Buon compleanno ALFA Romeo

Di Tommaso M. Valinotti

ARESE (MI), 24 giugno – Era venerdì 24 novembre 1910 quando venne fondata l’A.L.F.A. acronimo di Anonima Lombarda Fabbrica Automobili, che nel 1918, con l’ingresso nella proprietà dell’ingegner Nicola Romeo divenne Alfa Romeo. Erede della Società Italiana Automobili Darraq, che produceva su licenza le vetture della marca francese, nello stesso 1910 lanciò sul mercato l’A.L.F.A. 24 HP progettata da Giuseppe Merosi. La crisi dovuta alla prima guerra mondiale costrinse i proprietari dell’A.L.F.A. a cedere l’azienda nel 1918 a Nicola Romeo, che nel 1915 era diventato direttore dello stabilimento del Portello. E fu estromesso nel 1925 dalla Banca Nazionale di Credito (in pratica la Banca d’Italia).

Nonostante le difficoltà finanziare l’Alfa Romeo si impose nel mondo delle competizioni, anche grazie alla P2 progettata da Vittorio Jano che nel 1925 conquistò il campionato mondiale costruttori con Antonio Ascari e Gastone Brilli Peri. Le Alfa Romeo erano le vetture preferite da Benito Mussolini; ciò fece sì che il governo acquisisse nel 1933 il controllo dell’azienda, rilevando le quote delle banche. Con Vittorio Jano alla direzione tecnica e Ugo Gobbato alla guida, l’Alfa Romeo produsse in quegli anni alcuni capolavori della storia automobilistica come la 6C 1500, la 8C 2300 e 8C 2900.

Nel corso della seconda guerra mondiale gli stabilimenti del Portello e di Pomigliano d’Arco (aperto nel 1938) furono pesantemente bombardati. Nel 1945 Giuseppe Luraghi venne chiamato a sostituire Ugo Gobbato, assassinato sul finire della guerra e l’ingegner Orazio Satta Puliga prese il posto di Vittorio Jano. Con loro alla guida l’Alfa Romeo si trasformò in azienda produttrice di vetture a più ampia diffusione come la 1900, presentata nel 1950, la Giulietta del 1955, coniugata anche in versione sprint (Bertone) e spider (Pininfarina). Nel 1962 arrivò la Giulia (anch’essa proposta in versione berlina, coupé e spider), nel 1972 l’Alfasud, prodotta a Pomigliano d’Arco, prima Alfa a trazione anteriore, mentre nello stesso anno l’Alfetta sostituiva la Giulia. Nel 1986 Romano Prodi, allora presidente dell’IRI, Istituto Ricostruzione Industriale proprietario dell’azienda, cedette l’Alfa Romeo alla Fiat. Attualmente sono nel listino Alfa Romeo sono presenti la Giulietta, la Giulia e la Stelvio.

La storia dell’Alfa Romeo nel settore competizioni è ricca di successi. Il debutto avvenne già nel 1911 con la 24 HP che partecipò alla Targa Florio, gara in cui si impose nel 1923 conquistando le prime due posizioni con Ugo Sivocci e Antonio Ascari, gara che la casa milanese vinse sei volte consecutivamente dal 1930 al 1935. Memorabili i successi alla Mille Miglia di cui vinse tutte le edizioni dal 1928 al 1938 (tranne quella del 1931) imponendosi anche in quattro edizioni consecutive della 24 Ore di Le Mans (1931-1934) con la 8C 2300.

Alla ripresa delle competizioni dopo la seconda guerra mondiale l’Alfa Romeo conquistò i primi due campionati mondiali di Formula 1 con Nino Farina 1950 e Juan Manuel Fangio (1951) prima di ritirarsi dalle competizioni. E tornare a spopolare nelle corse turismo negli anni Sessanta con la Giulia GTA e Giulia TZ. Negli anni Settanta l’Alfa Romeo iniziò a fornire i motori V8 prima e 12 cilindri boxer a varie scuderie impegnate in Formula 1, tornando nel 1979 a impegnarsi in prima persona (senza ottenere risultati di prestigio) fino al 1985, ma soprattutto si impegnò con la 33 nel campionato del mondo prototipi che vinse nel 1975 e 1976. Fra i risultati di prestigio ottenuti dall’Alfa Romeo la vittoria con i propri propulsori di dieci campionati europei di Formula 3 e il successo nel DTM del 1993 con la 155 V6 guidata da Nicola Larini.

Dal 18 dicembre 1976 è attivo il Museo Storico Alfa Romeo ad Arese che ospita circa 250 vetture e 150 propulsori.

“Storie Alfa Romeo”, decima puntata – Giulia e Stelvio racchiudono 110 anni di eccellenza italiana

Nella settimana del centodecimo anniversario si chiude la serie “Storie Alfa Romeo”, con le vetture che oggi rappresentano 110 anni di eccellenza stilistica e tecnologica Made in Italy. Giulia e Stelvio sono la massima espressione de “La meccanica delle emozioni”: un progetto che ha posto il guidatore sempre al centro, per un’esperienza di guida esaltante. L’approccio top-down ha consentito di sviluppare la gamma di Giulia e quella di Stelvio a partire dalle straordinarie versioni Quadrifoglio. Le prestazioni d’eccellenza fanno parte del DNA di entrambi i modelli che nelle versioni Quadrifoglio hanno conquistato i rispettivi record di categoria al Nürburgring.

Il primo SUV che è anche Alfa Romeo, del resto, non poteva che fregiarsi al suo esordio del titolo di SUV più veloce di sempre. Non solo record in pista: Giulia e Stelvio sono le Alfa Romeo più premiate di sempre.

Alfa Romeo torna al Nürburgring. È una di quelle giornate in cui il cielo sopra il Nordschleife sembra un fondale dipinto. Nuvole maestose si stagliano sopra la corona verde del circuito. L’aria è fresca e asciutta, ideale per mettersi al volante. A due mesi dalla presentazione, Giulia Quadrifoglio è chiamata a dimostrare le sue qualità su una pista che tante volte ha visto Alfa Romeo vincere: il “Grüne Hölle”, l’“inferno verde” del Nürburgring.

Pare che il soprannome sia stato inventato da Sir Jackie Stewart negli anni sessanta, e non potrebbe essere più appropriato. il circuito sembra disegnato dal diavolo in persona: oltre 70 curve che si avvicendano a rettilinei e saliscendi, con 300 metri di dislivelli.

Nell’area di partenza, Giulia Quadrifoglio è pronta. Non è preparata in modo speciale, non monta gomme “slick”, non ha un roll bar di sicurezza: è esattamente l’auto che chiunque potrà acquistare. Non fosse per il casco, anche il pilota – in jeans e polo – sembrerebbe un guidatore qualunque. Non ci sono luci verdi per dargli il via, né lo aspetta una bandiera a scacchi al termine del giro, ma l’adrenalina è la stessa di una gara: c’è un record da battere.

Il pilota mette l’Alfa DNA in modalità “Race” e inizia a spingere. Si rilassa 7 minuti e 32 secondi dopo. Il tempo è incredibile: ben sette secondi sotto il precedente primato del 2015.

Poco più di un anno dopo, Stelvio fa ancora meglio: al termine del giro il cronometro si ferma 8 secondi sotto il precedente primato di categoria.

Giulia e Stelvio sono la berlina e il SUV più veloci di sempre, su uno dei tracciati più difficili del mondo. Un primato difficilmente eguagliabile.

Chi è Giorgio? Siamo nel 2013 quando il nome Giorgio compare per la prima volta sulla stampa di settore: sta per nascere la nuova generazione Alfa Romeo, si legge, e Giorgio è la piattaforma su cui verrà costruita. Il tam-tam sui social è immediato. In tanti si chiedono come nasca il nome. I più romantici ipotizzano un omaggio a Tazio Giorgio Nuvolari. Altri immaginano una scelta personale di Marchionne. Nessuno comunicherà mai il vero motivo. Quel che è certo è che Giorgio sarà a trazione posteriore e integrale, e che avrà obiettivi molto ambiziosi.

L’Azienda pianifica grandi investimenti sulla piattaforma e sullo stabilimento di Cassino, destinato a ospitare la produzione dei nuovi modelli. Soprattutto, organizza le sue migliori risorse tecniche in “think thank” dedicati. Ai progettisti coinvolti chiede di lasciare da parte vecchie regole e abitudini, di pensare fuori dagli schemi, di “credere, sognare e creare”.

Chi sono gli Skunks, I team Giorgio si isolano dal resto dell’azienda per concentrarsi esclusivamente sulla nuova piattaforma. Il gergo aziendale dà loro un soprannome, che adottano con orgoglio. Per conoscere questo nome, e la sua origine, dobbiamo fare un passo indietro di settant’anni.

Clarence Leonard “Kelly” Johnson non è un progettista Alfa Romeo, ma la sua storia ci interessa lo stesso. Kelly è un ingegnere aeronautico della Lockheed Martin, e nel 1943 viene messo a capo di un progetto speciale: sviluppare da zero, in sei mesi, un caccia in grado di fare la differenza nei cieli della seconda guerra mondiale. La sfida è impossibile: ma lui accetta, con la condizione di avere carta bianca sul processo da seguire. Al termine del periodo stabilito – anzi, con una settimana di anticipo – consegna lo “XP-80 Shooting Star”, il primo caccia a reazione americano. Il suo team si chiama “Skunk Works”.

Per sé e per il resto dell’azienda, i gruppi di lavoro Giorgio diventano “gli skunks”. Anche loro partono “da foglio bianco”, hanno tempi strettissimi e un compito molto ambizioso: rimettere il guidatore al centro, offrendo un’esperienza di guida degna dei valori e della tradizione Alfa Romeo. Sul loro lavoro si fonda una nuova generazione di prodotti del Marchio.

Il lancio della Giulia al nuovo Museo Alfa Romeo. La versione che esprime al massimo le qualità della piattaforma Giorgio è la più sportiva in assoluto, la Giulia Quadrifoglio. L’azienda decide di adottare un approccio top-down, e presentarla per prima.

È un lancio molto atteso, ed è avvolto nel segreto più assoluto: non vengono mai anticipate alla stampa foto o caratteristiche tecniche. E neppure il nome.

La nuova Giulia viene rivelata al mondo il 24 giugno 2015: un giorno speciale per tanti motivi. Perché è il compleanno del Marchio, il 105esimo. Perché nasce un’auto che gli appassionati aspettavano con trepidazione. E perché Alfa Romeo torna ad avere una casa: sulle note del “Nessun dorma” di Puccini, il maestro Andrea Bocelli saluta Giulia nelle sale del rinnovato Museo Storico di Arese. Passato e futuro si incontrano.

La nuova Giulia. Gli obiettivi di prodotto sono scritti nella storia del Marchio: motori all’avanguardia e innovativi, una perfetta distribuzione dei pesi, soluzioni tecniche uniche, il miglior rapporto peso/potenza della categoria – e naturalmente un design straordinario, dall’inconfondibile impronta italiana.

I propulsori di Giulia sono tutti nuovi, e tutti interamente in alluminio. Il 6 cilindri bi-turbo benzina della Quadrifoglio eroga 510 cavalli per 600 newton/metro, valori sensazionali per una berlina media quattro porte. Masse e materiali sono progettati per garantire una perfetta distribuzione dei pesi: 50/50 tra i due assi.

Le soluzioni tecniche innovative sono moltissime: tutta la vettura è di nuovo progetto. La sospensione anteriore è a doppio quadrilatero con asse di sterzo semi-virtuale, per rendere più controllabile l’angolo di sospensione e ottenere un’aderenza a terra ottimale: i due bracci inferiori creano un movimento “a forbice” che genera un feeling lineare in tutte le condizioni con un rapporto di sterzo record (meno di 12:1). Sul retrotreno viene introdotto il nuovo schema Alfalink™, un sistema multilink a quattro bracci e mezzo: molto rigido in curva, e al tempo stesso flessibile longitudinalmente. Entrambe sono soluzioni “made in Alfa Romeo”.

Leggera e sempre sotto controllo. Per assicurare a Giulia il miglior rapporto peso/potenza, vengono utilizzati materiali ultra-leggeri in tutte le parti del veicolo: alluminio (per basamento e testa motore, componenti di carrozzeria e sospensioni); un composito di alluminio e materiale plastico (per la traversa posteriore); fibra di carbonio (per l’albero di trasmissione, il cofano, il tetto, ma anche per la struttura dei sedili anteriori). Il “body-in-white” pesa solo 322 kg. All’elettronica si chiede di aumentare sicurezza e piacere di guida, ma senza sostituirsi a chi è al volante. Per questo, il team Giorgio sviluppa sistemi specifici con una chiara connotazione Alfa Romeo: dalla trazione integrale Q4 (che interviene autonomamente solo quando serve), all’Integrated Brake System (che gestisce i dispositivi di frenata e il controllo di stabilità), dal Differenziale a Slittamento Lineare (che migliora la risposta in curva), fino al Torque Vectoring (che distribuisce in modo programmato la potenza alle ruote posteriori, migliorando la trazione e la prontezza di sterzo). A coordinare tutte le funzioni, un “supercervello” rappresentato dall’esclusivo Chassis Domain Control.

