie aziendali e la demonizzazione dell’automobile, specie se da corsa, per il momento non lo permettono. Ma sognare non costa niente e per ora godiamoci la mostra.

Orari di apertura del Museo dell’Automobile di Torino

Lunedì 10.00 – 14.00, pomeriggio chiuso; Martedì mattino chiuso, pomeriggio 14.00 – 19.00; Mercoledì, giovedì e domenica 10.00 – 19.00; Venerdì e sabato 10.00 – 21.00. Ultimo ingresso 1 ora prima della chiusura.

Orari prossime festività: Domenica 8 dicembre dalle 10.00 alle 19.00; Martedì 24 dicembre dalle 10.00 alle 14.00; Mercoledì 25 dicembre dalle 14.00 alle 19.00; Giovedì 26 dicembre dalle 10.00 alle 19.00; Martedì 31 dicembre dalle 10.00 alle 14.00; Mercoledì 1° gennaio dalle 14.00 alle 19.00; Lunedì 6 gennaio dalle 10.00 alle 19.00

Costo dei biglietti: intero 8,00 euro; ridotto 6,00 euro

Per i gruppi oltre le 15 persone è richiesta la prenotazione.

www.museoauto.it

La Mostra al MAUTO di Torino

Testi realizzati dall’ufficio stampa Martini&Rossi, Museo dell’Automobile di Torino

Martini_Racing_2013_000TORINO – In occasione delle celebrazioni per il suo 150° anniversario, Martini & Rossi organizza, dal 9 novembre 2013 al 26 gennaio 2014, in collaborazione con il MAUTO di Torino, una grande mostra dedicata ai successi del Martini Racing: un’avventura lunga 45 anni raccontata attraverso le vetture simbolo di un mito che ha segnato la storia delle competizioni motoristiche.

Una lunga avventura, raccontata attraverso il fascino di un marchio che ha segnato la storia delle competizioni motoristiche. Una prima sezione espositiva accompagnerà il pubblico alla scoperta delle quattro categorie (Endurance, Formula 1, Rally, Touring) in cui il Martini Racing Team si è distinto a livello internazionale, come partner delle maggiori case automobilistiche. Video e postazioni interattive consentiranno ai più esperti di rivivere le emozioni delle auto in gara e ai curiosi di scoprire un mondo fatto di motori, passione e stile. Cuore pulsante dell’esposizione sarà la sezione dedicata alle auto, vestite della livrea blu-rosso-azzurra del Martini Racing: i visitatori potranno ammirare i modelli Porsche, Lancia, Brabham, Lotus, Ford, Tecno fatti arrivare a Torino da ogni parte d’Italia e del mondo. Una panoramica sui manifesti e le campagne pubblicitarie Racing completerà il percorso espositivo, in perfetto stile Martini.

LE PROTAGONISTE: 18 modelli che hanno fatto la storia del Martini Racing. Dalla Porsche 917, che nel 1971 ha regalato al Martini Racing la prima vittoria nella leggendaria ‘24 ore’ di Le Mans, alle Brabham, Lotus e Tecno di Formula 1. Dalle Lancia, vincitrici per ben sette volte nel mondiale Rally, all’Alfa Romeo 155 DTM, la categoria regina delle gare turismo.

MARTINI RACING ENDURANCE

Martini_Racing_2013_006Porsche 917 – 1971: Nel 1971 il Martini Racing si aggiudica per la prima volta la leggendaria ‘24 ore’ di Le Mans, con la Porsche 917 “coda corta”, un mostro spinto da un 12 cilindri “boxer” di 4.907 cm3, in grado di erogare più di 600 CV. Più lenta della vettura gemella “a coda lunga” di Elford-Larrousse, che in prova tocca i 362 km/h sul rettifilo di Hunadiers, la Porsche numero 22, con struttura portante in megnesio, ha nella grande affidabilità la sua arma vincente. Nelle mani dell’austriaco Helmut Marko (il pilota-manager che trent’anni dopo scoprirà un certo Sebastian Vettel) e dell’olandese Gijs van Lennep il prototipo di Stoccarda percorre la bellezza di 5335,313 km, alla media di 222 km/h, un record destinato a durare nel tempo.

Martini_Racing_2013_011Porsche 911 Carrera RSR – 1973: L’assenza del Martini Racing dal mondiale Marche dura un solo anno. Nel 1973 le strisce blu, azzurre e rosse tornano a decorare le fiancate di una Porsche. Questa volta però non si tratta di una biposto sport, ma dell’ennesima versione racing della 911, dotata di turbocompressore. Per le gare Endurance si tratta di una novità assoluta, un azzardo tecnico, che non convince molti addetti ai lavori. Anche costoro dovranno però ricredersi quando la granturismo tedesca, che vanta un ottimo rapporto peso/potenza (310 cv, per 900 kg di peso) si aggiudica la Targa Florio del 1973, con l’equipaggio Müller-van Lennep, battendo le più potenti sport tre litri di Ferrari e Alfa Romeo. Il Martini Racing ha vinto un’altra scommessa.

Lancia Beta Montecarlo – 1981: La Lancia Beta Montecarlo Turbo è la prima vettura sport del Martini Racing a non essere una Porsche e corona il primo anno di collaborazione tra i due marchi con la vittoria del titolo mondiale. Una prestazione di assoluto rilievo, conquistata di fronte ad un nugolo di Porsche 935, che pagano lo scotto di un regolamento che separa nella classifica finale di ogni gara le vetture di meno di due litri di cilindrata, dalle altre. Se la Porsche è spesso prima tra queste ultime, nella classe inferiore la Lancia, che vanta un ottimo rapporto peso/potenza, non ha avversari e a Watkins Glen conquista addirittura la vittoria assoluta. Un successo che vale un titolo iridato, l’obiettivo che ad inizio stagione si erano prefissati Gregorio Rossi di Montelera e Cesare Fiorio, il team manager Lancia.

Lancia Gruppo 6 – 1982: La Lancia gioca d’azzardo nel 1982: mentre i suoi avversari si adeguano alle nuove regole, varate dalla Federazione Internazionale dell’Auto, schierando le inedite “Gruppo C” coperte, il team italiano opta per un’agile barchetta biposto. A fine stagione il titolo iridato va alla Porsche, ma il favorevole rapporto peso-potenza (450 CV per soli 650 kg di peso) consente alle vetture torinesi di battersi alla pari con le Porsche 956 e di concludere il Mondiale 1982 con tre prestigiose vittorie all’attivo: la 1000 km di Silverstone (Patrese-Alboreto), la 6 ore del Nürburgring (Alboreto-Fabi-Patrese) e la 6 ore del Mugello (Alboreto-Ghinzani).

Lancia LC2 – 1983/86: Nel 1983 la Lancia abbandona la piccola e versatile “barchetta” di Gruppo 6 e mette in pista una biposto coperta di Gruppo “C”, spinta da un 8 cilindri biturbo di 2.600 cm3, di derivazione Ferrari, in grado di sviluppare più di 700 CV. Il telaio monoscocca deriva da quello del modello precedente e l’aerodinamica è studiata in funzione di un esasperato sfruttamento dell’effetto suolo. Tutte queste caratteristiche tecniche fanno della Lancia LC 2 una vettura in grado di impensierire le Porsche 956, schierate dalla casa di Stoccarda. Purtroppo però, problemi di affidabilità e l’impari lotta contro un numero sempre crescente di Porsche Gruppo C, negano al team italiano la conquista del titolo iridato e nel 1986 per il Martini Racing si chiude la parentesi Endurance.

FORMULA 1

Martini_Racing_2013_012Tecno PA 123/1 – 1972: L’annuncio della Porsche che, al termine della stagione 1971, si ritira dal mondiale Marche, prende in contropiede la Martini. Dopo avere ricevuto un secco no dalla Ferrari, che non intende apporre le scritte di uno sponsor sulle carrozzerie delle sue biposto-sport, il Martini Racing sposta la sua attenzione dalle gare di durata, alla Formula 1. La scuderia prescelta per il grande salto è l’esordiente Tecno, che vanta un invidiabile palmares nelle categorie cadette e intende fare le cose in grande stile, costruendosi addirittura il motore in casa, un plurifrazionato simile a quello delle Ferrari di F.1. Purtroppo il 12 cilindri “boxer” della scuderia bolognese si rivelerà troppo fragile e le soddisfazioni in due anni di gare saranno veramente poche.

