Rallisti ai tempi del Coronavirus. Piero Bosco racconta i suoi primi quarant’anni nel motorsport

Ha staccato la licenza ininterrottamente per quarantadue anni. È stato il punto di riferimento per chi voleva (e vuole) una tuta o un roll-bar, il torinese sognava di diventare un mediano della Juventus, prima di essere coinvolto nel giro dei rally dagli amici. Dopo l’esordio in gara come navigatore, quindi come pilota, un incontro con Patrizio Giacone lo porta in Sparco, inizio di una carriera lavorativa durata trentacinque anni. Testi di Tommaso M. Valinotti, immagini di Elio Magnano  (www.fotomagnano.com)

VINOVO (TO) – Quarant’anni, o anche più, nel Motorsport, sono un curriculum che fa impressione. Piero Bosco ha potuto festeggiare questo traguardo un paio di stagioni fa, avendo infilato per la prima volta il casco in testa in occasione del Rally Valli Pinerolesi del 16-17 giugno 1978. Una gara parecchio blasonata, visto che a vincere furono “Tony”-Bruno Scabini, su 131 Abarth, pilota che l’anno successivo avrebbe vinto il Rallye Sanremo iridato. E al via c’erano fior fiore di vetture a cominciare da quattro 131 Abarth, la nuova arma dello Scorpione, sette Lancia Stratos, una decina di Porsche, numerose Opel Kadett GT/E e un centinaio di concorrenti.

Il giovane Piero Bosco si sedette sul sedile di destra dell’amico Mario Damilano su una Fiat 127, 900 di cilindrata, e partirono all’avventura. “Non riuscimmo a vedere la fine perché si ruppe l’alternatore, ma ormai ero entrato nel giro”.

A differenza della maggior parte dei rallisti Piero Bosco non è nato con il sacro fuoco del controsterzo nelle vene. “Da ragazzino giocavo a pallone. Ero nella squadra del Bacigaluppo, che all’epoca orbitava nell’orbita della Juventus, ed ero un buon mediano. Ma anche nel calcio ci vogliono le spinte giuste e quel colpo di fortuna per arrivare ai vertici” afferma oggi Piero Bosco, che di calcio è ancora appassionato “anche se la maggior parte dei rallisti vede il gioco del pallone come il fumo negli occhi”.

Nella vita sono sempre le buone frequentazioni che fanno compiere il salto di qualità e fra gli amici del giovane torinese c’era (e c’è ancora) Massimo Nicoletti, che invece il sacro fuoco dei rally lo aveva eccome, che periodicamente coinvolgeva l’amico nella sua passione motoristica. Dopo quella prima avventura rallistica pinerolese come navigatore, Piero Bosco affianca altri piloti, quali Celeste Papinutto che gareggia con una Golf GTI, fino a quando racimola i fondi per acquistare una A112 Abarth, allora il non plus ultra per chi desiderasse iniziare a correre, e nel 1982 si schiera al via del Rally Team ‘971 del 1982 affiancato dalla giovane e promettente navigatrice Luisa Raimondi che nel futuro, oltre a navigarlo per moltissime gare, ne diventerà la moglie.

La vettura, come si usava allora, era di sua proprietà e Piero Bosco ne curava in prima persona la preparazione. “Andai in Sparco e comprai un roll-bar posteriore ad arco, perché allora non era obbligatorio quello a gabbia. Terminata la gara lo smontavo, staccavo gli adesivi, davo una pulita alla carrozzeria e tornavo a casa come avessi trascorso un tranquillo fine settimana a fare delle scampagnate” afferma oggi Piero Bosco.

Che oltre a montare il roll-bar si occupa di collegare anche due fari Megalux di profondità, visto che il rally si svolge in una gelida notte invernale di febbraio nelle colline chieresi. “Il lavoro non fu fatto alla perfezione e appena partimmo sulla mitica Panoramica si spensero, lasciandoci con i soli fari in dotazione di serie alla vettura. Io e Luisa non ci scoraggiammo e continuammo a spingere, al punto che al Bivio Palucco agganciammo il concorrente che ci partiva davanti che ci illuminò la strada per un bel tratto”.

Nonostante la disavventura l’esordio è decisamente positivo e Bosco-Raimondi concludono la loro gara secondi Classe N2 ad appena 6” dal vincitore. Ci fu gioia per la bella prestazione o rabbia per la disdetta. Ancor oggi non si sa.

Il sicuro dato di fatto è che Bosco che è talmente innamorato della sua A112 Abarth che la vettura non ha mai cambiato proprietario e ancora oggi è ben custodita nel suo garage.