Le straordinarie doti dinamiche della vettura sono esaltate da un design teso ed essenziale – che rivela la sua italianità nell’armonia elegante dei volumi, e la sua eccellenza tecnica negli straordinari risultati aerodinamici (0,25 di Cx).

Che cosa hanno in comune Giulia e la Quadrifoglio. Per creare le loro versioni ultrasportive, quasi tutte le Case arricchiscono il modello base, spesso cambiando elementi strutturali per migliorare i pesi e le prestazioni. Queste macchine sono prodotte su linee separate, e in molti casi da fornitori terzi. Al contrario, Giulia deriva dalla Quadrifoglio – e non solo esteticamente: le due vetture condividono l’architettura, l’utilizzo di materiali leggeri, la maggior parte della meccanica, perfino la linea di montaggio di Cassino. Il risultato è unico sul mercato: ogni Giulia, a partire dalle motorizzazioni di ingresso, ha la stessa ripartizione dei pesi tra anteriore e posteriore, la stessa rigidezza torsionale, gli stessi schemi di sterzo e sospensioni del “top di gamma” sportivo.

Stelvio: la prima Alfa Romeo che è anche un SUV. La piattaforma Giorgio non nasce solo per Giulia. È venuto il momento anche per Alfa Romeo di cimentarsi nel segmento degli Utility Vehicles, il più dinamico e aperto alle novità. E nel febbraio 2017 nasce Stelvio, il primo SUV della storia del Brand. La sfida non è semplice: fare un veicolo capace di muoversi con agilità sulla neve e sugli sterrati, senza perdere nulla in termini di prestazioni, handling e controllo della strada. In altre parole: un SUV che si guida come una berlina sportiva. Rispetto a Giulia, il pavimento è più alto, con una posizione di guida più elevata. Aumenta lo spazio a disposizione di passeggeri e bagagli. È maggiore la corsa delle sospensioni, per garantire la giusta altezza da terra nei percorsi fuori asfalto. Anche la carreggiata è leggermente più ampia, per accrescere la stabilità. Ma architettura e meccanica rimangono le stesse, così come la gamma motori e i sistemi elettronici. Il risultato è una vettura che ha “un’anima Alfa Romeo in un corpo da SUV”. Una combinazione che sorprende tutti, e regala emozioni di guida uniche.

La sportività elegante. Giulia e Stelvio rappresentano l’eccellenza nei loro segmenti in termini di prestazioni e risposta dinamica. L’impianto tecnico di base è – e rimane – all’avanguardia. Perciò per il Model Year delle due vetture i progettisti Alfa Romeo spostano la loro attenzione sull’esperienza di bordo, che deve essere sempre più piacevole, sicura e connessa. Il Marchio va alla riconquista del suo tradizionale territorio: la “sportività elegante”. Un concetto che abbiamo visto ricorrere nelle storie Alfa Romeo di ogni epoca: non la “premiumness” di chi ostenta una ricchezza senz’anima – piuttosto il perfetto equilibrio tra forma, funzione e divertimento di guida. Il lancio di Giulia e Stelvio MY20 segna un altro passo in questa direzione.

Giulia e Stelvio Model Year 2020. Sulle nuove Giulia e Stelvio, le soluzioni più avanzate vengono messe al servizio del comfort e di un piacere di vivere tipicamente italiano. Gli interni delle due vetture sono ridisegnati per migliorare ancora qualità ed eleganza. La connettività diventa protagonista, grazie al sistema di infotainment con touch-screen da 8,8 pollici e una facilità d’uso da smartphone. L’offerta telematica è completata da una suite di servizi Mopar per la gestione dell’auto in remoto.  Ancora più importanti sono le novità nel campo della tecnologia di guida. I nuovi ADAS (Advanced Driving Assistance Systems) segnano il passaggio dal primo al secondo livello di autonomia: i sistemi non si limitano a informare chi è al volante, ma diventano attivi in caso di necessità, esaltando la sicurezza delle vetture.

Le Alfa Romeo più premiate di sempre. Nell’arco di cinque anni, Giulia e Stelvio diventano le Alfa Romeo più premiate di sempre: 170 riconoscimenti internazionali – assegnati da testate specializzate e media generalisti, votati da giurie di esperti o direttamente dai clienti, dedicati all’innovazione o allo stile. A partire da “Eurocarbody of the Year” 2016, dedicato al miglior progetto di architettura veicolo, per continuare con i numerosi premi per lo stile e il design. La bacheca è piena, e i premi continuano ad arrivare: come il “Performance Car of the Year 2020”, che la giuria di esperti di “What Car?” ha assegnato a Giulia Quadrifoglio per il terzo anno consecutivo, dopo averla confrontata con sportive di tutte le fasce del mercato. La motivazione è giusto motivo d’orgoglio per i progettisti Alfa Romeo: “una vettura ad alte prestazioni che si può guidare tutti i giorni”.

“Storie Alfa Romeo”, nona puntata – 8C Competizione: una supercar che omaggia la tradizione e guarda al futuro

  • Per il Marchio la 8C è un ritorno alle radici e un laboratorio per il futuro, che definisce identità, valori e riferimenti stilistici e tecnici: rapporto peso/potenza ottimale, perfetto bilanciamento, precisione di guida.
  • Il mondo dell’automobile che si appresta ad affrontare il nuovo millennio si ferma ad ammirare la nuova creazione Alfa Romeo: “Si chiama 8C, e credo sia semplicemente la più bella macchina mai costruita” è il parere eloquente di Jeremy Clarkson, sulla BBC.
  • Sintetizza quindi l’essenza di Alfa Romeo a partire dal nome che rievoca le “otto cilindri” degli anni Trenta e le “Competizione” dei Cinquanta, che trionfavano a Le Mans e alla Mille Miglia.
  • La storia del Brand diventa anche ispirazione stilistica: 8C celebra la ricchezza dei volumi, la pulizia delle linee e tutti i tratti distintivi del Marchio, arricchendosi di citazioni affascinanti.
  • Diventa poi un naturale riferimento anche per tutti i modelli a venire, anche per quelli di grande serie come MiTo e Giulietta, e ha una parente molto stretta nella 4C, una piccola supercar tecnologica e sensuale.
  • In sintesi, un successo e una pietra miliare: la 8C raccoglie 1.400 ordini da tutto il mondo in poche settimane, e i 500 esemplari numerati previsti sono già venduti prima di essere prodotti.

Tra passato e futuro. 8C Competizione: un ritorno alle radici e un laboratorio per il futuro. Arriva durante un profondo processo di revisione del mondo automotive, che si appresta ad affrontare il nuovo millennio, ed è la bandiera intorno a cui Alfa Romeo ridefinisce la propria identità e i propri valori – un riferimento stilistico e tecnico per la pianificazione prodotto del futuro.

All’inizio del 2006, Sergio Marchionne dà il via all’industrializzazione e alla produzione di serie del “concept” che tanto entusiasmo aveva suscitato al Salone di Francoforte del 2003. Il Centro Stile Alfa Romeo di Wolfgang Egger e le strutture di progettazione riescono a ridefinire il progetto in soli otto mesi. Presentata nella sua versione definitiva al Motor Show di Parigi, la 8C raccoglie 1.400 ordini da tutto il mondo in poche settimane: i 500 esemplari (numerati) previsti sono già venduti prima di essere prodotti.

L’essenza Alfa Romeo. La 8C Competizione si racconta a partire dal nome. “8C” erano le otto cilindri progettate da Vittorio Jano, che negli anni trenta vincevano sulle piste di tutto il mondo (quattro primi posti di seguito a Le Mans, e tre alla Mille Miglia). “Competizione” era il nome della 6C 2500 che Juan Manuel Fangio aveva guidato alla Mille Miglia del 1950.

Nata per sintetizzare e rilanciare l’essenza Alfa Romeo, la 8C riprende temi tecnici cari al Marchio da sempre. Come la leggerezza, esaltata dal telaio “dual frame” e dall’utilizzo di alluminio, titanio, carbonio e materiali compositi. Come il bilanciamento dei pesi tra anteriore e posteriore, ottenuto con lo schema “transaxle” (motore anteriore longitudinale e cambio al retrotreno). Come la precisione di guida, affinata con l’adozione di sospensioni a doppi bracci trasversali su entrambi gli assi.

La 8C adotta un propulsore generoso (un V8 da 4.7 litri che eroga ben 450 cavalli) – ma soprattutto segna il ritorno alla trazione posteriore, che mancava sui modelli stradali dai primi anni novanta. Il risultato è un’auto con rapporto peso/potenza ottimale, che raggiunge i 100 km/h da fermo in 4”2.

Un omaggio alla storia del car design. E poi lo stile. “Si chiama 8C, e credo sia semplicemente la più bella macchina mai costruita”: così la presenta sulla BBC il conduttore di “Top Gear”. L’ampio cofano sembra mordere l’asfalto. Il profilo è morbido e sinuoso. Un taglio orizzontale unisce i passaruota, congiungendosi con il “muscolo” del parafango posteriore. Il lunotto si lascia avvolgere dai montanti, che si estendono sul retro fino a rastremarsi nella coda.

Molti i riferimenti alla storia del Marchio. Gli “occhi” sono quelli della 33 Stradale, leggermente più alti rispetto alla linea del cofano; il retro ricorda quello della Giulietta SZ del ‘61, la prima “coda tronca” della storia dell’auto; i fari posteriori rotondi sono un omaggio alla Giulia TZ, un’altra regina delle piste. La 8C è ricca di citazioni affascinanti, e rappresenta il tributo del Centro Stile Alfa Romeo a un’intera fase storica del car design.

Tra creatività e scienza. A partire dagli anni trenta, designer e carrozzieri iniziano a migliorare la penetrazione aerodinamica, cercando così di rendere le loro vetture più competitive in gara. Prima incorporano nel profilo della carrozzeria gli elementi esterni, come parafanghi e fari; a partire da qui, sviluppano linee sempre più morbide, raccordate e filanti.

È una sfida che stimola la fantasia dei grandi stilisti – convinti, come sono, che tutto quanto è bello abbia anche il dovere di essere efficiente. Liberando la loro creatività, realizzano in questo arco di tempo alcune delle più belle (e vincenti) macchine di sempre. E molte sono Alfa Romeo.

La 8C Competizione prende le auto di questo periodo come riferimento, e le celebra con la ricchezza dei volumi, la pulizia delle linee e la particolare evidenza data ai tratti distintivi del Marchio.

Il trilobo Alfa Romeo. Un’Alfa Romeo in vista frontale è inconfondibile: tutti riconoscono immediatamente lo scudo centrale con due prese d’aria orizzontali ai lati. Questa combinazione (forse il “volto” più famoso nel mondo dell’auto) si chiama “trilobo”, e nasce negli anni trenta.

Prima di allora, c’era poco spazio per lo stile: il “muso” delle auto era costituito dal radiatore affiancato dai gruppi ottici, e (talvolta) protetto con una grata dalla ghiaia delle strade. Ma non appena le forme iniziano a ingentilirsi, compare lo scudo Alfa Romeo – e quando diventa troppo piccolo per raffreddare motori sempre più potenti, compaiono le due prese d’aria laterali, che fin da subito gli appassionati ribattezzano “baffi”.

Il trilobo, prima semplicemente abbozzato, viene adottato ufficialmente come simbolo del Marchio a partire dalla 6C 2500 Freccia d’Oro. Come tutti i simboli, si evolve con il tempo, i gusti e le mode – ma resta unico e inconfondibile. È sinuoso e imponente sulla 1900, più sottile su Giulietta. È aerodinamico e teso su Giulia, spigoloso e quasi perfettamente equilatero negli anni settanta e ottanta. È minimalista e stilizzato negli anni novanta, ma torna con la 156 e la 8C al suo naturale ruolo da protagonista, che mantiene in tutti i modelli successivi.

L’eredità della 8C Competizione. La 8C Competizione sintetizza i canoni di stile più classici di Alfa Romeo, e diventa naturale riferimento per tutti i modelli a venire, anche per quelli di grande serie come MiTo e Giulietta. Ma ha anche una parente molto stretta: la “sorella minore” 4C, una piccola supercar tecnologica e sensuale – ispirata chiaramente dalla 8C, ma senza la barriera dell’edizione limitata.

Con la 4C Alfa Romeo torna nel mercato delle sportive compatte offrendo materiali e soluzioni tecnologiche all’avanguardia, unite alla massima leggerezza e a straordinarie qualità dinamiche.

La 4C. I progettisti Alfa Romeo scelgono di non estremizzare la potenza, ma di contenere il peso: appena sopra i 1.000 chili in assetto di marcia, per un rapporto peso/potenza inferiore a 4 kg/CV. Due valori che garantiscono massima agilità e prestazioni da brivido.