Martini_Racing_2013_001Brabham BT44B – 1975: Scottato dall’esperienza Tecno, nel 1973 il Martini Racing si ritira momentaneamente dal mondiale di Formula 1, per farvi ritorno due anni dopo, al fianco di Bernie Ecclestone, patron della Brabham. Le BT44B di Carlos Pace e Carlos Reutemann, motorizzate Ford, sono due ottime monoposto, caratterizzate da un’esasperata aerodinamica, con insolite fiancate di sezione trapezoidale. Nel 1975 vanno a segno con Pace nel gran premio del Brasile e con Reutemann in quello di Germania. Ma per la conquista del titolo mondiale non c’è nulla da fare contro lo strapotere di Niki Lauda e della sua Ferrari 312 T, il cui 12 cilindri boxer vanta parecchi cavalli in più, rispetto all’inossidabile V8 Ford Cosworth, che equipaggia la maggior parte delle monoposto inglesi.

Brabham BT45 – 1976/77: Cambio di motore in casa Brabham: nel 1976 il team di proprietà di Bernie Ecclestone abbandona il V8 Ford-Cosworth, per passare al più competitivo 12 cilindri “boxer” dell’Alfa Romeo. Il propulsore italiano, accreditato di 520 CV, è decisamente più potente del Ford, ma problemi di accoppiamento tra telaio e motore ed un peso eccessivo frenano le ambizioni del Martini Racing. Nel 1976 la Brabham cambia anche livrea, dal tradizionale bianco, al “rosso Italia”. Nel 1977 solo la sfortuna e qualche problema di troppo sul fronte affidabilità negano al Martini Racing la soddisfazione della vittoria. In diverse occasioni le Brabham Alfa Romeo di John Watson, Carlos Pace e Hans von Stuck sfiorano il successo: migliori risultati della stagione sono i secondi posti di Watson e Pace nei gran premi di Argentina e di Francia.

Lotus 80 – 1979: Dopo Tecno e Brabham nel 1979 è la volta della Lotus. Il team di Colin Chapman si presenta al via della stagione 1979 col numero 1 sulle fiancate, privilegio che spetta di diritto al campione del mondo in carica, e sono in molti a credere che, per il secondo anno di fila, la compagine inglese possa ribadire la superiorità tecnica delle formula 1 ad “effetto suolo”. Le speranze del Martini Racing naufragano però miseramente quando il patron della Lotus vuole superarsi, mettendo in pista il rivoluzionario modello “80”, che estende l’utilizzo delle minigonne mobili a tutta la lunghezza della monoposto. La Lotus del 1979, che sulla carta dovrebbe essere imbattibile, risulta difficile da mettere a punto e dopo alcune deludenti apparizioni viene accantonata dal team, costretto a ripiegare sulla vecchia “79” dell’anno prima.

RALLY – WRC

Martini_Racing_2013_010Lancia 037 – 1983/84: Cinque anni dopo l’esperienza con la Porsche al Rally Safari, nel 1983 il Martini Racing torna nel mondiale rally, con la Lancia 037, una vettura in netta controtendenza rispetto all’Audi quattro a trazione integrale. Cesare Fiorio e Gianni Tonti, team manager e direttore tecnico della compagine italiana, sono infatti convinti che anche con una maneggevole e leggera vettura a due sole ruote motrici si possa ancora vincere nei Rally. E i fatti danno loro ragione. Con un briciolo di fortuna, il talento di piloti del calibro di Markku Alén o Walter Röhrl e l’impeccabile preparazione della “037”, a fine stagione ‘83 il Martini Racing può festeggiare la conquista del campionato del mondo Rally, nella prima stagione completa in questa nuova categoria. Al Mauto di Torino sono esposti due esemplari della Lancia Rally 037: la versione che potremmo definire “base”, adoperata in tutte le gare del mondiale e quella “Safari“, con assetto rialzato, protezioni anti-urto anteriori e posteriori e gli scarichi modificati, allestita per affrontare gli impegnativi sterrati del Kenya.

Lancia Delta S4 – 1985/86: Nel 1985 anche la Lancia deve abdicare alla superiorità tecnica di Audi e Peugeot e convertirsi alle quattro ruote motrici. La nuova arma del Martini Racing nel mondiale Rally si chiama “Delta S4”, dispone della trazione integrale e di un doppio sistema di sovralimentazione, composto da turbocompressore e compressore volumetrico. Quest’ultimo entra in funzione ai bassi regimi, mentre il turbo assicura una potenza di 450 CV. Valori impressionanti, che consentono alla Lancia di imporsi fin dalla gara d’esordio, nel Rally RAC del 1985. L’anno seguente la storia si ripete a Montecarlo: Henry Toivonen è nuovamente primo e la Lancia sembra destinata a bissare il titolo del 1983, ma in Corsica un tragico incidente costa la vita a Toivonen e decreta di fatto la fine dei Gruppi “B”, vere e proprie Formula 1 degli sterrati.

Martini_Racing_2013_005Lancia Delta ECV2 – 1986: Pochi mesi prima che la Federazione dell’Auto decida di mettere al bando le Gruppo “B”, la Lancia presenta il modello “ECV2” (Experimental Composite Vehicle), che avrebbe dovuto rimpiazzare la Delta S4. Questa vettura, che non sarà mai adoperata in gara, rappresenta la massima esasperazione tecnologica per vetture di questa categoria. Più compatta della S4 e con un baricentro decisamente più basso, la “ECV2” è allestita intorno a un telaio tubolare, rinforzato col massiccio uso di pannelli in materiali compositi e presenta un’aerodinamica a dir poco esasperata, per una macchina da Rally. Il cuore pulsante di questa autentica Formula 1 degli sterrari è un motore triflux, un 6 cilindri biturbo, che riduce al minimo i tempi morti di risposta tipici del turbo, ed eroga 600 CV a 8.000 giri/min. Un valore eccezionale, considerando il fatto che la “ECV2” pesa appena 930 chili.

Martini_Racing_2013_007Lancia Delta Integrale – 1988: Gli avversari della Lancia non hanno neppure il tempo di reagire alla perentoria affermazione del Martini Racing nel Mondiale Rally del 1987, che la casa torinese mette in campo la seconda evoluzione della Delta Gruppo ‘A’. La “HF Integrale”, questa la sua denominazione, vince fin dal suo esordio, in Portogallo, con Miki Biasion, ma il successo più importante arriverà qualche mese più tardi quando, dopo numerosi tentativi andati a vuoto, la Lancia riesce finalmente ad imporsi nel massacrante “safari”, che si corre sugli sterrati del Kenya. Un’affermazione che garantisce di fatto il secondo titolo mondiale consecutivo al Martini Racing e la conquista di quello piloti a Miki Biasion. Prima di essere rimpiazzato dalla versione “16 valvole”, la Delta integrale proseguirà la sua scia di successi nel 1989, riconfermandosi a Montecarlo, in Corsica, in Portogallo e al Safari.

Lancia Delta HF – 1992: Al termine della stagione 1991, e dopo la conquista dell’ennesimo titolo mondiale, la Lancia annuncia il suo ritiro dai Rally, in veste ufficiale, ma ribadisce la volontà di continuare nel mondiale con l’ultimo modello della serie Delta, la cui gestione viene affidata al Jolly Club. La Delta HF “evoluzione”, meglio nota col soprannome di “Deltona”, presenta dimensioni più generose, prese d’aria e parafanghi maggiorati e un propulsore potenziato. Vince fin dall’esordio, a Montecarlo, con Didier Oriol e col pilota francese si aggiudica sei Rally mondiali, mentre il compagno di squadra Juha Kankkunen è primo in Portogallo. Risultato: a fine stagione, per il sesto anno consecutivo, Lancia e Martini Racing festeggiano la conquista del Titolo Mondiale Marche, l’ultimo di un sodalizio irripetibile nella storia del motorsport.

Ford Focus WRC1999: sette titoli costruttori e tre titoli piloti non si scordano facilmente e la passione per i Rally inducono il Martini Racing al clamoroso rientro nel Mondiale Rally. Questa volta i classici colori blu, azzurro e rosso non sono abbinati alle Lancia Delta, ma alla Ford, che nel 1999 partecipa al mondiale con la neonata Focus WRC e un pilota di valore assoluto, come Colin McRae. Dopo un avvio incoraggiante a Montecarlo lo scozzese va a segno nel Rally Safari e in Portogallo e l’anno successivo il Martini Racing si potenzia ulteriormente, con l’arrivo in squadra dell’iridato Carlos Sainz. Nel periodo che va dal 2000 al 2002 non mancano le vittorie di prestigio, ma per la conquista del titolo iridato non c’è nulla da fare contro Peugeot e Subaru.