Nel frattempo Piero Bosco trova un posto di lavoro nel Centro Europeo dell’HiFi di Stievani in Via Cernaia, in centro a Torino. “L’HiFi era l’altra mia passione e quel lavoro mi piaceva. Un giorno entrò in negozio Patrizio Giacone, che si occupava di vendite per la Sparco. Ci conoscevamo perché da loro avevo acquistato il roll-bar, il kit per allestire la vettura, e tutto il materiale occorrente per la preparazione della mia A112 Abarth. Mi propose di occuparmi delle vendite da loro, visto che l’azienda era in crescita e lui non ce l’avrebbe fatta a seguire le vendite Italia e quelle estere” ricorda oggi Piero Bosco.

Fu la rivoluzione lavorativa della sua vita.

Feci un colloquio con Nello Parisi ed Enrico Glorioso, i padroni della Sparcoallora si definivano così “e venni assunto. La Sparco era una piccola realtà, molto dinamica e in forte crescita. Quando arrivai io eravamo in dodici persone. Oggi credo siano 450 o 500 dipendenti

Altri tempi. Piero Bosco, come tutti in ditta, deve fare di tutto, ma ciò non lo sconvolge. “Mi occupavo delle vendite Italia, il che significava non solo seguire i clienti, ma anche fare anche i pacchi per le spedizioni ai clienti e ai nostri rivenditori. Mi sembrava naturale per il mio compito”.

La carriera di Piero Bosco nelle aziende di abbigliamento e accessori corse è durata da allora sino a pochi giorni fa, con il passaggio in diversi marchi del settore. Dopo quindici anni in Sparco ha trascorso un lustro in Momo, altri cinque anni in Motorquality, prima di tornare in Sparco e chiudere la sua carriera recentemente in HRX.

Attualmente mi definisco un libero professionista perché questa attività te la porti dietro fino alla tomba. Gli amici si fidano della mia persona e continuano a telefonarmi. Sovente è più semplice risolvere il loro problema e reperire ciò di cui hanno bisogno che spiegare loro che cosa devono fare”.

In quarantadue anni Piero Bosco ha sempre rinnovato la licenza e lo ha fatto anche in questo 2020.

La vettura cui sono più affezionato è l’A112 Abarth con la quale ho disputato almeno ottanta gare, fra le quali il Grappolo del 1982 nel quale ci siamo scannati a tal punto in Classe N2 che alla fine abbiamo vinto il Gruppo N arrivando ben in alto nella classifica assoluta. Ma mi sono divertito parecchio anche come navigatore dettando le note a Nicoletti, Papinutto e Damilano. Allora si correva con un altro spirito e già prendere il via della gara era una gran festa. Ricordo che a una gara Damilano mi disse che aveva comprato delle gomme P3/70 intermedie e ci sembrava di essere dei professionisti”.

I trentacinque anni di attività nel motorsport permettono a Piero Bosco di essere ottimo testimone dell’evolversi del mondo delle corse: “Negli anni Ottanta il divario fra i big e i piloti delle piccoline era inferiore. Correre costava già allora, ma meno di oggi. Le gomme erano prestazionali, ma costavano decisamente meno e permettevano di essere competitivi per più gare. Ultimamente c’è stato un deciso salto al rialzo dei costi con l’introduzione del Gruppo R che ha ulteriormente fatto salire le spese. Per questo motivo ho acquistato una Renault 5 GT Turbo per ritornare nelle storiche. L’ambiente delle moderne a volte vede protagonisti dei personaggi che si sentono dei campioni, quando fondamentalmente si corre tutti per divertirsi. Lo spirito di allora era che ci si faceva assistenza da soli. Io mi ero allenato in cortile a cambiare velocemente il supporto motore che era fragile, perché se si rompeva in gara ero in grado di sostituirlo rapidamente senza dovermi ritirare. Come dicevo mi sono divertito con l’A112 Abarth. Andavo alle gare con dentro il baule le gomme di scorta. Ma si andava a correre anche in Francia, magari facendo delle spedizioni fra amici, pronti a scannarsi in prova speciale, ma a fare la trasferta tutti insieme, in fila, uno dietro l’altro. In questo modo ho disputato numerose volte l’Antibes, il Rallye du Mont Blanc, il Jean Behra, magari organizzando la spedizione con Paolo Rodani e Riccardo Ala per poi fare festa tutti insieme”.

Piero Bosco ci pensa su un attimo e conclude;

Nel passato mi sono divertito parecchio. Però ho tutta l’intenzione di continuare a divertirmi, correndo con la mia Renault 5 GT Turbo che ho rialzato a puntino nel corso dell’inverno e senza il Coronavirus ero pronto a gettarmi in nuove avventure rallistiche”.