Per arrivare alla leggerezza desiderata, vengono utilizzati anche elementi in poliestere e fibra di vetro. Ma il componente più innovativo è la culla del telaio, monoscocca, completamente in fibra di carbonio e realizzata con tecnologia derivata dalla Formula 1. Il materiale, composto di fibre unidirezionali, viene pre-impregnato con una resina speciale prima di essere sottoposto a una lavorazione detta “cocura”: con questo trattamento, la culla può essere realizzata in pezzo unico, senza assemblaggi, ed è in grado di svolgere perfettamente il suo compito strutturale con un peso di soli 65 chili.

Anche il motore della 4C è ultraleggero: un 1750 cc a quattro cilindri in linea, interamente in alluminio, che eroga 240 cavalli di potenza massima. Per garantire una distribuzione ottimale dei pesi è collocato in posizione trasversale posteriore. Il cambio è a doppia frizione a secco.

Gli schemi delle sospensioni sono di tipo sportivo: doppio triangolo sovrapposto anteriore, con gruppo molla-ammortizzatore fissato direttamente alla monoscocca, e una evoluzione del classico sistema McPherson sull’asse posteriore. La 4C raggiunge oltre 255 km/h di velocità massima con una accelerazione sorprendente: da 0 a 100 km/h in 4,5”

 

“Storie Alfa Romeo”, settima puntata – La rivoluzione di forme e colori: 33 Stradale, Carabo e Montreal

Ingegno e rigore, perizia e coraggio nella scelta dei materiali, uno stile che sposa innovazione tecnologica e creatività: sono gli ingredienti di progetto della Tipo 33. Il progetto è nato dallo spirito competitivo che anima ogni creazione Alfa Romeo e ha dato vita, oltre a tanti successi in gara, a due “gemelle diverse”: la 33 Stradale e la Carabo. Disegnata da Franco Scaglione, la 33 Stradale è sintesi di tutta la sua perizia tecnica e dell’audacia creativa: un capolavoro in cui l’innovazione di stile si fonde con la ricerca dell’aerodinamica e della funzionalità. Marcello Gandini per Bertone disegna invece la Carabo, che appare come l’auto del domani per i suoi tratti avveniristici e l’attenzione a colori e verniciatura: una ricerca cromatica che proseguirà con la Montreal. Ricorre quest’anno il cinquantesimo anniversario della Montreal. Presentata nel 1967 in un’insolita livrea verde, rappresentava la “Massima ispirazione dell’uomo in fatto di automobili”. 

L’auto: fotografia dell’epoca. “Occhi” per fari, “bocca” per calandra, “volto” per frontale – e, naturalmente, “corpo” vettura, con “spalle” e “fianchi” disegnati dai passaruota. Queste similitudini antropomorfe si usano anche oggi. Come nascono, e perché? Le prime vetture sono letteralmente “carrozze senza cavalli”, prive di soluzioni decorative specifiche. Dagli anni trenta i “carrozzieri” (il nome è rimasto) diventano molto bravi a lavorare il metallo: battono le lastre a mano, direttamente su un “master” in legno, dando vita ad autentici pezzi unici – con linee tondeggianti e sensuali che sembrano inseguire un ideale organico. Con l’evolversi della produzione industriale, le forme tendono invece a semplificarsi, perché le attrezzature di stampaggio dell’epoca non consentono altrettanta raffinatezza e tridimensionalità. A un certo punto, alla fine degli anni Sessanta, le due ispirazioni stilistiche si biforcano nettamente. La differenza tra “auto antropomorfa” e “auto di domani” è rappresentata in modo plastico dalla 33 Stradale e dalla Carabo – due modelli Alfa Romeo sviluppati a partire dalla stessa base tecnica.

Nate dalla stessa piattaforma. La 33 Stradale e la Carabo non potrebbero essere più diverse. L’una tutta nervi e muscoli, come un atleta ritratto nel pieno dello sforzo agonistico; l’altra tutta linee rette e angoli, tesa a cogliere l’essenza della mobilità e a proiettarla nel futuro. Molto più che due interpretazioni: due mondi diversi. La base tecnica comune di queste due vetture rappresenta la sintesi di cinquant’anni di esperienza Alfa Romeo nelle corse. Progettazione ingegnosa e rigorosa, perizia e coraggio nella scelta dei materiali, uno stile che sposa innovazione tecnologica e creatività: sono gli ingredienti di progetto della Tipo 33.

Voglia di correre. Tutto nasce dalla voglia di correre – una voglia che non si è mai spenta.

Nel 1964 il Presidente Luraghi sente che è il momento di un ritorno ufficiale. Per ricostituire la Squadra Corse acquisisce l’Autodelta, un’azienda di Udine che è già partner privilegiato per la produzione delle TZ. Con Autodelta rientra in Alfa Romeo anche Carlo Chiti, che già ha lavorato al Portello dal 1952 al 1957 e prende ora il ruolo di responsabile della scuderia ufficiale.

Nello stesso anno, parte il progetto 33. Luraghi chiede al suo team una vettura in grado di competere nelle “categorie del momento” per successo di pubblico e attenzione mediatica: il mondiale sport prototipi e le cronoscalate.

Autodelta. A metà degli anni sessanta, Autodelta si trasferisce a Settimo Milanese – più vicino allo stabilimento Alfa Romeo, ma soprattutto alla pista prove di Balocco.

Il primo telaio Tipo 33 progettato da Alfa Romeo entra nelle officine Autodelta nel 1965. È una struttura tubolare a “H”, asimmetrica, realizzata in lega di alluminio, che integra al suo interno i serbatoi  del carburante. Nella parte frontale, una struttura in magnesio sostiene in modo ottimale sospensioni anteriori, radiatori, sterzo e pedaliera. Il gruppo motore/cambio è montato longitudinalmente in posizione posteriore centrale. La carrozzeria è in fibra di vetro, e questo consente di limitare la massa totale della vettura ai 600 chili che il regolamento prevede come minimo. Ancora una volta, la leggerezza è l’arma segreta di Alfa Romeo.

La vittoria nei Campionati Mondiali Marche del 1975 e del 1977. Un progetto così ambizioso (e innovativo) ha tempi di sviluppo non brevissimi. Prima che la 33 sia pronta per le gare passano quasi due anni. Per le prime prove la vettura adotta il 4 cilindri da 1.570 cm³ della TZ2; nel frattempo viene sviluppato un propulsore interamente nuovo, con il quale si passa a una configurazione 8 cilindri a “V”, con due litri di cilindrata e 230 cavalli di potenza al debutto.

La prima 33 a correre viene subito soprannominata “Periscopica” per la presa d’aria che spunta sopra il roll-bar. Per l’esordio viene scelta la cronoscalata di Fléron, vicino a Liegi; a guidare l’auto è il capo-collaudatore dell’Autodelta, Teodoro Zeccoli. Dopo anni di preparazione meticolosa, il 12 marzo 1967 la 33 entra nel mondo delle competizioni. E vince subito.

È la prima di una lunga serie di successi sui circuiti più prestigiosi. Una cavalcata che porterà la 33 sul tetto del mondo, con le vittorie iridate nel Campionato Marche del 1975 e del 1977.

Il nobile fiorentino che voleva fare il designer. Quando Alfa Romeo decide di produrre la 33 in piccolissima serie per i privati, ha bisogno di una nuova veste che ne intepreti l’agonismo in chiave stradale. Il progetto viene affidato a Franco Scaglione.

Nato a Firenze da famiglia di antica nobiltà, Scaglione studia per diventare ingegnere aeronautico fino al momento del servizio di leva; poi parte per il fronte libico, dove verrà fatto prigioniero a Tobruk. Torna in Italia a fine 1946, deciso a non riprendere gli studi, e sceglie di diventare stilista auto: prima con Pinin Farina, poi con Bertone, poi come designer indipendente.

Scaglione mette nel progetto della 33 Stradale tutta la sua perizia tecnica e audacia creativa, creando un capolavoro in cui l’innovazione di stile si fonde con la ricerca dell’aerodinamica e della funzionalità.

La 33 Stradale. Il cofano della 33 Stradale si apre completamente per migliorare l’accesso alle parti meccaniche, e – per la prima volta su un’auto “street-legal” – le portiere sono “a elitra”, al fine di agevolare l’ingresso in una vettura alta meno di un metro. Le uniche differenze rispetto alla versione da pista sono 10 centimetri in più di passo, e telaio in acciaio invece che in alluminio. Il motore è lo stesso della Tipo 33, interamente in leghe di alluminio e magnesio, con iniezione meccanica indiretta e lubrificazione a carter secco. La distribuzione è affidata a un bialbero a camme in testa, con due valvole e due candele per cilindro. Su un auto così leggera, 230 cavalli consentono di raggiungere la velocità massima di 260 km/h, e 100 km/h da fermo in 5 secondi e mezzo.

L’anteprima a Monza. La vettura viene presentata ufficialmente al Salone di Torino del 1967, ma svelata qualche settimana prima a un pubblico appassionato e competente. È il 10 settembre 1967, e a Monza si disputa il Gran Premio d’Italia, nona prova del mondiale di Formula 1. Un GP passato alla storia per un’epica rimonta di Jim Clark su Jack Brabham – e per l’anteprima di una delle più belle auto sportive di sempre. Quando nasce, la 33 Stradale è la sportiva più costosa sul mercato, venduta a quasi 10 milioni di lire del tempo contro i 6/7 delle rivali più prestigiose. Gli esemplari realizzati con carrozzeria Scaglione sono solo 12. Chi li compra fa l’investimento della vita: oggi sono praticamente senza prezzo.

L’auto-astronave. La 33 Stradale rappresenta il culmine del concetto di “auto antropomorfa”. Ma la ricerca stilistica Alfa Romeo percorre anche altre direzioni. L’idea di un’“auto del futuro”, simile a un’astronave, si manifesta negli anni cinquanta con la “Disco Volante” disegnata da Touring: una spider frutto di avanzati studi aerodinamici, con parafanghi bombati lateralmente e raccordati al corpo vettura basso e filante.

Al Salone dell’Auto di Parigi del 1968 viene presentata una “dream car” che rappresenta l’evoluzione di questa idea estrema: è la Carabo disegnata dal trentenne Marcello Gandini per Bertone.

Gemella diversa: la Carabo. La Carabo è sviluppata sulla meccanica della 33 Stradale – utilizzata in quegli anni anche da altri designer per esercizi one-off come l’Iguana di Giorgetto Giugiaro, la 33 Coupé Speciale e la Cuneo di Pininfarina, la Navajo di Bertone. Anche l’altezza è uguale, meno di un metro, ma sono sparite completamente le linee tondeggianti: tutto nella Carabo è tagliente, dal profilo a cuneo alle porte con apertura “a forbice”. Il nome Carabo prende ispirazione dal “Carabus auratus”, un coleottero  dai colori metallici e brillanti, gli stessi che vengono proposti sulla vettura: verde luminescente con dettagli arancione. Da questo momento, Alfa Romeo inizia a rivolgere un’attenzione particolare ai colori estrosi e alle tecniche di verniciatura speciali, elementi in grado di evidenziare ancora di più l’unicità del Marchio. Una ricerca cromatica che continuerà con la Montreal.

La Montreal. Nel 1967 tutte le nazioni del mondo partecipano all’Esposizione Universale di Montreal con le loro migliori realizzazioni tecniche e scientifiche. Ad Alfa Romeo viene richiesto di creare un simbolo tecnologico per l’Expo – un modello che rappresenti “la massima aspirazione dell’uomo in fatto di automobili”. Satta Puliga e Busso chiedono la collaborazione di Bertone, e Gandini viene incaricato di disegnare la carrozzeria e gli interni. Il risultato è un grande successo. I visitatori nordamericani apprezzano moltissimo l’eleganza e i contenuti della vettura. Sull’onda del consenso di pubblico, viene sviluppata una versione di serie, presentata al Salone di Ginevra nel 1970. A differenza del concept originario, questa Montreal ha un motore V8 derivato dalla Tipo 33, portato a 2.6 litri e limitato a 200 cavalli. Il modello colpisce per la straordinaria gamma di colori, sia pastello sia metallizzati: dal verde (già usato per la show car dell’Expo) all’argento, dall’arancio dall’oro. La ricerca cromatica è una tradizione Alfa Romeo che troveremo ancora nelle prossime storie – e che continua anche oggi, con la proposta di una nuova palette di colori carrozzeria: Rosso Villa d’Este, Ocra GT Junior e Verde Montreal. Tinte ispirate ai 110 anni di vita del Marchio e dedicate ad alcuni dei suoi modelli più gloriosi.