TOURING – GT

Martini_Racing_2013_003Alfa Romeo 155 DTM – 1995/96: A partire dal 1992 il Martini Racing estende il suo raggio di azione e, dopo avere preso parte al mondiale Endurance, a quello di Formula 1 e al Mondiale Rally, si cimenta in pista nelle gare Turismo, al fianco dell’Alfa Romeo, che iscrive due 155 GTA al campionato italiano della specialità. La superiorità delle vetture di Arese e di Nicola Larini è schiacciante e, a fine stagione, arriva la conquista del titolo nazionale. Tre anni dopo il Martini Racing è nuovamente al fianco dell’Alfa, che iscrive le sue 155 V6 TI al “DTM” (Deutsche Tourenwagen Masters) una sorta di mondiale per vetture Turismo. Contro una muta di Mercedes e Opel c’è poco da fare per il titolo, ma Nicola Larini e Alessandro Nannini vincono comunque diverse gare della serie DTM-ITC nel biennio 1995/96.

Porsche 911 GT3 – 2013: Dopo qualche anno di assenza, nel 2013 i colori del Martini Racing tornano prepotentemente alla ribalta sulla Porsche 911 GT3 del nove volte campione del mondo dei Rally Sebastian Loeb, che prende parte ad alcune prove del monomarca tedesco, che si corre nei week end di gara dei Gran Premi di Montecarlo e di Spagna, e sulla Porsche 918, la prima Gran Turismo ibrida della casa di Stoccarda.

18) Porsche 918 – 2013: La 918 è la prima Porsche ibrida della storia e combina la spinta di un 8 cilindri endotermico (collocato in posizione posteriore) con quella di due motori elettrici, posti sull’asse anteriore e su quello posteriore. Per celebrare l’avvenimento e ricordare i tanti successi conseguiti nelle gare di durata, la casa di Stoccarda ha realizzato anche una versione “Martini Racing” di questo autentico mostro da 770 CV.

LA STORIA: il racconto della storia in immagini e filmati. Oltre agli spettacolari filmati, che ripercorrono le principali tappe della storia del Martini Racing, due postazioni “interattive” danno modo di conoscere tutto quanto ha reso il Martini Racing un mito: protagonisti, vittorie, vetture che ne hanno scritto la storia.

MARTINI RACING STORY: lo spettatore può rivivere in prima persona le vicende agonistiche del Martini Racing, dai primi anni ‘70, ai giorni nostri.

MARTINI RACING MODELS: qui è invece possibile conoscere i segreti tecnici delle vetture che hanno difeso i suoi colori e il loro palmares. Uno spazio particolare sarà dedicato alla Lancia Delta, che ha dominato ininterrottamente il Mondiale Rally dal 1987 al 1992. Utilizzando una particolare tecnologia, sul parabrezza della vettura che si è imposta nel Rally Safari del 1988, con Miki Biasion, viene proiettato un estratto del film “Delta the Legend”, prodotto e realizzato dalla “Bottega delle Immagini”, di prossima presentazione.

Martini_Racing_2013_002DESIGN: la storia di una livrea che è diventata un simbolo. Nella sua storia Martini Racing ha sempre dato grande importanza all’aspetto estetico dei mezzi da competizione che sponsorizzava, fossero essi auto da corsa, aerei oppure off shore. A partire dalla scelta dei colori, una serie di strisce blu e azzurre, inframezzate da una fascia centrale rossa, una grafica elaborata agli inizi degli anni ‘70, che ben presto è diventata un “must” nel mondo del motor racing. Il suo appeal si basa su precise scelte stilistiche, che concorrono a renderlo unico, immediatamente identificabile, tanto dagli addetti ai lavori quanto al grande pubblico. A partire dall’eleganza, che caratterizza tutte le sue livree e che negli anni è riuscita a coniugare un’immagine di marca ricercata, capace di rinnovarsi nel tempo e di trasformare in oggetti raffinati i diversi supporti (vettura, scafo o aereo). Per rendersene conto basta osservare le silhouette delle vetture che hanno difeso i colori del Martini Racing a partire dal 1971: i colori di base sono sempre gli stessi, ma cambia la loro declinazione, a seconda si tratti di una macchina da Rally, di una vettura Sport o di una monoposto di Formula 1.

ADVERTISING: dalla comunicazione di grande impatto al “consumo responsabile”. In una sezione della mostra sono visibili gli spot più famosi, dedicati sia al prodotto, che al mondo del motor racing e una ricca selezione di quei poster che sono ormai diventati un oggetto di culto per i collezionisti di tutto il mondo. Al termine della mostra, un grande pannello recante l’immagine di Michael Schumacher testimonial del messaggio sul Bere Responsabile sintetizzerà l’impegno che il Gruppo Bacardi Martini profonde nelle tematiche legate al consumo moderato e alla responsabilità sociale.

Martini_Racing_2013_014UNO SGUARDO RIVOLTO AL FUTURO: il coraggio di osare. Da sempre il Martini Racing è stato partner di case automobilistiche e team che avevano nel loro DNA la ricerca e l’innovazione. Nel 1972 decise di supportare l’avventura dei fratelli Pederzani che, dopo avere vinto tutto quello che c’era da vincere nelle categorie cadette, tentarono l’avventura in Formula 1, con una monoposto di loro costruzione, spinta da un 12 cilindri “boxer”, simile a quello che all’epoca equipaggiava le Ferrari da Gran Premio. Per non parlare della scelta coraggiosa di sponsorizzare la Porsche, quando la Casa di Stoccarda fece esordire un motore turbo nelle gare di durata, montandolo sulla 911 RSR. Mai, si disse all’epoca, quel motore avrebbe potuto vincere nel mondiale Endurance, ma dopo tre sole stagioni il Martini Racing lo portò al successo nella ‘24 ore’ di Le Mans. Lo stesso spirito pionieristico, la stessa voglia di guardare avanti e gettare il cuore oltre l’ostacolo sono alla base della rinnovata partnership tra Porsche e Martini, che ha visto le celebri strisce blu, rosso e azzurre tornare sulla carrozzeria della “918”, la prima Gran Turismo ibrida della storia, per la casa di Stoccarda. Quarantacinque anni di storia del Martini Racing nelle principali specialità motoristiche non hanno solo voluto dire un’attiva presenza sui campi di gara o al fianco dei marchi più famosi. Martini Racing è stato anche e soprattutto un modo d’essere, di proporsi. Un interprete di primo piano che ha sempre avuto voglia di sperimentare, di precorrere i tempi e anticipare l’attuale filosofia Martini del ‘Luck is an attitude. Tutto ciò ha portato alla creazione di qualcosa che, oggi, ci fa parlare di mito. “Ma un mito è tale perché tende a ritornare” – commenta Maurizio Cibrario, Presidente onorario di Martini & Rossi. “Anche per questo la mostra allestita al Museo Nazionale dell’Automobile si intitola “Martini Racing. Inseguendo Il Mito”: perché se da una parte ci propone la visione storica di quello che è stato, dall’altra ci offre infiniti spunti per riaprire il discorso. E ci lancia verso un futuro dove la livrea rosso-azzurro-blu avrà ancora un posto di primo piano”.

Martini Racing: un nome che evoca immediatamente la passione per i motori, ma anche tecnica, innovazione e design, un marchio, un team e uno stile che occupano un posto particolare nella storia delle competizioni automobilistiche, non solo per aver dato vita ad una delle prime sponsorizzazioni della storia e per l’inconfondibile livrea delle vetture, ma perché, in 45 anni di storia, il Martini Racing si è imposto in tutte le principali specialità delle quattroruote, vantando un palamares da record: dalla Formula 1 ai massacranti Rally, dall’Endurance al campionato tedesco DTM, la massima espressione mondiale per le vetture Turismo.

