Il Croatia Rally visto con gli occhi del reporter

Di Gabriele Valinotti

ZAGABRIA (Croazia), 25 aprile – Il Croatia Rally è una gara di lunga tradizione che con nomi diversi si disputa dagli anni Ottanta nei dintorni di Zagabria. Entrato nel mondiale quest’anno in sostituzione di Corsica e Germania, ero curioso di vedere come sarebbe stata la gara. Questo era il mio settimo appuntamento ufficiale con i rally del mondiale, avendo seguito in passato Corsica e Montecarlo ed è stata una gara bellissima e affascinante, ricca di colpi di scena (e anche colpi di carrozzeria) vinta solo all’ultima speciale dal francese Sébastien Ogier a oltre 105 km/h di media. Come sempre nel mondiale tanto impegno e poco riposo; essendo una gara nuova mai vista da me sono arrivato a Zagabria lunedì mattina, 19 aprile per effettuare le ricognizioni delle prove speciali e scoprire i punti fotograficamente più interessanti. Il percorso nei boschi attorno alla capitale croata ai confini con la Slovenia, rigidamente presidiati da reti e filo spinato, era velocissimo, ricco di salti e curve insidiose. Affascinante, ma difficilmente fotografabile. Perché oltre a cercare il punto spettacolare è necessario riuscire a mettersi in sicurezza per non essere coinvolti in incidenti. La tecnologia attuale consente di realizzare le immagini in remoto, ovvero con il fotografo non fisicamente attaccato al corpo macchina, ma a distanza di sicurezza. È necessario, però, effettuare un ulteriore lavoro di programmazione dei tempi di esposizione e della messa a fuoco, prima del passaggio delle macchine. E cercare un punto rischioso sì (per la macchina), ma non troppo. Se una vettura del rally te la centra sono sempre migliaia di euro distrutti.

Finalmente comincia la gara. Sveglia alle cinque del mattino per essere in prova speciale un’ora e mezza prima del passaggio delle vetture (senza il “tabbard” – la pettorina distribuita dalla Federazione si dovrebbe arrivare ben prima) per potersi posizionare. E si rimane lì a scattare fino al passaggio della “vettura scopa” che segue l’ultimo equipaggio in gara. Le strade di accesso ai punti spettacolari del Croatia Rally sono poche e difficilmente raggiungibili, quindi tanto vale rimanere sul posto e godersi lo spettacolo fino alla fine. Oltre a scattare in remoto si scatta anche con un’altra macchina, scegliendo di cambiare inquadratura fra un passaggio e l’altro. Si fa comunella con gli altri fotografi (quelli che frequentano assiduamente il mondiale sono una comunità ristretta e compatta) con i commissari di percorso e anche magari con il pubblico (pochi parlano inglese, tutti il tedesco, nessuno l’italiano). In Croatia la situazione è strana, perché la gara è virtualmente a porte chiuse, ma non c’è lock down, quindi tutti in giro a vedere le gesta dei big del mondiale. Se da un lato allarga il cuore vedere nuovamente un rally con il pubblico, cosa che non si vedeva da due anni, dall’altra preoccupa un po’ questa mancanza di sensibilità verso l’emergenza sanitaria. A vedere la Power Stage finale ci saranno state 10.000 persone, e abbiamo impiegato oltre due ore a lasciare la nostra postazione, cosa che nei nostri rally non capita da anni.

Ma in Croatia la passione è ancora tanta e viva.

I giorni di gara sono talmente pieni che non ci si accorge di aver lasciato l’albergo il mattino presto e di esserci tornati che sono le otto di sera. E non è che in quel momento la si possa prendere con calma. Doccia veloce e poi via a cena in albergo (i ristoranti sono pochini i bar molti) perché alle 22 scatta il coprifuoco e viene fatto rispettare seriamente e dalle 21 i ristoranti non ti servono più. Quindi cena veloce e poi via in camera a elaborare il lavoro svolto in giornata, inviarlo ai giornali e pubblicarlo sui media. E crollare nel letto che la sveglia torna a suonare e si riparte. L’avventura continua.