Nuova Chevrolet Corvette Stingray: in Europa Arriveranno le versioni coupé e cabrio più potenti e accessoriate

In Italia saranno disponibili tramite il Gruppo Cavauto

Monza, 8 giugno 2020 – La nuova Corvette, la prima a motore centrale posteriore nei 67 anni di storia di

2020 Chevrolet Corvette Stingray

questa leggendaria icona americana, sarà disponibile in Italia nella seconda metà del 2021.

Il Covid-19 ha procastinato il suo arrivo in Europa, originariamente previsto entro la fine di quest’anno.

Senza ombra di dubbio la Chevrolet Corvette, giunta alla sua ottava generazione e per questo identificata con la sigla C8, è la più attesa e desiderata Stingray di sempre.  Grazie alla sua inedita configurazione meccanica, alle sue linee aerodinamiche da supercar, a una serie di dotazioni d’eccezione che rivelano una cura maniacale in ogni dettaglio,  e soprattutto agli elevati standard prestazionali e tecnologici che la pongono come nuovo riferimento del suo segmento di mercato!

Nonostante il suo marcato DNA sportivo, questa Corvette mantiene la sua riconosciuta facilità di guida nell’uso quotidiano.

Nel nostro Paese la vettura sarà acquistabile tramite i canali ufficiali, unicamente presso il Gruppo CAVAUTO:  la sola struttura in Italia ad avere il mandato di vendita per i nuovi modelli Chevrolet, Corvette, Cadillac da parte della filiale europea di Zurigo. Al Gruppo CAVAUTO possono far riferimento i rivenditori delle officine autorizzate della rete Chevrolet e le realtà aziendali che stanno aderendo alla nuova rete AMERICAN DIVISION, la branca aziendale del Gruppo CAVAUTO che tratta diverse tipologie di modelli e marchi statunitensi.

Arriveranno simultaneamente in concessionaria, sia il modello coupé che quello cabrio, proposti inizialmente nella speciale e super accessoriata versione Launch Edition.

Inoltre, per la prima volta nella storia della Corvette, sarà disponibile sul mercato europeo anche la versione con guida a destra, e questa notizia renderà felici gli appassionati inglesi!

I clienti europei di auto sportive sono molto più esigenti sia in termini di handling e dinamica di guida, che per quanto riguarda il livello delle dotazioni di serie, rispetto a quanto avviene negli Stati Uniti. Per questo, Chevrolet ha deciso che in Europa commercializzerà fin da subito la Corvette Stingray nell’allestimento più “cattivo” e completo, che comprende di serie il pacchetto Z51 Performance e quello 2LT riguardante la finiture.  In via eccezionale però, la versione Launch Edition avrà addirittura lo step 3LT, il più alto livello di personalizzazione disponibile per una Corvette, che prevede una serie di dettagli esterni e interni in carbonio che ne enfatizzano  ulteriormente la forte personalità.

Sulla Launch Edition è di serie anche il sistema di sospensioni Magnetic Ride Control, che originariamente sulla C8 per l’Europa è previsto come optional.

Il pack Z51 comprende la regolazione manuale della taratura delle sospensioni, l’impianto frenante Brembo con dischi maggiorati e prese d’aria anteriori per il raffreddamento, il differenziale elettronico a slittamento limitato, il rapporto dell’asse posteriore più corto, il sistema di scarico Performance, il pacchetto aerodinamico con splitter anteriore e spoiler posteriore per massimizzare downforce e stabilità, e  gli pneumatici Michelin Pilot Sport 4S.

Inoltre, ciascuna delle Corvette europee beneficerà del livello di equipaggiamento che comprende i seguenti dispositivi, non inclusi nella versione base proposta negli Stati Uniti: Performance Data Recorder, Head-Up display, sistema di navigazione con display da 12”, sistema audio Bose a 14 altoparlanti, specchietto retrovisore centrale con telecamera integrata, sedili riscaldati e ventilati.

Per quanto riguarda la sicurezza, sono di serie vari dispositivi di assistenza alla guida, tra i quali  l’Ultrasonic Rear Parking Assist, il Side Blind Zone Alert e il Rear Cross Traffic Alert.

Il “cuore” della nuova  Corvette Stingray, è rappresentato dal nuovo motore smallblock V8-LT2 da 6,2 litri, l’unico V8 atmosferico in questo segmento, abbinato per la prima volta a un cambio a 8 rapporti con doppia frizione. In combinazione con il potente impianto di scarico Performance, questo propulsore eroga 495 CV (369 kW) e 637 Nm coppia, rendendo la nuova Corvette a motore centrale la più potente Stingray di tutti i tempi.

I prezzi in Italia delle Launch Edition,  partono  da 102.500 Euro per la Coupé e 109.680 Euro per la Convertible, che ha un hard top elettrico, che sostituisce la classica capote in tela. I prezzi sono IVA inclusa, al netto di IPT e messa in strada, e potranno subire variazioni in funzione delle mutevoli dinamiche economiche internazionali.

Il Gruppo CAVAUTO si prende sempre cura del cliente con Yes We Help, un sistema di monitoraggio costante che lo segue ovunque in Europa e permette ai tecnici un intervento e un’assistenza da remoto in caso di incidenti o guasti. La garanzia prevede la copertura per 3 anni o 100.000 km.

BMW Italia rinnova l’impegno come main partner de La Milanesiana 2020

La prima BMW Art Car di Alexander Calder in mostra al BMW Milano Urban Store di via De Amicis.

MILANO, 9 giugno – La XXI edizione del festival avrà come tema “I colori” e si svolgerà dal 29 giugno al 6 agosto prossimi. La vettura che ha inaugurato la collezione delle BMW Art Car, la BMW 3.0 CSL realizzata dall’artista statunitense Alexander Calder nel 1975, sarà in mostra nell’Urban Store di BMW Milano dal 22 al 28 luglio. Il 25, 26 e 27 luglio il BMW Milano Urban Store di via De Amicis ospiterà tre incontri sui temi “I colori dell’economia” e “I colori della città”. BMW Italia conferma anche per il 2020 la partnership con la Milanesiana, avviata nel 2016 in occasione del centenario dell’azienda e dei 50 anni di presenza della Casa in Italia.

Il BMW Milano Urban Store di via De Amicis 20-22 ospiterà, come nelle passate edizioni, tre momenti significativi dell’evento e sarà il luogo privilegiato di una delle mostre in programma. Ieri Elisabetta Sgarbi ha presentato in una conferenza stampa digitale la XXI edizione de La Milanesiana, festival da lei ideato e diretto dedicato a letteratura, musica, cinema, scienza, arte, filosofia, teatro, diritto, economia. Il tema scelto per il 2020 è “I colori” e il ricco programma di eventi prevede un calendario che va dal 29 giugno al 6 agosto.

Come già successo in occasione delle edizioni precedenti de La Milanesiana, BMW porta in Italia un esemplare della Collezione di Art Car del marchio, nata 45 anni fa dalla geniale intuizione del pilota francese Hervé Poulain. Nel 1975 iniziò a prendere forma il suo sogno di gareggiare nella 24 ore di Le Mans su un’auto decorata da un artista. BMW Motorsport GmbH, fondata tre anni prima, riconobbe il potenziale di questa idea apparentemente folle e fece dipingere una BMW 3.0 CSL dallo scultore americano Alexander Calder. Pochi mesi dopo, Poulain si presentò al via a Le Mans con potente coupé leggero e multicolore, il primo esempio di performance art della BMW.

Da allora, le Art Car BMW sono state protagoniste in pista e in mostre di grande successo come combinazioni spettacolari di velocità e bellezza. Attualmente 19 vetture realizzate dai più importanti artisti contemporanei fanno parte della Collezione di Art Car BMW.

L’apertura della mostra BMW Art Car Alexander Calder è prevista per sabato 25 luglio alle ore 17.30 con l’intervento di Massimiliano Di Silvestre (Presidente e AD BMW Italia), Roberto Olivi (Direttore Comunicazione e Relazioni Istituzionali BMW Italia) ed Elisabetta Sgarbi. Altri tre appuntamenti de La Milanesiana, firmati BMW, avranno luogo presso il BMW Urban Store di via De Amicis 20-22 a Milano: Sabato 25 luglio ore 18.00: I colori dell’economia Dialogo con Nicola Porro e Pierangelo Buttafuoco. Coordina Giangiacomo Schiavi. Domenica 26 luglio ore 18.00: I colori della città /1 – Giallo mistero Letture di Cecilia Scerbanenco, Maurizio De Giovanni, Massimo Tedeschi, Costanza Rizzacasa d’Orsogna. Introduce Armando Besio. Intervento musicale Giovanni Truppi. Lunedì 27 luglio ore 18.00: I colori della città /2 – Rosso Garofano Letture di Stefania Craxi, Claudio Martelli, Marcello Sorgi, Andrea Spiri. Introduce Elisabetta Sgarbi. Intervento musicale Giovanni Truppi.

BMW Italia e la Cultura La promozione di attività culturali – insieme a dialogo interculturale, inclusione sociale, sicurezza stradale e sostenibilità – è uno dei pilastri di SpecialMente, il programma integrato di responsabilità sociale d’impresa di BMW Group Italia, filiale nazionale dell’azienda leader nel settore automotive e presente in 140 Paesi in tutto il mondo, che ha saputo trasformare il proprio impegno nella sostenibilità in creazione di valore a lungo termine per tutti gli stakeholder. I dettagli sulle attività di CSR di BMW Italia si trovano sul sito www.specialmente.bmw.it. BMW è attiva nella promozione di attività culturali tra le più rilevanti del nostro Paese, coerentemente con quanto avviene a livello internazionale, dove il BMW Corporate Communications BMW Group in 50 anni ha partecipato a oltre 100 iniziative di riferimento per la cultura internazionale in tutto il mondo. Le collaborazioni con il Teatro alla Scala, La Milanesiana e La Triennale a Milano, il Teatro dell’Opera e il MAXXI a Roma testimoniano i valori e l’impegno dell’azienda nel tessuto del Paese.

Le coupé Mazda: 60 anni di design visionario e di gioia di guida

HIROSHIMA (Giappone), 9 giugno. Nel corso dei decenni le linee preferite per un design accattivante e visionario sono state quelle delle coupé. I costruttori di queste vetture, tradizionalmente a due porte e più corte e più sportive delle berline equivalenti, tendono a concentrarsi maggiormente sullo stile e su aspetti che migliorano le prestazioni, come rigidità, aerodinamica e riduzione del peso, tutti elementi centrali nella filosofia Mazda.

In effetti, la Casa automobilistica giapponese sin dall’inizio ha stabilito per le coupé dei parametri di riferimento. La sua prima auto fu infatti proprio una coupé, la Mazda R360, una due porte lunga 2,96m, pratica e accessibile ma anche elegante e divertente da guidare, in quanto la più leggera della sua categoria. La combinazione vincente l’ha resa subito un successo, catturando nell’anno del suo lancio, il 1960, il 65% del fiorente segmento giapponese delle microcar (“kei car”) e il 15% del mercato interno totale. Nel 1962 alla gamma si aggiunse la Mazda Carol P360 coupé, con passo più lungo e motore a quattro cilindri, con altrettanto successo.

L’era delle coupé rotative. Anche il primo modello ad alte prestazioni dell’azienda fu una coupé. Presentata per la prima volta al Tokyo Motor Show del 1964, la Mazda Cosmo Sport/110S sarebbe arrivata sul mercato nel 1967 come primo modello di serie al mondo con motore a doppio rotore – e solo il secondo disponibile in commercio spinto da un rotativo Wankel. Con l’aspetto da era spaziale abbinato ad un motore dalla sonorità simile a quella di una turbina, segnò l’inizio dell’epoca delle anticonvenzionali coupé sportive Mazda a motore rotativo. La Cosmo Sport ha anche aperto la stupenda carriera del marchio nelle competizioni.

La grande svolta nelle vendite internazionali di Mazda sarebbe arrivata con le gamme Familia/R100 e Capella/616/RX-2 – progenitrici rispettivamente di Mazda3 e Mazda6 – insieme a Grand Familia/818/RX-3. A partire dal 1968, la Mazda rese globale il suo rotativo con questi modelli, e il loro design ispirato allo stile italiano entusiasmò la clientela, portando rapidamente le vendite all’estero a numeri a sei cifre.

Ancora più sorprendente fu la coupé Mazda Luce R130 introdotta nel 1969. Disegnata in Bertone da Giorgetto Giugiaro (a cui si doveva anche la prima Familia), era l’unica Mazda con motore rotativo a trazione anteriore ed è ora un modello ricercato dai collezionisti. Inserita sopra la RX-2 e la RX-3, la Luce R130 avrebbe lasciato il posto nel 1972 alla Mazda RX-4. Proposta come modello lussuoso e sportivo, la versione coupé hardtop era disponibile con un rotativo “AP” (anti-pollution, cioè anti inquinamento), che migliorava le emissioni e i consumi di carburante. Il suo motore si sarebbe visto anche su RX-3 e Mazda Cosmo/RX-5, lanciate nel 1975 come coupé e fastback. Le prestazioni delle coupé RX rotative da 110-135 CV, con pesi in ordine di marcia fra 900 e 1.100 kg, erano assai notevoli per l’epoca.