Martini_Racing_2013_004La storia del Martini Racing inizia ufficialmente il 27 dicembre del 1970 quando, sul circuito tedesco di Hockenheim, vengono svelati i colori ufficiali scelti per decorare le Porsche 917 destinate al Mondiale Marche 1971: una serie di strisce blu, azzurre e rosse su campo argento, un insieme cromatico che scriverà pagine indimenticabili nella storia dell’automobilismo, una firma destinata a lasciare una traccia indelebile in tutte le maggiori specialità del motorsport. Da quel momento Martini Racing è stata al fianco dei marchi più famosi, Porsche, Ferrari, Alfa Romeo, Lotus, Brabham, Lancia, Ford. Da semplice sponsor è diventato un protagonista, un interprete di primo piano che ha sempre avuto nel suo DNA il sapore della sfida, la voglia di sperimentare, di precorrere i tempi, di costruire il proprio successo sul coraggio e sulla visione di lungo termine. “Nei suoi 150 anni di storia Martini & Rossi è sempre stata all’avanguardia nella comunicazione. Ma moltissimo si è fatto anche nel settore dello sport. Si cominciò, tra gli anni Venti e Trenta del Novecento, con l’affiancare il ciclismo di epici Giri d’Italia; e ben presto, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, si pensò di creare qualcosa nell’ambito della velocità e delle corse automobilistiche, amate da tutti gli esponenti della famiglia dei conti Rossi di Montelera.

Martini_Racing_2013_003Sul volgere degli anni Sessanta nacque finalmente l’idea di sponsorizzare una vera e propria scuderia di corse, impegnata negli anni nelle gare di Endurance, Formula 1, Turismo e Rally: il Martini Racing Team. E venne spontaneo, per individuarne il logo, riprendere i colori del Martini International Club che diedero così vita alle inconfondibili strisce rosso-azzurro-blu del Martini Racing. Fu uno sforzo senza precedenti, che è durato oltre quarant’anni e attraverso il quale la Società ha precisato sempre meglio l’immagine e il valore del “Mondo Martini”: la visione sportiva di un prodotto giovane e di successo” – ha ricordato Maurizio Cibrario, Presidente Onorario di Martini & Rossi. “Lo spunto venne da un gentleman driver, che era anche un dirigente della Martini Germania, il quale amava correre e insisteva per poter apporre sulla sua auto il marchio Martini. A forza di insistere, Vittorio Rossi di Montelera cominciò a considerare l’idea di creare un team motoristico: così nacque il fenomeno del Martini Racing. Fu un’operazione unica nel suo genere nell’ambito delle sponsorizzazioni: all’epoca Martini fu sicuramente tra le primissime aziende ad avere un proprio Team. Amanti entrambi dei motori e delle corse, Vittorio e Gregorio Rossi di Montelera erano però due figure molto diverse. Vittorio era l’uomo della visione e della strategia: aveva le idee chiare su dove voleva portare il nostro Gruppo ed era una visione creativa a lungo termine. Ma accanto a queste qualità c’era bisogno di chi, con rigore e puntualità, portasse avanti tutte le implicazioni che ne derivavano, e proprio questa era l’attività di Gregorio: estremamente preciso, rigoroso, severo nell’esecuzione del programma. Sono state due personalità che hanno arricchito il Gruppo con elementi importanti: la visione e la realizzazione. I due fratelli hanno dato una spinta poderosa al progetto Martini Racing, lavorando tra loro in grande sinergia, coadiuvati sul campo da alcuni personaggi fondamentali per il successo dell’iniziativa: Dino Ajassa e Daniel Schildge, alti dirigenti del Gruppo Martini e Cesare Fiorio, direttore sportivo del Martini Racing Team nel suo periodo di maggior splendore”.

Martini_Racing_2013_008Basta scorrere alcuni capitoli della sua storia per rendersene conto. Quando ad esempio, nel 1973, Martini Racing decise di appoggiare la Porsche, al suo esordio nel Mondiale Marche con una 911 Carrera, spinta da un innovativo 6 cilindri turbo. O quando fece il suo debutto in Formula 1 al fianco della neonata Tecno, una piccola scuderia bolognese che esordiva nel Circus iridato con una monoposto di sua costruzione, equipaggiata con un 12 cilindri “boxer”, il più complesso propulsore di quegli anni. Per non parlare del coraggio di appoggiare l’iniziativa della Lancia che, nel 1983, con la “037” a due sole ruote motrici, osò sfidare, e battere, la ben più sofisticata Audi a trazione integrale. Lo stesso desiderio di gettare il cuore oltre l’ostacolo, di guardare al futuro e all’innovazione possiamo ritrovarlo, ai giorni nostri, nella scelta di legare ancora una volta i propri colori alla rivoluzionaria Porsche 918, la prima Granturismo ibrida della storia della Casa di Stoccarda. “La scuderia Martini Racing si è distinta soprattutto nell’ambito dei Rally, con sei vittorie mondiali consecutive che, a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, ne hanno consacrato il mito. Tutto ciò ha portato alla creazione di qualcosa che, se guardiamo a quel periodo con gli occhi di oggi, ci fa parlare di “mito”. Ma un mito è tale perché tende a ritornare. Anche per questo la mostra allestita al Museo Nazionale dell’Automobile si intitola “Martini Racing. Inseguendo Il Mito”: perché se da una parte ci propone la visione storica di quello che è stato, dall’altra ci offre infiniti spunti per riaprire il discorso. E ci lancia verso un futuro dove la livrea rosso-azzurro-blu avrà ancora un posto di primo piano” ha concluso Maurizio Cibrario. La mostra “Martini Racing. Inseguendo Il Mito” vuole celebrare questa indimenticabile avventura, nei molti aspetti che l’hanno caratterizzata. A partire dalle protagoniste: la Porsche 917, che nel 1971 ha regalato al Martini Racing la prima vittoria nella leggendaria ‘24 ore’ di Le Mans, alle Brabham e Lotus di Formula 1; le Lancia, vincitrici per ben sette volte nel mondiale Rally, l’Alfa Romeo 155 DTM, la categoria regina delle gare turismo. Il tutto calato in un mondo di immagini e filmati che ricreano tutto ciò che ha fatto del Martini Racing un modo di stile, eleganza, coraggio: dai protagonisti e testimoni delle vittoria, ai segreti delle vittorie, dagli aspetti tecnici al design inconfondibile.

Le testimonianze dei protagonisti: La partecipazione di Martini è stata un’esperienza unica nella storia delle competizioni automobilistiche. Non solo uno sponsor: l’organizzazione Martini Racing ha avuto un ruolo attivo come partner dei team sportivi e per molti periodi come vero e proprio team. Gli straordinari risultati ottenuti nei diversi settori di competizione (rally ed endurance soprattutto) e con diverse marche partner (Lancia e Porsche soprattutto) hanno fatto di Martini un nome di immenso fascino per gli appassionati di sport, motori, design”, ha dichiarato Benedetto Camerana, Presidente del MAUTO.

Martini_Racing_2013_013Daniel Schildge, direttore del Martini Racing e responsabile dell’immagine, così racconta: “I miei più begli anni di lavoro sono trascorsi nel cuore del Martini Racing. Una scuderia molto attiva che ha toccato tutti i settori degli sport meccanici, F1, Endurance, Rally, Motonautica, Pattuglia acrobatica. Non ho memoria di nessun altro impegno da parte di una società di quell’epoca simile al nostro, che era unico, riconosciuto e rispettato. Partner e complice dei più grandi nomi dell’automobilismo, Porsche, Lancia, Ford, Alfa Romeo, Lotus, il Martini Racing si è distinto nella ricerca dell’eccellenza grazie alla sua eleganza, tanto sotto l’aspetto dell’immagine che sotto l’aspetto umano. Ricompensato da numerosissimi podi, Le Mans, Montecarlo, Brasile, così come da molteplici titoli mondiali, il Martini Racing ottenne incontestabilmente il rispetto del mondo sportivo. La lista dei piloti che hanno difeso i colori ormai celebri del Team è impressionante. Sono estremamente fiero di aver condiviso questa avventura ricca di successi con un uomo che è stato il mio modello, un vero gentlemen italiano, e sto citando il conte Gregorio Rossi di Montelera, Presidente del Martini Racing. Martini Racing, un cocktail di raffinatezza, performance, impegno ed amicizia che con grande piacere abbiamo assaporato. Un gruppo di uomini che si è rappresentato nel mondo dello sport con passione e competenza per far vivere i propri colori ai quattro angoli del mondo. Vittorie, sconfitte, gioie e dispiaceri, il successo del Martini Racing è ancora così presente, il rispetto che ancora gli si conferisce non è altro che l’espressione di un certo stato d’animo, di cui molti sono stati gelosi e molti, invece, hanno copiato. Grazie a tutti di avermi procurato un piacere così grande.”

Martini_Racing_2013_009Ascanio Calvi di Bergolo, direttore Marketing e Comunicazione Martini & Rossi, così racconta: ”Il mio primo approccio con il Martini Racing fu agli inizi degli anni ’70. Ricordo, era un sabato mattina ed allora ero responsabile, a Milano, di un laboratorio di ricerca alla Pierrel. A quel tempo mi spostavo su Milano in moto (dato il traffico impossibile) ed in particolare in quegli anni con una Ducati Scrambler 350… E quel sabato venni invitato ad assistere, a Balocco, alla prima uscita in pista della nuovissima Tecno Formula1. Mi attrezzai di tutto punto, presi la mia moto e partii. Era inverno ed anche se la giornata era soleggiata il freddo era pungente. Arrivai al circuito dove praticamente non conoscevo nessuno. Mi aggregai al gruppo in attesa e tutti insieme aspettammo, pilota compreso, una vettura che non arrivò mai. La vettura non era pronta. Questo fu il mio primo approccio. Da allora e per quasi 30 anni il Martini Racing mi ha provocato una serie interminabile di emozioni, alcune molte esaltanti altre tragiche. Da quel momento venni invitato dai fratelli Vittorio e Gregorio Rossi ad assistere a molte gare (F1, prototipi etc) e sempre in posizione privilegiata (box). Le Mans, Interlagos, Monza, Imola, Zolder, Zeltweg. Quando nel 1982 entrai alla Martini & Rossi mi trovai ad occuparmi del Martini Racing per quanto riguardava la società italiana. Iniziai con i mitici prototipi Lancia (Imola, Monza, Le Mans) ma ben presto, grazie a Cesare Fiorio, arrivarono i rally e fu una cavalcata entusiasmante. 037, Delta, S4, momenti indimenticabili. A quei tempi ero una specie di manovale, completamente al di fuori delle grandi decisioni centrali, ma dal momento che la Società italiana contribuiva in maniera significativa al budget generale, ecco che il lavoro agli italiani non mancava. Soprattutto cercavo di avere i migliori rapporti possibili con i media che ad onor del vero ci ripagarono ampiamente dando al MR tutta la audience. E con molti di loro si instaurò un vero e proprio rapporto di amicizia. Quando, agli inizi degli anni ’90, il gruppo decise di smettere con le corse, la Società Italiana, grazie alla lungimiranza dei suoi amministratori, decise di proseguire da sola. Con un programma ridottissimo rispetto a prima, ma proseguì. Ed ecco allora, e si era oramai ad aprile, a stagione ampiamente iniziata, ricomparire una Delta con i colori Martini Racing del Jolly Club di Roberto Angiolini con la splendida direzione sportiva di Claudio Bortoletto. Il pilota era Dario Cerrato. A partire dall’anno successivo l’avventura del Martini Racing riprese anche a livello internazionale con le super Ford di Malcom Wilson e gli entusiasmanti anni nel turismo con le Alfa Romeo. Prima in Italia e poi il DTM con ritorni di immagine e partecipazione di pubblico a livello calcistico. Chiudo queste note con un ricordo particolare dedicato al Rally Costa Smeralda dove la Martini & Rossi era main sponsor. Pur essendo una gara del Campionato Europeo, il Martini Racing era contrattualmente impegnato a parteciparvi con una Top Car. Ospitalità e organizzazione erano di livello tale che questo evento era assolutamente inimitabile, anche a confronto con le più importanti manifestazioni del campionato mondiale, al punto che il board che controllava il rally a livello mondiale era sempre presente al gran completo. Ed al Costa Smeralda mi capitò di provare una delle più entusiasmanti emozioni della mia vita sportiva. Il Martini Racing era presente, come da accordi, con una macchina “normale” ma decise di schierare, non in corsa, un prototipo S4 anche per capire come andava la nuova vettura nei confronti degli altri su un terreno particolarmente impegnativo come quello della Sardegna. Si organizzò una prova per giornalisti su un piccolo tratto dell’Isuledda, mitica prova speciale del terzo giorno del rally. I giornalisti si recarono sul posto della prova con altri mezzi ed io venni invitato, nel cortiletto dell’Hotel Cervo, a salire in macchina con Marku Allen per andare al luogo della presentazione. Eravamo già in macchina e ben legati quando l’ing. Lombardi si avvicinò ad Allen e gli disse “usa pure tutti i tuoi cavalli”. Una emozione indimenticabile. Un aereo. Mi ricordo che la gente usciva per le strade sentendoci arrivare. Sono stato diverse volte in macchina con i nostri piloti, praticamente con tutti, ma il ricordo di quel trasferimento rimarrà indelebile”.

Un vero e proprio tributo al “Martini Racing Style” sono le parole del pilota Miki Biasion, che ricorda: “ho iniziato a correre con i colori Martini Racing nel 1986 guidando una Lancia Delta S4 al Rally di Montecarlo. Ho indossato i colori Martini Racing fino al 1992, vincendo 2 titoli mondiali nel 1988 e 1989. Ricordo però che nel gennaio 1983 ero stato convocato dal team Lancia Martini come “ricognitore” dei suoi piloti ufficiali al rally di Montecarlo e che, per l’occasione, mi era stato fornito l’abbigliamento del Team Martini Racing. Mi innamorai di quei colori e giurai che avrei fatto di tutto per poterli indossare come pilota ufficiale nel Campionato del Mondo!!! Indossare questo marchio è stato di grande stimolo per i miei risultati sportivi e mi auguro che possa esserlo nuovamente per tanti altri piloti”.

Per Cesare Fiorio, il Team Manager del Martini Racing, “tutto era cominciato tanti anni prima. Quando, amico d’infanzia di Gregorio e Vittorio Rossi di Montelera e di Ascanio Calvi, partecipai con i colori del Martini Racing al Campionato del Mondo di motonautica, poi vinto, insieme a Carlo Bonomi. A quella stagione ne seguirono tante altre e i risultati sempre molto brillanti. Solo molti anni dopo convinsi i miei amici a vestire con i bellissimi colori del Martini Racing le Lancia che facevo gareggiare nel mondiale rally. Anche qui fu un trionfo per molti anni e i colori furono adottati anche dalle Lancia che correvano in pista, nel Mondiale Endurance. Devo dire che ho difficoltà a ricordare tutti i titoli mondiali vinti tra motonautica, Rally e Sport Prototipi. Ma di una cosa sono certo: di aver contribuito con le mie squadre a rendere ancora più prestigiosi e noti i colori del Martini Racing. Nel senso che nessuno ha mai vinto tanto quanto noi e sono di conseguenza onorato di aver potuto così ripagare la fiducia che mi è stata via via accordata”.

Sergio Limone, l’ingegnere progettista di tante vetture vincenti, così ricorda: “il mio rapporto con il Martini Racing nasce con la Lancia Rally, forse più nota come SE037, il mio primo lavoro impegnativo come progettista: la livrea Martini che compare sulla pelle della vettura il giorno della sua presentazione alla stampa, nell’autunno del 1981, presso la pista di prova della Fiat alla Mandria, dà un notevole contributo estetico alla vettura ma crea ancora più attese in lei e preoccupazioni nel progettista! La livrea sarà poi parte integrante delle principali vittorie di questa vettura, e resterà “incollata “ alle Lancia da rally sino alla serie dei sei campionati vinti dalla Delta, diventandone quasi parte integrante, sino a dare origine a diverse “serie speciali Martini” della “Deltona”, caso forse unico nella storia della produzione di auto, a sigillo dello stretto collegamento tra le vetture di produzione Lancia e quelle da rally.

9° Samba Summit & Veteran Volkswagen Show

9° Samba Summit & Veteran Volkswagen Show: Nella mecca di Ferdinand Porsche.

Un viaggio di tre giorni dal 4 al 6 ottobre, da Bolzano a Gmünd in Austria dove Ferdinand Porsche costrui i primi esemplari della sua prima vettura con il suo marchio: la mitica 356. testo e foto di Carlo Carugati

Samba_Summit_013_000BOLZANO – È partito dalla provincia di Bolzano il 9° Samba Summit & Veteran Volkswagen Show, classico Meeting autunnale firmato Club Volkswagen Italia ( ufficialmente riconosciuto da Volkswagen Group Italia) e federato alla Associazione Amatori Veicoli Storici (A.A.V.S – www.aavs.it ). Circa 40 i selezionatissimi equipaggi di Volkswagen antecedenti al 1967 e Porsche 356, provenienti dal Centro e Nord Italia; raduno che ha visto quest’anno anche la partecipazione di un pulmino T1 (ex Vigili del Fuoco) proveniente dalla Svizzera e un Samba del ‘65 tedesco.