Sportive in modo unico. La casa automobilistica di Hiroshima adottò questa ricetta per salire di livello nel 1978 con la Mazda RX-7, il cui esclusivo design a forma di cuneo presentava un lunotto in vetro avvolgente. Sotto il cofano della prima vera auto sportiva Mazda di massa c’era un motore rotativo completamente riprogettato. Dato che spingeva una struttura leggera con una distribuzione dei pesi pressoché perfetta, era eccezionale da usare. Leggendaria sia in pista che su strada, la RX-7 si è sviluppata attraverso le sue tre generazioni in una super coupé a doppio turbocompressore all’altezza delle migliori auto che la concorrenza avesse da offrire. Con circa 811.000 esemplari prodotti, la RX-7 rimane l’auto a motore rotativo più popolare della storia.

Meno nota è la Eunos Cosmo, una coupé sportiva di lusso  prodotta dal 1990 al 1995 solo per il Giappone. Era l’unico modello di serie con motore a tre rotori; il suo biturbo “20B-REW” da 300 CV era anche il rotativo di produzione dalla maggiore cilindrata di sempre.

La Cosmo ha introdotto molte nuove tecnologie all’avanguardia, come il primo sistema di navigazione GPS integrato e un display touchscreen. Un altro modello per il mercato interno, la Autozam AZ-1, è stata a suo modo significativa. Con un peso di soli 720 kg, l’entusiasmante “kei car” coupé a motore centrale sviluppata sotto Toshihiko Hira, il responsabile del programma MX-5, aveva porte ad ali di gabbiano e limite del fuorigiri a 9.000 g/min – in un segmento caratterizzato da utilitarie tipo “scatole su ruote”.

Ciò era tipico di Mazda, sempre alla ricerca di nuovi modi per far diventare le sue coupé qualcosa di speciale. La coupé Mazda 929 (1982-86), con i suoi finestrini apribili nel montante centrale, ne è un altro esempio. L’elegante Mazda MX-6 (1987-97), invece, aveva le quattro ruote sterzanti in opzione. E la compatta Mazda MX-3 (1992-98) era disponibile con il motore K8 da 1,8 litri, il V6 di serie più piccolo al mondo.

Crossover coupé visionari. Anche allora Mazda già si cimentava con progetti di crossover, largamente considerati un fenomeno del 21° secolo. La Mazda 323F (1989-98) era una cinque posti adatta alle famiglie dalla forma di coupé sportiva a cuneo con fanali a scomparsa, mentre la Mazda Xedos 6 (1992-99) stava a cavallo tra una coupé di lusso e una berlina di medie dimensioni . E la Mazda RX-8 (2003-12), una “quad coupé” a due file di sedili con porte freestyle, ha dimostrato ancora una volta la raffinatezza dell’azienda nel modernizzare il design delle coupé.

Oggi Mazda continua a forzare le convenzioni stilistiche con modelli come la Mazda MX-5 RF (“Retractable Fastback”). Come con la precedente generazione della MX-5 Roadster Coupé, l’hard-top elettrico della RF – unico nel suo genere – offre alla roadster più famosa al mondo il comfort di un abitacolo chiuso. Più avanti quest’anno, la Casa lancerà la Mazda MX-30, una coupé crossover elettrica che combina un design sportivo (comprese le porte posteriori freestyle) con la praticità dei SUV. Nella tradizione dei tanti premi vinti da Mazda, la MX-30 ha già ottenuto un premio Red Dot per il design.

La galleria fotografica di “Storie Alfa Romeo”; Duetto

La Giulietta Spider spopola nel cinema italiano agli inizi degli anni Sessanta, diretta da Fellini e Antonioni: sono le prove generali prima che il Made in Italy conquisti Hollywood e tutti gli States. La sua erede è un’auto capace di accomunare autentici miti come Steve McQueen, Dustin Hoffman e Muhammad Ali: si tratta dell’Alfa Romeo Duetto.

Fedele alla storia del Biscione, non è solo un’ambita protagonista del costume, ma una vettura elegante e capace di regalare prestazioni entusiasmanti e raffinato piacere di guida. Le sue doti si esprimeranno attraverso quattro generazioni e olltre 124 mila unità prodotte in 28 anni: la più lunga vita di sempre per un modello Alfa Romeo.

“Storie Alfa Romeo”, sesta puntata: con Duetto la spider italiana sbarca a Hollywood

La Giulietta Spider spopola nel cinema italiano agli inizi degli anni Sessanta, diretta da Fellini e Antonioni: sono le prove generali prima che il Made in Italy conquisti Hollywood e tutti gli States. La sua erede è un’auto capace di accomunare autentici miti come Steve McQueen, Dustin Hoffman e Muhammad Ali: si tratta dell’Alfa Romeo Duetto. Fedele alla storia del Biscione, non è solo un’ambita protagonista del costume, ma una vettura elegante e capace di regalare prestazioni entusiasmanti e raffinato piacere di guida. Le sue doti si esprimeranno attraverso quattro generazioni e olltre 124 mila unità prodotte in 28 anni: la più lunga vita di sempre per un modello Alfa Romeo.

Hollywood nel destino. “It is a very forgiving car. Very pretty, too”. Così parla di Duetto un gentleman driver d’eccezione: Steve McQueen, che nell’estate del 1966 viene chiamato da Sports Illustrated a provare la spider italiana insieme ad altre “fast friends”. Quella da lui guidata è una delle prime Alfa Romeo 1600 Spider sbarcate negli States, dopo l’esordio al Salone di Ginevra di pochi mesi prima. Il giudizio coglie insieme l’essenza Duetto e l’unicità Alfa Romeo: piacere di guida e bellezza allo stato puro.

È un parere anche tecnicamente autorevole. Steve McQueen è collezionista di supercar e pilota di buon livello, capace di arrivare secondo nella sua categoria alla 12 Ore di Sebring del 1970 in coppia con Peter Revson.

Un anno dopo, alla guida di Duetto c’è Dustin Hoffman, che corre a tutto gas sulle note di Simon & Garfunkel nell’indimenticabile “Il laureato”. Immagini che entrano nella storia del cinema, e danno il via a un filone: la Duetto è utilizzata come auto di scena in centinaia di opere del piccolo e del grande schermo, e diventa essa stessa un “cult”. Anche il campione del mondo dei pesi massimi Muhammad Ali ne vuole una: riprendendo il suo motto “Float like a butterfly, sting like a bee”, la personalizza con la targa “Ali Bee”.

La carriera da star di Duetto inizia così. Noi però facciamo un passo indietro, e andiamo a conoscere le sue radici: l’innovazione tecnica di Giulia e il fascino di Giulietta Spider.

Nata per scoprire l’America. Anche nella storia della Giulietta Spider c’è un Hoffman protagonista. Non Dustin l’attore, ma Max Edwin Hoffman: ex pilota da corsa, costretto dal nazismo a lasciare l’Austria per gli Stati Uniti, divenuto in pochi anni l’importatore americano di riferimento per le Case auto europee.

Max è molto di più che un semplice “trader”: è un profondo conoscitore del mercato. Orienta le politiche commerciali, chiede specifici modelli, suggerisce variazioni di stile – e contribuisce con i suoi consigli alla creazione di alcune auto sportive tra le più ammirate di sempre. Tra queste c’è la Giulietta Spider.

La Spider per Hoffman è un chiodo fisso. Inizia a chiederla ad Alfa Romeo nel 1954, subito dopo il lancio della Giulietta Sprint. Sente che può diventare l’auto perfetta per la Pacific Coast – e sa che tutti a Hollywood ne vorranno una. È così sicuro del suo successo, che prima ancora di vedere i disegni definitivi si dice disposto ad acquistarne diverse centinaia.

La Bella Signorina. Hoffman riesce a convincere Francesco Quaroni e Rudolf Hruska, e il progetto parte. Lo stile è messo in gara tra i due designer del momento: Bertone e Pinin Farina. Bertone presenta una versione estrema, figlia del concept “2000 Sportiva” di Franco Scaglione: frontale appuntito, fari carenati, pinne posteriori. La proposta di Pinin Farina è disegnata da Franco Martinengo, e viene preferita per l’eleganza e l’equilibrio classico delle forme.

La “bella signorina”, come la definisce Pinin Farina, nasce con parabrezza panoramico e vetri laterali a scorrimento. All’interno della portiera non c’è maniglia: una corda aziona l’apertura. Solo più tardi arriveranno un parabrezza tradizionale, vetri laterali discendenti, pannelli porta attrezzati, tettuccio ripiegabile, maniglie esterne e nuovi interni.

Un concept da sportiva pura, confermato da prestazioni estremamente brillanti. La Spider adotta il motore della Giulietta: un quattro cilindri in linea  da 1.290 cm³ di cilindrata, che eroga 65 cavalli e spinge l’auto a 155 km/h. La potenza continua a salire con le successive versioni – a partire dalla Spider Veloce del 1958 da 80 cavalli.

Flessuosa, giovane, scattante. E bella. Giulietta Spider piace al cinema: Fellini la fa comparire in “La Dolce Vita”, Antonioni la sceglie come auto di Alain Delon in “L’eclisse”. Diventa uno status symbol: amata da personaggi famosi, desiderata da tutti.

Made in Italy. Viene il momento di dare una erede alla Giulietta Spider. Luraghi e il suo team sanno che non basta fare un’ottima macchina: bisogna ricreare lo stesso carisma. La presentazione dev’essere un evento – una cerimonia solenne, un po’ investitura e un po’ incoronazione.

Alfa Romeo pensa in grande. Per il lancio USA organizza una crociera, e invita i personaggi più esclusivi dello spettacolo, dello sport e della moda. A bordo ci sono 1.300 VIP, tra cui Vittorio Gassman, Rossella Falk e la soprano Anna Moffo. La turbonave italiana Raffaello viaggia da Genova a New York, facendo scalo a Cannes in occasione del Festival del Cinema – e durante tutta la crociera sul ponte della nave fanno bella mostra di sé tre esemplari della nuova Spider: uno verde, uno bianco e uno rosso. Sottolineando l’italianità del suo prodotto, Alfa Romeo anticipa di più di un decennio l’intuizione comunicativa del “Made in Italy”.

L’eredità tecnica Giulia. L’Alfa Romeo Spider 1600 nasce sul pianale della Giulia, con passo ridotto a 2.250 mm; la meccanica è quella della contemporanea Giulia Sprint GT Veloce (evoluzione della Sprint GT). Al lancio, Duetto è equipaggiata con il classico 4 cilindri bialbero da 1.570 cm³ in lega leggera, capace di scaricare sulle ruote 108 cavalli con un peso a secco di meno di 1.000 chili. La velocità massima è di 185 km/h.

“Duetto” o “Osso di Seppia”? Il nome del modello è una storia in sé. Per sceglierlo, viene organizzato un concorso a premi in collaborazione con tutti i concessionari d’Europa. Vince “Duetto” – ma emerge una questione di diritti (per l’omonimia con un biscotto al cioccolato), che impone di lanciare la vettura come “Alfa Romeo Spider 1600”.

Il nome Duetto resta in sottofondo, si consolida nella memoria degli appassionati e diventa il soprannome comune di tutte le generazioni della vettura. Altri se ne aggiungeranno: la Spider del 1966, prima della serie e ultimo capolavoro di Battista Pinin Farina, è detta “Osso di Seppia” per la sua forma ellissoidale: frontale e coda arrotondati, laterali convessi e linea di cintura molto bassa. La seconda è la “Coda Tronca” del 1969, che si distingue per il taglio aerodinamico della parte posteriore.

La terza è l’“Aerodinamica” del 1983, nata dagli studi in galleria del vento. Nel 1989 arriva l’ultima generazione, la cosiddetta “IV Serie” – un’auto dalla linea pulita e filante, in qualche modo un ritorno alle origini.

Quattro generazioni, oltre 124 mila unità prodotte in 28 anni: la più lunga vita di sempre per un modello Alfa Romeo.

Buon compleanno, Giotto

Compie 94 anni il geniale ingegnere livornese. Testo di Tommaso M. Valinotti

LIVORNO, 6 giugno – Giotto Bizzarrini è uno dei più geniali e purtroppo meno conosciuti progettisti italiani. Nato a Livorno il 6 giugno 1926 e dopo la laurea in ingegneria a Pisa (1953 come tesi di laurea realizza una Topolino, aerodinamica e prestazionale, perfettamente funzionante, nella foto a sinistra) e un breve periodo di insegnamento universitario approda all’Alfa Romeo (1954) e tre anni dopo è alla corte di Enzo Ferrari dove lavora al 12 cilindri tre litri che equipaggia le vetture Sport (Testarossa) e stradali (SWB, California e GTO). A inizio 1962, assieme al pistoiese Carlo Chiti e Romolo Tavoni lascia burrascosamente la Ferrari per passare alla neonata ATS del conte Volpi di Misurata, ennesima alternativa alla squadra del Cavallino in Formula 1.

Ferrari è furibondo e parlerà di congiura nei suoi confronti.

Irrequieto e insofferente Bizzarrini lascia quasi subito la squadra e fonda a Livorno la società Autostar che ha fra i primi clienti Ferruccio Lamborghini per il quale progetta il motore della Lamborghini 350 GT (nella foto a sinistra) prima vettura della Casa del Toro. Sempre nel 1962 realizza, insieme a Piero Drogo, la Ferrari 250 Breadvan, una delle più affascinati interpretazioni della Ferrari 250 GTO, costruita in esemplare unico.

L’azienda di Bizzarrini è nel mirino di Piero Rivolta, facoltoso industriale produttore di elettrodomestici (Isothermos) che nell’immediato dopoguerra si è convertito alla produzione automobilistica e di microvetture (1953, Isetta) che, come Lamborghini, vuole entrare nel mercato delle supercar. A Bizzarrini commissiona il progetto della Iso Grifo, con motore Chevrolet V8 della Corvette e carrozzeria di Bertone (disegno di Giorgetto Giugiaro) presentata al Salone di Torino del 1963. Ben presto, però, i dissidi fra Rivolta e Bizzarrini, che vorrebbe maggior impegno da parte del milanese nelle corse, diventano insanabili e Bizzarrini lascia l’azienda di Bresso e fonda a Livorno la “Automobili Bizzarrini” che produce la stupefacente Bizzarrini 5300 GT (interpretazione estremamente spinta della Iso Grifo A3C, ma capace di raggiungere i 280 km/h). Dopo pochi anni (1969) e 133 esemplari prodotti l’azienda di Bizzarrini chiude i battenti e l’ingegner Bizzarrini si dedicherà all’attività di consulenza lavorando all’ASA (una piccola vettura a motore Ferrari disegnata da Bertone a partire dal 1963) ancora Piero Rivolta (Iso Varedo), Ferruccio Lamborghini (Miura), la Picchio e anche Ferrari. Congiura o non congiura, anche Enzo Ferrari ha dovuto ammettere che il lunatico Giotto le O le sa fare alla perfezione.

 

Nuova Mercedes-AMG E 53 4MATIC+ Coupé e Cabriolet: più identità del marchio, più sportività, più personalità

AFFALTERBACH (Germania), 27 maggio. Mercedes-AMG prosegue il sistematico rafforzamento dell’identità del marchio: anche le nuove versioni coupé e cabriolet di E 53 4MATIC+ (consumo di carburante combinato: 9,1-8,9 l/100 km; emissioni di CO2 combinate: 209-204 g/km)[1] sono ora dotate della caratteristica mascherina del radiatore a lamelle verticali, tipica di AMG. La sua forma “ad A” e i fari full LED più piatti accentuano lo sviluppo dell’auto in larghezza; la grembialatura anteriore rivisitata nel design A-Wing influisce positivamente sulle proporzioni complessive. Anche gli interni, profondamente rivalutati, testimoniano ancora di più l’appartenenza di questi modelli alla famiglia AMG. Gli ampi display, il nuovo volante Performance AMG e il sistema di Infotainment MBUX con funzioni e visualizzazioni specifiche di AMG creano l’ambiente tipico della “performance luxury”.

I valori indicati sono stati rilevati con le tecniche di misurazione prescritte. Si tratta dei valori di CO2 determinati con procedura NEDC ai sensi dell’articolo 2 n. 1 del Regolamento di esecuzione (UE) 2017/1153. I valori relativi al consumo di carburante sono stati calcolati sulla base di questi dati.

Il motore elettrificato da 3,0 litri con doppia sovralimentazione, grazie a un turbocompressore a gas di scarico e a un compressore elettrico supplementare, eroga 320 kW (435 CV) e mette a disposizione una coppia massima di 520 Nm. Il suo alternatore-starter EQ Boost genera 16 kW di potenza e 250 Nm di coppia momentanee in più, alimentando anche la rete di bordo a 48 V. Tra gli altri elementi di spicco dei nuovi modelli figurano il cambio a 9 marce SPEEDSHIFT TCT AMG e la trazione integrale completamente variabile 4MATIC+ Performance AMG.

«Dopo la berlina e la station-wagon, anche le versioni coupé e cabriolet dei nostri nuovi modelli E 53 4MATIC+ rappresentano una sintesi perfetta di performance, eleganza e comfort. Con interventi specifici che hanno interessato gli esterni e gli interni abbiamo messo ancora più a fuoco l’identità del marchio e stiamo rivisitando la nostra intera gamma di Classe E. I due modelli a due porte firmati dalla casa di Affalterbach sono la risposta perfetta per i clienti orientati al lifestyle che chiedono anche performance ed efficienza», ha affermato Tobias Moers, Presidente del Consiglio di Amministrazione di Mercedes-AMG GmbH.

Frontale incisivo completamente rivisitato, mascherine tonde dei doppi terminali di scarico e nuove tonalità

Il design del frontale è stato completamente rinnovato, accentuando l’appartenenza dei modelli alla famiglia AMG. L’elemento più importante è la mascherina del radiatore specifica di AMG dotata di dodici lamelle verticali, che ora possono sfoggiare anche le versioni coupé e cabriolet di E 53 4MATIC+. Il profilo di base “a forma di A” del frontale che si allarga verso il basso e i fari full LED più piatti e incisivi, insieme ai powerdome sul cofano motore, conferiscono all’auto più carattere nella vista frontale. Nella sezione centrale la grembialatura anteriore si alza seguendo il profilo di una “A”, dando vita a un’altra grande presa d’aria con cinque listelli verticali che lasciano intravedere dettagli tecnici come il radiatore, per un autentico look sportivo. Comunicano sportività anche le ampie prese d’aria laterali dotate di due lamelle trasversali e il nuovo splitter frontale. Con i loro materiali pregiati, i flic in nero lucido non solo sottolineano il carattere di “performance luxury” del marchio, ma in combinazione con gli air curtain interni migliorano anche l’aerodinamica. Tutti gli interventi attuati rendono il frontale estremamente dinamico e proteso in avanti. La somiglianza con la famiglia di auto sportive AMG GT è evidente.

Il principale tratto distintivo della coda è rappresentato dalle mascherine circolari dei doppi terminali di scarico, disponibili nel color cromo argentato o in nero lucidato a specchio (come parte del pacchetto Night AMG a richiesta); le mascherine sono integrate armoniosamente nella grembialatura posteriore. I lati della grembialatura hanno una conformazione che migliora l’aerodinamica della coda, ottimizzando il flusso d’aria nelle sedi di montaggio delle ruote. Lo spoilerino sul cofano del bagagliaio è verniciato nel colore della carrozzeria, ma a richiesta è disponibile anche in carbonio.

Nella vista laterale attirano l’attenzione i nuovi cerchi in lega leggera da 19 pollici nel design a 5 doppie razze ottimizzato dal punto di vista aerodinamico. A richiesta sono disponibili anche cerchi in lega leggera da 20 pollici a 5 doppie razze, altrettanto ottimizzati in termini di aerodinamica e con un bordo del cerchio più largo, a scelta in nero opaco o in grigio titanio lucidato a specchio. Sono disponibili le nuove vernici grigio grafite metallizzato e blu brillante magno opaco, quest’ultima finora riservata alla famiglia AMG GT.

Con il pacchetto Night AMG, disponibile a richiesta, il coupé e la cabriolet di E 53 4MATIC+ si presentano in una veste ancora più sportiva: alloggiamenti dei retrovisori esterni, cornici dei finestrini ed elementi decorativi nella grembialatura anteriore e posteriore sono realizzati in nero lucido. A questi elementi si aggiungono le mascherine dei terminali di scarico con finitura cromata nera. Il pacchetto carbonio II rende gli esterni più personali, con gli alloggiamenti dei retrovisori esterni e lo spoilerino sul cofano del bagagliaio in carbonio.

Interni con visualizzazioni ed equipaggiamenti specifici

Gli interni accolgono gli occupanti con allestimenti specifici, materiali di pregio e il sistema di Infotainment MBUX di ultimissima generazione. I sedili in pelle ecologica ARTICO / microfibra DINAMICA nera con motivo grafico specifico di AMG, cuciture di contrasto rosse e targhetta AMG sono caratteristici dei modelli 53 e combinano la sportività con l’ottimo sostegno laterale e il comfort nei lunghi viaggi. Altri elementi di spicco degli interni sono le cinture di sicurezza rosse e gli elementi decorativi in carbonio. A richiesta sono disponibili altri rivestimenti in pelle nappa. Una novità è rappresentata dalla pelle nappa in nero / grigio titanio pearl con cuciture di contrasto rosse.

“Storie Alfa Romeo”, quinta puntata.  “Gazzelle” e “Pantere” sulle strade italiane: le berline sportive Alfa Romeo al servizio della legge

  • La quinta puntata delle “Storie Alfa Romeo” racconta l’Italia del dopoguerra, dalla ricostruzione al boom economico.
  • In quegli anni si consolida il mito Alfa Romeo: le più veloci su pista e su strada, diventano uno status symbol oltre che le vetture perfette per servire lo Stato con la livrea della Polizia e quella dei Carabinieri.
  • Dalla 1900 del 1950 alla Giulia di oggi, le Forze dell’Ordine hanno arruolato tutti i più significativi modelli del Biscione.
  • Negli stessi anni Alfa Romeo evolve e si modernizza, imbocca la strada della produzione in serie mantenendo immutato il fascino e il calore dell’artigianalità.
  • Il successo va di pari passo con l’evoluzione e le vendite crescono: la Giulietta – oltre 177 mila unità dal 1954 – è “la fidanzata d’Italia”, e la sua erede Giulia, venduta in più di 570 mila esemplari, un’icona tricolore.

Le auto dei Corpi dello Stato. Nell’Italia del dopoguerra, le Alfa Romeo sono un mito. Hanno dimostrato su pista e su strada di essere più veloci di qualsiasi altra auto. Sono potenti, e vincono sempre – come il bene sul male. Hanno tutte le caratteristiche tecniche e simboliche per diventare le auto dei Corpi dello Stato.

Il legame tra Alfa Romeo e le Forze dell’Ordine è un piccolo pezzo di storia della Repubblica. A partire dagli anni cinquanta, le Alfa Romeo vengono selezionate per il servizio di pronto intervento. Diventano le “volanti”, una presenza familiare per i cittadini, ed entrano nel linguaggio comune: quelle della Polizia sono ribattezzate “Pantere”, e quelle dei Carabinieri “Gazzelle”. Due metafore che sottolineano potenza e agilità.

La prima Pantera è un’Alfa Romeo 1900 del 1952: le sue linee aggressive ispirano il nome stesso.

La prima Gazzella è di pochi anni dopo. La più famosa di tutte è la Giulia Super; ma le Forze dell’Ordine arruolano moltissimi altri modelli Alfa Romeo, praticamente tutti i più importanti,  dalla Matta all’Alfasud, dall’Alfa 75 all’Alfetta, dalla 156 alla Giulia di oggi.

Alfa Romeo è un modo di vivere. La storia del rapporto con le Forze dell’Ordine corre parallela alla storia dell’evoluzione Alfa Romeo. E questo tema ci porta a fare la conoscenza di un altro protagonista: il torinese di origine sarda Orazio Satta Puliga, un grande innamorato di Alfa Romeo.

A lui si deve la famosa frase: “Ci sono molte Marche di automobili, e tra esse l’Alfa occupa un posto a parte. È una specie di malattia, l’entusiasmo per un mezzo di trasporto. È un modo di vivere, un modo tutto particolare di concepire un veicolo a motore”.

Nominato direttore della progettazione nel 1946, Satta Puliga ha davanti a sé un arduo compito: non solo ricostruire quanto la guerra ha distrutto, ma anche trasformare un’azienda artigianale in una manifattura moderna, continuando sulla strada avviata da Ugo Gobbato.

Satta Puliga inizia subito. Al suo arrivo, Alfa Romeo produce al Portello ogni singola parte meccanica, in base a criteri di alta artigianalità; lui razionalizza il processo, esternalizza i componenti secondari e abbatte i costi. E intanto pensa a creare le nuove Alfa Romeo “di serie”, da costruire con le più efficienti metodologie tecniche e organizzative disponibili.

1900, la prima pantera. La 1900 di Satta Puliga del 1950 è la prima Alfa Romeo con la guida a sinistra, e la prima ad adottare una struttura a scocca autoportante. Ha abbandonato i tradizionali 6 e 8 cilindri per un nuovo motore con frazionamento a 4 cilindri, testata in alluminio e due assi a camme comandati da catena. Il motore è alimentato da un solo carburatore, e offre brillantezza con una classe fiscale contenuta. La 1900 eroga 80 cavalli, è scattante e veloce come ci si aspetta sia un’Alfa Romeo, ma è anche molto facile da guidare. In altre parole, si rivolge a un mercato più grande. Lo slogan che accompagna il lancio è: “La vettura di famiglia che vince nelle corse”.