Samba_Summit_013_007Appuntamento all’uscita Egna-Ora dell’A 22, welcome coffee, check Partecipanti e partenza direzione Val d’Ega con pernottamento allo Zirm good life hotel di Obereggen. Ad accoglierci nelle camere, gradita sorpresa, le rinomate mele Marlene, tipico frutto dell’Alto Adige! Cena di benvenuto con la “nouvelle cuisine” : “Schiumetta al prosecco con crostini di pasta sfoglia alla cannella” e “Bocconcini di cervo, ribes e cavolo rosso stufato”. L’evento, che ha portato gli appassionati del marchio Volkswagen e Porsche nei luoghi storici dell’inizio del mito, è stato fortemente condiviso e supportato da Manfred Dalceggio e Florian Eccel, titolari di Auto Brenner S.P.A. , Concessionaria del Gruppo, la quale sin dagli anni ‘50 rappresenta con eccellenza il Marchio in tutto l’Alto Adige. Ed è infatti nella Sede storica di via Lancia 3 a Bolzano che nella mattinata del 5 di ottobre si sono ritrovati tutti gli equipaggi, accolti da una esposizione tematica con un magnifico e raro esemplare di Maggiolino cabriolet Hebmuller ( solo 780 esemplari nel mondo) affiancato da una versione racing di una aggressiva Porsche 356 ed in rappresentanza dei veicoli commerciali un perfetto esemplare di TYP 2 T 2 prima serie, orgoglio del signor Manfred!

Samba_Summit_013_001L’area coffee break vedeva accanto a sé la display del Garage ’61 (Museo di Appiano) che ha curato una rassegna costituita da un “trittico” di TYP 2 T 1 commerciali in versione combi, panel e pick up. Alla registrazione, è seguito il ritiro della ricca sacca gadget: cioccolata personalizzata, cappellini, portachiavi e utile kit di ricambi da viaggio offerto dalla Dei Kafer Service. Tutte le vetture partecipanti sono state poi sottoposte ad una verifica tecnica, eseguita dal qualificato personale di assistenza dell’Auto Brenner; emozionante rivedere i coloratissimi Volkswagen storici rientrare e “invadere” pacificamente i modernissimi ponti sollevatori, a fianco dei quali, per un giorno le avanzatissime e sofisticate apparecchiature diagnostiche sono inesorabilmente rimaste spente.

Samba_Summit_013_004Elevata la qualità dei veicoli presenti, dal periodo bellico passando attraverso le versioni due vetrini ed ovalino, sino alle sempre apprezzate 6 Volt anni ‘60 con le varianti Karmann Ghia coupè e Typ 3 Family car. Notevoli anche i Type2 presenti con particolare riferimento ai Samba e Combi in livrea “Figli dei Fiori”. Referenziate le Porsche: una Pre A 1500 Super del 1952 allestimento corsa (l’antesignana delle RS moderne su progetto 911), una A T1 del ‘58, una B T6 del ‘63 e una 912 del ‘67. Sotto la sapiente regia del Presidente Marzio Cavazzuti ideatore ed organizzatore di questo magico evento la carovana si è mossa verso Brunico, scortata dalla “Squadra Corse” di Auto Brenner, con una sosta a Vandoies per visitare lo show room del rinomato marchio Sud Tirolese Loden e lo spaccio Capriz famoso per i suoi formaggi tipici. Proseguendo sulla SS 49, si è giunti alla sede Auto Brenner di Brunico, dove è stato offerto un  ricco pranzo a buffet con i prodotti della Val Aurina: minestre di patate e zucca, formaggio fuso, salumi affumicati ed altre prelibatezze. È venuto quindi il momento di ripartire con questo singolare cruise che ci avrebbe seriamente impegnati ancora per 180 km da percorrere attraversando il Confine Austriaco (per alcuni è stata la prima volta a bordo di una vettura storica) per raggiungere la destinazione di questo “pellegrinaggio”: Gmünd in Carinzia celebrando il ricordo del “Professor Dr. Ing. H.C.” e della sua famiglia, che proprio in quella splendida cittadina medioevale, ritrovò le forze per rialzarsi dalla devastante esperienza della II^ Guerra Mondiale, dando i natali ad una delle vetture sportive più celebri e più ricercate nel mondo.

Samba_Summit_013_002Appena passato il Confine di Stato, sosta: tutti in coda per fare il pieno con un prezzo della benzina surreale per noi italiani: meno di 1,4 € al litro… Ci si è potuto concedere il lusso di fare il pieno con la Super Ultimate 100 ottani ad 1,479 €! Il viaggio, evidentemente impegnativo, è stato piacevole, sia per la proverbiale affidabilità delle vetture sia per i panorami rilassanti che durante il tragitto si sono potuti ammirare. All’imbrunire siamo arrivati nei pressi di Gmünd dopo aver attraversato Lienz e Spittal am der Drau, ma una interruzione stradale, dovuta ad una frana imprevista, ha costretto il gruppo ad una deviazione nei boschi, ove sembrava ci si potesse smarrire da un momento all’altro, ma la 356 Pre A da 130 CV ha sentito il richiamo di casa e di li a poco ci siamo trovati nella piazza principale di Gmünd davanti al Gasthof Kohlmayr. La cena conviviale, a cui hanno partecipato anche i titolari Eccel e Dalceggio, ha visto la premiazione e la menzione dello Staff e dei coadiutori, tra cui Fritz Ladurner, del gruppo Sud Tirolese presente a bordo di Kübelwagen e due Pretzel Käfer ex militari.

Samba_Summit_013_005La domenica (6 ottobre) è stata dedicata a tre momenti di particolare emozione per i partecipanti . Inizialmente la visita al “Porsche Automuseum Helmut Pfeifhofer”, situato nei pressi della ex segheria in cui Ferry Porsche iniziò a costruire le sue automobili tra il 1944 e 1949. Il Signor Pfeifhofer, Direttore e Curatore del Porsche Museum in Gmünd, ha accolto con entusiasmo il gruppo, circa 70 persone ed ha dichiarato che “mai un Club di appassionati è stato più gradito e meglio rappresentato”. Tra i rari cimeli custoditi nelle strutture del graziosissimo e ricchissimo museo, anche la scocca n° 20 della 356 conosciuta come Superleggera, perché costruita in alluminio battuto a mano su matrice in legno (mascherone) sotto la scrupolosa supervisione di mastro Weber. Ci si è quindi trasferiti presso la prima struttura produttiva, tutta in legno per passare più inosservata nei terribili anni alla fine del 2° Conflitto Mondiale. A questo punto il rally stava per giungere al suo culmine, un evento che da anni Marzio Cavazzuti aveva nel cuore di realizzare : nel settantacinquennale del valico del Katschberg a mt. 1641 s.l.m. luogo dalla magica atmosfera ove le “creature” di Ferdinand Porsche fecero i loro primi chilometri di collaudo: riportando questo straordinario museo viaggiante a ripercorrere il medesimo tragitto. Il sole ha accompagnato gli intrepidi temerari in questa “impresa”. All’inizio il percorso sembrava lieve, quasi troppo facile: forse l’aria frizzante alpestre della Carinzia fa percorrere la salita anche in quarta velocità… Poi d’improvviso una pendenza non dichiarata, ma presumibilmente del 15 – 16%, mette mezzi e piloti alla prova… Si scalano le marce fino alla prima, l’arrampicata sembra ardua, ma alla fine i “boxer” arrivano, come i loro progenitori al Passo Katschberg dove il Presidente del Club Volkswagen Italia consegna con soddisfazione un attestato di partecipazione , proprio nel medesimo punto ove 75 anni fa vennero fotografati i primi prototipi di quello che sarebbe diventato il mito della storia dell’automobile: il Maggiolino Volkswagen.

Samba_Summit_013_003Unitamente ai timbri di verifica e percorso, il diploma certificherà la presenza attiva dell’equipaggio a questo entusiasmante rally rievocativo. Dopo una pausa per i mezzi, gustato un sano filetto e brindato con una buona birra, è tempo di rientrare. A seconda delle distanze saranno svariate centinaia di km che si dovranno ancora fare prima di un meritato riposo. Ma l’entusiasmo che ha generato rivivere l’atmosfera di questi luoghi storici e allo stesso tempo fiabeschi, ha dato a tutti la giusta carica per questo ultimo sforzo. Grazie a Marzio Cavazzuti, al Club Volkswagen Italia, ad Auto Brenner e a tutta la complessa ed articolata macchina organizzativa che ha coinvolto Comuni, Forze dell’Ordine e naturalmente decine di persone appartenenti a Volkswagen Group Italia e Volkswagen Financial Services e naturalmente anche agli Sponsor e Patrocinatori (Associazione Amatori Veicoli Storici ), i quali con il loro contributo hanno reso possibile la realizzazione di questo evento da sogno ambientato in terre di straordinaria bellezza e intrise di Storia, anche automobilistica.