La 1900 è anche la prima Alfa Romeo a nascere su catena di montaggio. Una vera rivoluzione: i tempi di produzione dell’auto completa scendono da 240 a 100 ore. Il nuovo approccio porta a un successo commerciale mai visto: da sola, 1900 vende più di quanto avesse fatto l’intera Alfa Romeo fino a quel momento.

Il risultato nasce anche da un’accorta gestione del ciclo di prodotto. Vengono introdotte varianti ad alte prestazioni (la 1900 TI,  la 1900 C Sprint e Super Sprint, la 1900 Super) che vincono importanti competizioni internazionali di categoria.

E continua la collaborazione con i carrozzieri: su meccanica 1900 nasce la serie delle concept car BAT (Berlinetta Aerodinamica Tecnica), firmate da Bertone e disegnate dal giovane Franco Scaglione.

Lo stesso motore della 1900 viene anche adottato dall’AR51, più nota come “Matta”: un 4×4 nato per sostituire i fuoristrada post-bellici delle Forze Armate italiane.

Un milanese che ama la cultura e la boxe, Se con la 1900 Alfa Romeo ha imboccato la strada della produzione in serie, è con Giulietta che si trasforma in una grande fabbrica di automobili. L’uomo che guida la trasformazione è Giuseppe Luraghi.

Nato a Milano, nei suoi anni universitari alla Bocconi ha anche praticato la “nobile arte” della boxe. Quando entra nelle nostre storie è già riconosciuto come un manager di grande spessore, con una lunga esperienza in Pirelli. Dal 1951 al 1958 è direttore generale di Finmeccanica, la holding che controlla Alfa Romeo. Dopo un breve parentesi in Lanerossi, torna nel 1960 come presidente di Alfa Romeo stessa, ruolo che manterrà fino al 1974.

Scrittore, giornalista, editore, Luraghi è promotore di iniziative culturali anche in ambito aziendale. Nel 1953 affida a Leonardo Sinisgalli, “il poeta ingegnere”, il compito di creare una rivista che unisca in dialogo la cultura umanistica, la conoscenza tecnica e l’arte. Nasce così “La Civiltà delle Macchine”, su cui scrivono anche Ungaretti e Gadda.

Alla vigilia del “boom”. Al suo arrivo in Alfa Romeo, Luraghi rivoluziona la struttura chiamando in azienda il designer Rudolf Hruska, e Francesco Quaroni per riorganizzare i processi industriali. C’è una grande opportunità da cogliere: il Marchio ha eccezionale visibilità, le sue vittorie sportive esaltano e fanno sognare milioni di persone. Occorre dare a tutto questo un riscontro commerciale. Siamo alla vigilia del boom economico, e l’auto è il bene più desiderato: il possesso di un’Alfa Romeo deve diventare la prova visibile del raggiunto benessere.

Da prodotto di élite a oggetto aspirazionale: la Casa concentra in questa direzione le sue risorse progettuali e industriali. E Giulietta nasce per essere il modello della svolta – che fa crescere le vendite, ma al tempo stesso conferma la tradizione tecnica e la vocazione sportiva del Marchio.

Giulietta, la prima gazzella. Il nuovo modello ci riporta al legame di Alfa Romeo con le Forze dell’Ordine. La prima Gazzella dei Carabinieri è proprio una Giulietta destinata al servizio di pattuglia, ed entra in servizio già equipaggiata con impianto radio per il collegamento con la Centrale. Nel linguaggio dell’Arma, la Gazzella rappresenta il pilota di radiomobile: veloce, agile e resistente. Queste caratteristiche vengono immediatamente trasferite alla vettura.

Più corta, più stretta, più leggera della 1900, Giulietta porta Alfa Romeo in un segmento nuovo, per un nuovo pubblico. Offre linee moderne e filanti all’esterno e grande abitabilità all’interno, insieme con tenuta di strada, ripresa e velocità. Il suo motore (interamente in alluminio) eroga 65 cavalli per una velocità massima di 165 chilometri orari.

Al Salone di Torino del 1954, Giulietta fa il suo esordio in versione coupé. Giulietta Sprint, disegnata da Bertone, è una vetturetta bassa, compatta e slanciata che diventa un “instant classic”. Da notare che la sportiva nasce prima del modello standard: una scelta poco convenzionale (e molto Alfa Romeo), riproposta pochi anni fa da Giulia Quadrifoglio.

Giulietta raggiunge un livello di popolarità eccezionale, che le vale il soprannome di “fidanzata d’Italia”. Il risultato di vendite è altrettanto straordinario: oltre 177 mila unità.

Giulia, la rivoluzione. Solo una vettura rivoluzionaria potrà sostituire Giulietta. Satta Puliga lo sa bene. E la sua squadra (Giuseppe Busso, Ivo Colucci, Livio Nicolis, Giuseppe Scarnati e il collaudatore Consalvo Sanesi) sviluppa una vettura che è decisamente avanti rispetto al suo tempo.

Giulia è una delle prime vetture al mondo con struttura portante a deformazione differenziata. La parte anteriore e posteriore è studiata per assorbire gli urti, e l’abitacolo è estremamente rigido per proteggere gli occupanti: soluzioni che diventerannno obbligatorie solo molto più tardi.

Il motore biabero 1.6 litri della Giulia rappresenta una evoluzione del 1.3 quattro cilindri, e si distingue per le valvole di scarico raffreddate con inserti di sodio.

Anche il design di Giulia è rivoluzionario. Giulia è compatta, ben proporzionata nei volumi e con uno stile unico. Il frontale basso e la coda tronca sono ispirati da motivazioni aerodinamiche. “Disegnata dal vento”, recita la pubblicità di lancio. Grazie all’innovativo lavoro di sviluppo in galleria del vento, il Cx di Giulia è straordinario per l’epoca: solo 0,34.

Il modello riscuote un successo eccezionale: oltre 570 mila vendite complessive (più del triplo di Giulietta). Giulia diventa un’icona italiana.

Chi visita il Museo Storico di Arese trova una sala dedicata all’Alfa Romeo nel cinema. Tra molte presenze illustri, Giulia spicca come protagonista assoluta di molti film “poliziotteschi” del tempo – nati come “B-movie”, e diventati poi oggetto di culto. In queste pellicole dove “guardie e ladri” si sfidano, Giulia è spesso l’auto di entrambi.

“Storie Alfa Romeo”, quarta puntata: Alfa Romeo è il primo costruttore a vincere in Formula 1

Il legame tra l’Alfa Romeo e la Formula 1 ha scritto la storia dell’automobilismo sportivo: fu proprio il marchio del Biscione ad aggiudicarsi il primo Gran Premio e l’edizione inaugurale della massima competizione motoristica nel 1950 con Nino Farina a bordo di un’Alfa Romeo Gran Premio Tipo 158 “Alfetta”, e il successo è stato bissato nel 1951 da Juan Manuel Fangio sull’Alfetta 159

La millesima gara. Il 13 maggio è l’anniversario del primo Gran Premio di Formula  1, uno dei grandi miti sportivi del nostro tempo. La nascita della competizione (Silverstone, 1950) viene celebrata dalla Federazione Internazionale a Shangai il 14 luglio 2019 (in occasione della millesima gara), e il 13 maggio 2020 (quando la Formula 1 compie settant’anni).

Due ere a confronto: nel 1950 il casco per i piloti non è ancora obbligatorio, non esiste la televisione e gli spettatori sono tutti a bordo pista. Oggi il “circus” è un’industria globale ultratecnologica, capace di raggiungere milioni di persone a stagione attraverso TV e web.

In comune solo due cose: la passione del pubblico, e Alfa Romeo – tornata a correre nel 2018 insieme con Sauber, e che dal 2020 dà il suo nome al team Alfa Romeo Racing ORLEN.

Alfa Romeo non era la stessa senza la Formula 1. E, forse, anche la Formula 1 non era la stessa senza Alfa Romeo.

L’Alfetta 158. L’Alfetta del 1938 è un gioiello tecnologico. Il motore 8 cilindri in linea con compressore monostadio e carburatore a triplo corpo è sviluppato da Gioacchino Colombo, capo della progettazione, che lo vuole potente, pronto nelle accelerazioni e molto affidabile. La distribuzione è azionata da un doppio albero a camme in testa.

L’uso di leghe leggere (elektron per il monoblocco, acciaio al nichel-cromo per l’albero motore) consente di ridurre il peso del propulsore a soli 165 chilogrammi. Il cambio trova posto al retrotreno, in blocco con il differenziale. È il famoso schema “transaxle”, che garantisce minore ingombro e una distribuzione ottimale dei pesi sui due assi: una soluzione che il Marchio porterà in seguito anche sulle vetture di serie.

Il conflitto mondiale spezza il filo della ricerca, e interrompe l’evoluzione delle macchine: ma il progetto prevedeva soluzioni tecniche tanto sofisticate da arrivare fino al dopoguerrra – e, in qualche caso, fino ai giorni nostri.

La fuga ad Abbiategrasso. C’è una continuità fisica, non solo progettuale, tra la prima e le successive 158: perché le auto con cui Alfa Romeo ricomincia a correre sono letteralmente le stesse – nascoste in attesa della fine delle ostilità.

Siamo nel 1943. Milano è occupata, rastrellamenti e sequestri sono all’ordine del giorno. Al Portello sono conservate alcune Alfetta 158, che rischiano di diventare bottino di guerra. I tecnici e gli operai dell’Alfa Romeo decidono di farle sparire, e organizzano clandestinamente prelievo e spostamento. Alcuni appassionati Alfisti si offrono di ospitare le vetture: tra essi, il pilota di motonautica Achille Castoldi, che nel 1940 aveva fissato il record mondiale di velocità proprio con un motore Alfa Romeo 158.

Ma qualcosa non funziona. Una pattuglia della Wehrmacht interviene e chiede chiarimenti con le armi spianate. Per fortuna, il collaudatore Pietro Bonini è svizzero, e ha vissuto a lungo a Berlino. Parlando in perfetto tedesco e sventolando un lasciapassare riesce a salvare la situazione. I camion partono. Le 158 saranno portate in officine e fattorie, nascoste da muri e coperte da cataste di legna – in attesa di tempi migliori.

L’atto di nascita della F1. Già nel primissimo dopoguerra, quelle 158 vengono riportate al Portello, restaurate e rimesse in condizione di correre. E tornano subito a vincere, anche se un Campionato vero e proprio non c’è ancora. Tra il 1947 e il 1948, Nino Farina trionfa a Ginevra al Gran Premio delle Nazioni, Varzi taglia per primo il traguardo del Gran Premio del Valentino a Torino e Trossi stravince il Gran Premio di Milano. Il messaggio è forte e chiaro: Alfa Romeo è sempre la squadra da battere.

Il British Grand Prix di Silverstone del 1950 è la prima delle sette gare del neonato Campionato mondiale FIA di Formula 1. Paesi che erano in guerra solo pochi anni prima sono uniti da una competizione sportiva: è un momento storico. E storica è l’affermazione Alfa Romeo.

Ai primi quattro posti della griglia di partenza ci sono quattro Alfetta 158. Giuseppe “Nino” Farina conquista la pole position, il giro più veloce e la vittoria finale. Secondo è Luigi Fagioli, terzo Reg Parnell. Il primo podio della F1 è tutto Alfa Romeo.

La squadra dei 3 F. Per la combinazione di velocità, maneggevolezza e affidabilità che offre, la 158 rappresenta il punto più alto della tecnologia automobilistica del tempo. Al momento della sua nascita, nel 1938, ha un motore 1.5 litri con compressore da 185 cavalli. Nel primo dopoguerra, il compressore diventa a doppio stadio e il motore raggiunge i 275 – per poi arrivare a 350 (a 8.600 giri) nel 1950. Grazie all’estrema leggerezza della vettura, il rapporto peso/potenza è di soli 2 kg/CV – un valore in linea con le supersportive stradali di oggi.

La superiorità tecnica si traduce in vittorie. Farina, Fangio e Fagioli diventano per i giornali “la squadra dei 3 F”, che sbaraglia gli avversari. I tre piloti Alfa Romeo vincono tutti i Gran Premi a cui partecipano, vanno a podio dodici volte e ottengono cinque giri veloci. Come dirà Giuseppe Busso, storico progettista Alfa Romeo e ai tempi collaboratore di Colombo, “il problema principale era decidere quale dei nostri tre piloti avrebbe dovuto vincere la gara”.

Al Gran Premio di Monza, il 3 settembre 1950, Alfa Romeo anticipa le soluzioni tecniche della 159 sviluppata per partecipare al Campionato dell’anno successivo. La nuova Alfetta esordisce con una vittoria: al volante Nino Farina – che diventa così il primo Campione del Mondo di Formula 1.