6° Rally Test Brondello 2013

6° Rally Test: Una giornata intensa sui tornanti di Brondello

Pienone su strada, pienone nella palestra dove si è svolto il pranzo campagnolo. L’appuntamento agostano dello Sport Rally Team di Carmagnola ha riscosso il consueto successo grazie ad una organizzazione perfetta, simile se non uguale a quella che contraddistingue le prove di un rally. Grande collaborazione da parte dell’amministrazione di Brondello, con il sindaco Dora Perotto che ha indossato il casco per vivere l’emozione di un passaggio con il concittadino Massimo Arnaudo, che ha istituito un servizio di navetta da Pagno, dove erano i parcheggi, alla prova speciale; della Pro-Loco, che ha servito oltre 300 pasti a pranzo, della locale AIB, che ha ripulito piazzole e sentieri per accogliere il pubblico. Ma il grande spettacolo lo hanno dato loro, i piloti impegnati sui quattro tornanti della manifestazione, che pur essendo impegnati in un lavoro certosino di affinamento delle loro vetture, non hanno certo lesinato il freno a mano per dare spettacolo.

Brondello_2013_008Brondello_2013_011

BRONDELLO (CN) – Storiche e moderne, elettroniche WRC e piccole FN2, sempreverdi Clio Williams e futuribili Gruppi R. Questo il parco macchine della 6a edizione del Rally Test, che dopo due anni di assenza è tornato a richiamare piloti ed appassionati sulle strade delle prove speciali della provincia di Cuneo. E se è vero che nella vita bisogna continuamente cambiare per andare avanti, il Rally Test, organizzato dalla squadra dello Sport Rally Team di Carmagnola guidato da Piero Capello, ha cambiato il minimo indispensabile per ottenere l’ennesimo successo che aveva contraddistinto le precedenti edizioni. Anticipata la data da Ferragosto alla prima domenica di agosto, lasciando così ampia possibilità di andare in ferie (per chi è riuscito a racimolare ancora i soldi sufficienti) senza perciò farsi odiare da mogli, fidanzate, compagne e famiglie, trasferimento di pochi chilometri da Montemale a Brondello, piccolo paesino del saluzzese che per un giorno si è vestita a festa e si è idealmente gemellata con una delle mete sacre del rallismo, Jyväskylä, molte migliaia di chilometri più a nord, lassù al centro della Finlandia, che in contemporanea con il test di Brondello viveva la sua ennesima edizione del Mille Laghi (anche loro hanno cambiato nel corso degli anni qualcosa chiamandolo meno romanticamente Neste Oil Rally).

Brondello_2013_010E che fosse rally vero lo si è capito ancora prima di accendere i motori, quando il carro attrezzi si è posizionato sul luogo dello start della PS, subito dietro alla tecnologica ambulanza di rianimazione con medico specializzato a bordo. I 21 commissari di percorso dell’Associazione Ufficiali di Gara “La Grandaha preso posizione sui quattro chilometri di tornanti che salgono su verso la Cappelletta di Madonna delle Grazie fermandosi prima di tuffarsi verso Isasca. Alle sette del mattino i van assistenza si sono schierati nelle poche aree sufficientemente grandi di Brondello in grado di accogliere questi bisonti dei rally, i meccanici hanno cominciato a lavorare sulle vetture, mentre i primi appassionati cominciavano a scalare i tornanti già presidiati dai commissari di percorso dell’Associazione Ufficiali “La Grandache fa capo all’ACI Cuneo erano già pronti a smistare il traffico particolarmente ordinato e pronto a godersi una vera giornata di rally.

Brondello_2013_009Alle 9,00 di domenica 4 agosto, puntuale come solo i rally sanno essere è scattato il semaforo verde scatenando i concorrenti sulla prova speciale che per un giorno prova speciale non è, mentre la navetta del Comune di Brondello provvedeva a trasportare gli appassionati che avevano lasciato la loro vettura nella vicina Pagno, quattro chilometri di distanza, fino all’inizio della prova. Anche se vi erano equipaggi provenienti da Bergamo, Como, Piacenza a farla da padrone sono stati i cuneesi ansiosi di preparare a punti i loro mezzi in vista della gara clou della stagione, il Valli Cuneesi del 5, 6, 7 settembre. A cominciare da Alessandro Gino-Marco Ravera, che hanno assaggiato la Ford Focus WRC della Errepi per loro assolutamente nuova, con guideranno l’assalto degli equipaggi della Granda al Valli Cuneesi, una vettura portata al successo nel Trofeo Rally Asfalto del 2010 da Luca Pedersoli ed usata recentemente a Bergamo da Corrado Fontana. Per seguire con gli storici Elio Tortone che ha portato la splendida Mitsubishi Lancer EVO VI portata in gara negli anni Novanta dal quattro volte campione del mondo rally Tommy Makinen, a Dario Trucco, che ha rispolverato la Simca Rallye 2 con cui fece faville in giro per l’Italia (ed al 100mila Trabucchi di Saluzzo) ad inizio anni Settanta. Per proseguire con il saluzzese Enrico Brazzoli, molto determinato nei test della Lancia 037 con cui darà l’assalto alla corona europea al prossimo Rally Alpi Orientali di Udine di fine mese, prima di cercare di presentarsi al via del Valli Cuneesi della settimana successiva, a Gianfranco Conti, sempre re dello spettacolo con la sua Lancia Delta, alla lady di Revello Laura Galliano, affiancata dalla navigatrice di Gallo d’Alba Elisa Servetti, che ha rispolverato la sua Peugeot 205 Rallye preparandosi a far vedere i sorci verdi ai maschietti in occasione del prossimo Valli Cuneesi, per concludere con il “baby driver” di Lagnasco Gianmaria Melifiori, che dopo aver dimostrato tutto il suo potenziale con la Saxo Kit ha lungamente testato la Citroën DS3 R3T che dovrebbe rappresentare la prossima tappa importante della sua carriera, per continuare con Bruno Godino e Massimo Paire che affilano le unghie sui tornanti di Brondello in attesa di scatenarsi sulle strade di casa al prossimo Valli Cuneesi e Pietra di Bagnolo con la Clio Williams FA7 di Decadenti.

Brondello_2013_003Da fuori provincia il carmagnolese Gianfranco Vedelago, che ancora una volta ha messo alla frusta la sua Mitsubishi Lancer EVO IX curata dalla EVO Motorsport, mandando in visibilio gli spettatori assiepati sui tornanti, per proseguire con il comasco Felice Re che ha portato a Brondello la vettura attualmente al top prestazionale nel mondo dei rally, ovvero la Citroën C4 WRC della D-Max Racing, il lariano Marco Asnaghi, che deve assolutamente fare risultato al prossimo Valli Cuneesi con la sua Renault Clio R3, e la pattuglia bergamasca formata da uno dei piloti più spettacolari della serie IRC di cui fa parte il Valli Cuneesi, ovvero Stefano Capelli con la Peugeot 207 S2000 che si è alternato alla guida con il velocissimo ventunenne piacentino Gioel Maria Bertuzzi (per una giornata lasciato solo dal suo abituale navigatore Elio Tirone con cui affronterà i prossimi Rally del Giarolo di agosto e di Sanremo ad ottobre), Giancarlo Terzi da Curno, che ha scoperto le bellezze (e l’enogastronomia) delle valli cuneesi e potrebbe tornare in ottobre in occasione del prossimo Rally della Pietra di Bagnolo e non solo per correre”. La splendida giornata si è conclusa con il sindaco di Brondello, Dora Perotto, che è salita coraggiosamente a fianco del concittadino Massimo Arnaudo (uno dei più attivi promotori della manifestazione) provando il brivido degli otto chilometri fra salita e discesa sulla Peugeot 106 FA6. Terminato il test la first lady ha dichiarato onestamente: “guidare così veloce? Non ci riuscirei, però spiegatemi come si fa a leggere le note e cosa deve fare un navigatore….”. Che la posizione sul sedile di destra di Ivan Giordanino da Pagno, abituale navigatore di Arnaudo sia a rischio?

Brondello_2013_004Alla fine della giornata tutti soddisfatti, anche il solitamente incontentabile Piero Capello: “Numericamente la manifestazione è stata un successo in quanto abbiamo raggiunto il tetto massimo di partecipanti, per evitare ai piloti lunghe attese prima di poter affrontare il percorso” ha commentato Pierluigi Capello, proseguendo con una punta di rammarico “abbiamo dovuto respingere le richieste di una decina di altri piloti che avrebbero voluto portare la loro vettura sui tornanti di Brondello”. Grazie ai commissari di percorso della dell’Associazione Ufficiali “La Grandache hanno gestito la situazione in modo ottimale sul percorso ed ai volontari dell’AIB, che hanno preparato prima del test i punti più spettacolari per il pubblico ed i sentieri che ne permettevano il facile accesso, la giornata è scivolata via senza la minima interruzione consentendo ai piloti di effettuare i loro test alla ricerca di un assetto ottimale per la loro vettura ed al pubblico di godersi lo spettacolo E che fosse lavoro serio lo dimostrano le parole di Enrico Brazzoli che racconta: “Abbiamo percorso circa 60 km con la nostra Lancia Rallye con cui affronteremo il prossimo Alpi Orientali Storico” afferma il pilota saluzzese scendendo tutto sudato dalla 037. “Abbiamo ottenuto ottimi riscontri che ci rendono ottimisti per la gara friulana. Ora lasciamo il campo, perché non abbiamo più nulla da sperimentare soprattutto dovremmo montare quattro gomme nuove” conclude Brazzoli quando però manca solo un’oretta alla fine dei test.

Brondello_2013_005Giornata intensa per Gianmaria Melifiori che assaggia per la prima volta la Citroën DS3 R3T della OVS che rappresenta lo sguardo sul suo futuro rallistico. Al suo fianco si sono alternati il tutor di sempre, Mario Trolese, in mattinata, ed il suo navigatore abituale Enrico Ghietti. “Non ho mai guidato la DS3, né una macchina da rally con il turbo. Questa tecnologia rappresenta il futuro dei rally, perciò voglio cominciare a prendere il massimo della confidenza con questa tecnologia” diceva al mattino la saetta di Lagnasco, mentre a fine giornata non scioglieva le riserve ma era decisamente soddisfatto. “Adesso debbo decidere se sacrificare il finale di stagione 2013 e fare qualche gara con la DS3, oppure continuare con la Saxo VTS. La Coppa Italia è ormai compromessa, ma ho ancora ottime possibilità di ben figurare nel Campionato Piemonte Valle d’Aosta Rallies di Classe A6 e negli Under 23. Decideremo nelle prossime settimane” dice continuando ad accarezzare la DS3 R3T che ha consentito a xxxx Botta di conquistare la vittoria fra gli Under nel Trofeo Citroën 2011, per poi “migrare”, sempre sotto la direzione tecnica OVS di Gianni Savio, in Svizzera nel 2012. Per Gianfranco Vedelago il test di Brondello ha rappresentato una domenica felice al volante della sua amata Mitsubishi Lancer EVO IX, una sgroppata tutta di traverso con il suo navigatore Corrado Courthoud e, soprattutto, il ritorno sul sedile di destra dopo oltre vent’anni di Gianluca Marchisio che ha condiviso le avventure più belle e spettacolari del carmagnolese dai tempi della Ritmo 130 Gruppo A fino alla Delta 16 V, “quella senza flangia che sbatteva giù tutti i cavalli sull’asfalto”. Assaggio della nuovissima Peugeot 208 R2B by Miele, arrivata in officina a Chiusa Pesio solo il mercoledì precedente al test, per il cebano Enzo Magliano, figlio d’arte di 23 anni, che ha lavorato sodo tutto il giorno per potersi presentare al via nelle migliori condizioni al Valli Cuneesi di settembre, evento che rappresenterebbe la sua quinta uscita nel mondo dei rally. La giornata è filata liscia per tutti gli equipaggi, che hanno svolto il loro lavoro effettuando mediamente quasi una decina di salita. “Lavorando sull’assetto e sulla pressione delle gomme siamo riusciti a togliere parecchio ad ogni salita, scoprendo via via quelli che potrebbero essere gli assetti giusti per il Valli Cuneesi”, commenta Felice Re, informandosi contemporaneamente quando aprissero le iscrizioni alla gara. Piccoli problemi di differenziale, prontamente risolti, hanno afflitto la Focus WRC di Gino-Ravera, che dopo l’intervento dei meccanici della Roger-Tuning hanno potuto continuare ad inanellare chilometri dietro chilometri, mentre Gianpaolo Merlo, affiancato da Roberta Passone (che si è divisa fra il sedile di destra del biellese e quello della 207 S2000 di Gioel Bertuzzi) alla sua prima esperienza con una Mitsubishi Lancer EVO IX (e con una quattro ruote motrici) ha avuto problemi differenziale in mattinata subito risolti dal team della Chiavenuto Corse.

Brondello_2013_002Brondello Rally Test, bene su tutti i fronti – Successo in strada, successo a tavola. Sono soddisfatti il sindaco di Brondello, Dora Perotto, e Massimo Arnaudo, vero factotum della manifestazione per il successo ottenuto dal Brondello Rally Test. Una vera folla si è riversata sulla prova speciale, per poi invadere il locale ristorante, situato poche decine di metri dalla partenza, e la palestra dove la Pro-Loco di Brondello ha allestito il pranzo con il menù sfizioso contadino preparato dai cuochi della locale Pro Loco, che ha portato sulle panche oltre 300 persone. “Il pranzo è stato un successo anche se tutti sono stati molto attenti a quanto mangiavano e soprattutto per quanto bevevano. Infatti per 300 coperti sono bastate 24 bottiglie di vino, appena una ogni dodici persone, mentre le bottiglie d’acqua sono andate via in quantità industriale” commentano gli chef della locale Pro-Loco. Diverso il discorso per la sera. Appena spenti i motori è cominciata la “Festa della Birra, che ha innaffiato costine e salsicce alla brace servite sempre dalla Pro-Loco, con colonna sonora del DJ Sekko, terminando così in allegria una giornata vissuta intensamente.

Brondello_2013_007Oggi sindaco, domani rallista? – Dora Perotto non si è fatta pregare più di tanto, forse addirittura per niente, per salire sulla Peugeot 106 Rallye FA6 di Massimo Arnaudo. Come per alcuni altri fortunati passeggeri il test di Brondello è stato per lei il battesimo del fuoco fatto di tornanti percorsi in freno a mano e staccate al limite del brivido. Dora, 35 anni, di professione assicuratrice, è da quasi dieci anni il primo cittadino di Brondello ed è stata parte decisamente attiva per portare nella cittadina saluzzese il Rally Test ed il prossimo Rally delle Valli Cuneesi. “Noi di Brondello il rally lo abbiamo nel sangue e siamo decisamente soddisfatti della manifestazione odierna” commentava al termine del salita-discesa effettuata a fianco del concittadino Massimo Arnaudo. “Di queste manifestazioni ce ne vorrebbe una ogni due mesi” commenta facendo sbiancare Piero Capello “perché portano movimento nella nostra valle e affari alle nostre attività commerciali” dice togliendosi il casco ed anche idealmente l’abito istituzionale di primo cittadino. “Personalmente mi sono divertita moltissimo, ed è stata una grande emozione salire su una macchina da rally con Massimo, un’esperienza che non avevo mai vissuto. Da quando il Valli Cuneesi è tornato sulla prova di Brondello, il giorno della gara salgo con gli amici alla Cappella di Madonna delle Grazie per assistere al passaggio delle vetture ma sopratutto per fare il tifo per quel paio di equipaggi di Brondello che si iscrivono alla gara. Anche quest’anno sarò lì a cercare di spingere i nostri ragazzi”. Dopo nove anni di Dora Perotto come primo cittadino, Brondello, 290 abitanti, 467 metri sul livello del mare, si prepara il prossimo anno ad eleggere un nuovo sindaco. “Dopo due mandati, per legge, non posso più candidarmi. Ma stiamo lavorando sodo per dare a Brondello una continuità in tutti i campi. Rally compreso” commenta Dora Perotto che nel frattempo ci ha preso gusto al ruolo di navigatrice. “Non credo riuscirei a guidare veloce come Massimo, ma stare di fianco mi è piaciuto molto” prosegue informandosi sui compiti del navigatore e cercando di capire come funzionano i quaderni delle note e le altre incombenze di chi siede sul sedile di destra. Che la simpatica Dora stia preparando un golpe per impossessarsi del sedile di Ivan Giordanino da Pagno, per formare con Massimo Arnaudo un equipaggio tutto di Brondello?