L’Alfetta 159. L’anno successivo il campionato rimane aperto fino all’ultima gara: a contendersi il successo Alfa Romeo e Ferrari. Dopo 17 anni, lo straordinario motore dell’Alfetta è arrivato alla fine del suo potenziale di sviluppo – ma nel corso del 1951 i tecnici riescono ancora a estrarre potenza, buttando nella mischia fino a 450 cavalli. Grazie a questo sforzo (e alla bravura dei piloti), la 159 vince in Svizzera, Belgio, Francia e Spagna, raccoglie 11 podi e stabilisce il giro più veloce in tutte e sette le gare disputate.

Il mito dei “3 F” e delle loro vittorie porta Alfa Romeo nel mondo del cinema. I due produttori del momento (Dino De Laurentiis e Carlo Ponti) scelgono gli attori del momento (Amedeo Nazzari e una bellissima Alida Valli) per realizzare “Ultimo incontro”, un film interamente ambientato sui circuiti della F1 e nelle officine della Squadra Corse Alfa Romeo. Alla sceneggiatura collabora anche Alberto Moravia.

Il film esce nelle sale il 24 ottobre 1951, e quattro giorni dopo Juan Manuel Fangio vince il Gran Premio di Spagna, diventando Campione del Mondo con l’Alfetta 159. È la seconda vittoria consecutiva. Alfa Romeo ha vinto i primi due titoli di Formula 1, e può ritirarsi imbattuta per dedicarsi interamente alla produzione di serie.

Huracán EVO Rear-Wheel Drive (RWD): libertà e piacere di guida all’aria aperta

  • 610 CV (449 kW) e 560 Nm di coppia, con accelerazione da 0 a 100 km/h in 3,5 secondi e velocità massima di 324 km/h
  • Design migliorato per ottimizzare la deportanza e ridurre la resistenza
  • Capote leggera in autentico stile Spyder per garantire purezza delle linee ed efficienza aerodinamica in qualsiasi posizione
  • Capote movimentabile fino a 50 km/h: la guida open top è resa ancora più piacevole dal rombo del motore aspirato V10 Lamborghini

Sant’Agata Bolognese, 7 maggio 2020 – Automobili Lamborghini presenta la nuova Huracán EVO Rear-Wheel Drive Spyder e sceglie per la prima volta la realtà aumentata per il lancio virtuale sul suo sito ufficiale lamborghini.com. Il nuovo modello V10 offre un’autentica celebrazione open air di soluzioni ingegneristiche leggere, trazione posteriore e un sistema P-TCS (Performance Traction Control System) appositamente sviluppato. A capote chiusa o abbassata, la guida di ogni giorno e il divertimento ad alte prestazioni sono accompagnati dal sound inimitabile del potente V10 aspirato, in grado di sprigionare 610 CV (449 kW) e una coppia di 560 Nm, al pari della versione Coupé. Con un’accelerazione da 0 a 100 km/h in soli 3,5 secondi e una velocità massima di 324 km/h, anche la versione Spyder è pensata per chi ama una guida fatta di istinti, in cui il divertimento al volante è assicurato dall’hardware piuttosto che dal software.

Il design della Huracán EVO RWD Spyder ottimizza l’integrazione e la funzionalità della leggerissima capote: che questa sia chiusa o abbassata, la Spyder si conferma una vera Lamborghini e le sue linee inimitabili – sotto ogni profilo – confermano il dinamismo di look e prestazioni. Le linee esterne garantiscono una riduzione della resistenza e una deportanza analoga a quella della Coupé, senza necessità di componenti aerodinamici aggiuntivi, potenziando al contempo l’equilibrio e il dinamismo della vettura a trazione posteriore, qualunque sia la posizione della capote.

Stefano Domenicali, Chairman e CEO di Automobili Lamborghini, ha dichiarato: “La Huracán EVO RWD Spyder raddoppia il divertimento di guida, offrendo un piacere puro e l’opportunità di celebrare la vita all’aria aperta. Il conducente è immerso nell’eredità ingegneristica Lamborghini, può sentire il feedback e il fascino di una vettura a trazione posteriore in cui l’intrusione dell’elettronica è ridotta al minimo, godendosi la sensazione di libertà e vitalità che solo la guida open-top può offrire.”

Divertimento di guida all’aria aperta. La Huracán EVO RWD Spyder è una vettura pensata per chi ama una guida istintiva: senza rinunciare a garantire prestazioni eccezionali, punta innanzitutto sulle abilità del conducente. La configurazione del gruppo motopropulsore a trazione posteriore offre un’esperienza di guida fisica senza filtri per il massimo coinvolgimento. Lo speciale sistema di controllo della trazione P-TCS è stato progettato per assicurare prestazioni adrenaliniche in ogni condizione, favorendo una trasmissione costante della coppia anche in fase di riallineamento della Spyder, dopo curve strette o drift. A stimolare i sensi di chi siede al posto di guida, specie a capote abbassata, contribuisce il rombo del motore aspirato V10 in risposta alle manovre in accelerazione.

Il selettore ANIMA sul volante della Huracán EVO Spyder consente di avere il pieno controllo delle modalità di guida, in funzione delle quali è stato calibrato il P-TCS. La modalità STRADA garantisce stabilità e sicurezza in qualsiasi condizione, riducendo al minimo lo slittamento delle ruote posteriori e gestendo in modo più proattivo la trasmissione della coppia su superfici a bassa aderenza. In modalità SPORT, ci si può divertire con una guida più dinamica, con le ruote posteriori libere di slittare in fase di accelerazione e la coppia limitata quando gli angoli di sovrasterzo aumentano rapidamente, così da stabilizzare e tenere sotto controllo la vettura. La modalità CORSA ottimizza trazione e agilità all’uscita da una curva in condizioni di elevate prestazioni, massimizzando dinamismo e velocità dell’auto.

La carrozzeria in alluminio e resina termoplastica della Huracán EVO RWD Spyder poggia su un telaio ibrido leggero in alluminio e fibra di carbonio, con un peso a secco di 1509 kg e un rapporto peso/potenza di 2,47 kg/CV. La distribuzione del peso tra parte anteriore e posteriore secondo un rapporto 40/60, con un sistema di sospensioni a doppio triangolo e quadrilateri sovrapposti e ammortizzatori passivi, garantisce al conducente un ottimo feedback. I freni in acciaio ventilati e forati a croce sono accompagnati da cerchi Kari da 19” con pneumatici Pirelli P Zero progettati ad hoc. In alternativa, si può optare per cerchi da 20” e freni carboceramici.

Il design. La Huracán EVO RWD Spyder porta avanti il design della gamma delle V10 Lamborghini con nuovi elementi anteriori e posteriori, che la distinguono nettamente dalla sua omologa 4WD. Sfoggia un nuovo splitter anteriore e alette verticali accompagnate da prese d’aria anteriori più ampie e ben definite, mentre il paraurti posteriore, in nero lucido, integra un nuovo diffusore che fa il suo debutto proprio sulla Huracán EVO RWD Spyder.

La capote della Spyder si ripiega sotto al cofano posteriore in 17 secondi, anche mentre si guida, fino a una velocità di 50 km/h. Disponibile in diversi colori, la capote si abbina perfettamente alle linee della carrozzeria e alle opzioni di colore di questa vettura a trazione posteriore, oltre a consentire di conversare e divertirsi in tranquillità, che sia chiusa o abbassata. A prescindere dalla posizione della capote, il conducente può anche azionare elettronicamente il lunotto posteriore, che funge da paravento, se alzato, e in grado di amplificare il suono unico del motore V10, quando abbassato. Sono stati inoltre previsti due cristalli laterali rimovibili, che attutiscono il rumore aerodinamico nell’abitacolo e permettono di conversare anche ad alte velocità.

Il touchscreen HMI da 8,4” nella console centrale della Spyder, controlla le funzioni della vettura e garantisce la connettività necessaria per telefonate, accesso a Internet e Apple CarPlay.

La Huracán EVO RWD Spyder ruota attorno al conducente, a una scelta di vita, e può essere arricchita da una gamma di colori e finiture pressoché illimitata grazie al programma Lamborghini Ad Personam: ogni cliente può personalizzare la propria vettura secondo i propri gusti.

Prezzo e uscita sul mercato della Lamborghini Huracán EVO RWD Spyder

La consegna ai primi clienti della Lamborghini Huracán EVO RWD Spyder è prevista per l’estate del 2020, al prezzo di EUR 175.838 (prezzo al pubblico consigliato, tasse escluse).

“Storie Alfa Romeo”, terza puntata: la 6C 2500 Villa d’Este è la più elegante sintesi di un modo di concepire l’automobile

  • Gli anni a cavallo della Seconda Guerra Mondiale vedono il passaggio dal culmine dell’artigianalità a un’organizzazione produttiva più moderna, e le Alfa Romeo restano punti di riferimento.
  • La 6C Villa d’Este fa scuola in termini di eleganza, novità tecniche, prestazioni, prestigio.
  • Intorno alla vettura si intrecciano storie di personaggi celebri, autentiche icone senza tempo: da Tyrone Power a Evita Peron, da Rita Hayworth a Ranieri III di Monaco sino a un ventenne Valentino Mazzola che lavorava al Portello quando nel 1939 venne prodotta la prima vettura della nuova serie.

Il simbolo di un’epoca. Quando la 6C 2500 carrozzata da Touring sfila sulla passerella di Cernobbio, nella primavera del 1949, è chiaro a tutti chi vincerà la Coppa d’Oro. L’unicità e la classe delle sue linee sono tali che viene naturale conferirle “ad honorem” il nome del Concorso d’Eleganza più importante del mondo.

Ma la 6C 2500 Villa d’Este non è solo una vetta di bellezza stilistica. Questa vettura è al tempo stesso un punto di arrivo del modo artigianale di fare auto, e il punto di svolta che annuncia una organizzazione produttiva più moderna.

Un trevisano che ha girato il mondo. Facciamo un passo indietro. Quando nel 1939 nasce la 6C 2500, sono già sei anni che alla guida del Portello c’è l’ingegner Ugo Gobbato.

All’Alfa Romeo Gobbato ha portato un importante bagaglio di esperienza industriale: dopo la laurea in Germania, ha diretto le officine Marelli e il Lingotto di Torino, ed è stato tra i principali artefici della realizzazione “da prato verde” della prima, gigantesca fabbrica di cuscinetti a sfera dell’Unione Sovietica.

Uomo d’officina, è facile vederlo passare nei reparti, parlare con i suoi uomini, cercare di capire se il lavoro è gestito con efficienza. Al suo arrivo, la prima preoccupazione è quella di censire tutto quello che non funziona: il “macchinario scadente”, la “pianta non armonica”, i “falsi movimenti di materiale”. Partendo da questa analisi Gobbato avvia la sua opera. La sua lezione di metodo è riassunta in due manuali pubblicati nel 1932 dal titolo “Organizzazione dei fattori della produzione”: Gobbato teorizza e attua una vera e propria sintesi tra le esigenze di un moderno sistema industriale e la tradizione di precisione artigianale che ha distinto l’azienda fino a quel momento.

Una “razionalità produttiva non di serie”, così viene definita, che si concretizza nell’inserimento di una leva di giovani ingegneri. Con loro entrano in fabbrica nuove norme e regole moderne. Ne derivano una gerarchia più definita, mansioni precise e retribuzioni proporzionate.

Una giovane promessa. Nell’ambito di questo enorme lavoro di revisione del Portello, in un’area adiacente viene anche allestito un campo di calcio, con tanto di pista di atletica e tribunetta.

Siamo nel 1938: la squadra del dopolavoro aziendale, il Gruppo Calcio Alfa Romeo, ha vinto la divisione regionale l’anno prima, e giocherà in serie C. Per l’occasione viene ingaggiato un giovane promettente calciatore, attirato dalla prospettiva di un’occupazione stabile come meccanico al Portello. È il futuro capitano della Nazionale e del Grande Torino Valentino Mazzola.

Chissà se il grande Valentino prestò mai la sua opera di meccanico su una 6C 2500? L’unica certezza è la presenza del giovane al Portello quando nel 1939 viene prodotta la prima vettura della nuova serie.

La 6C 2500. Diretta evoluzione delle 6C 2300 e 2300 B che l’hanno preceduta, la 6C 2500 eredita alcune importanti novità tecniche, come le sospensioni posteriori a barre di torsione con ammortizzatori telescopici, e i freni non più meccanici ma idraulici.

Le prestazioni diventano più brillanti: i livelli di potenza salgono fino ai 110 cavalli della Super Sport, capace di 170 chilometri orari. L’auto debutta nelle corse vincendo la Tobruk-Tripoli del 1939 con una carrozzeria “ad ala spessa”, che integra i paraurti nella scocca.

Ancora una volta l’unicità tecnica del modello e i successi sportivi diventano la chiave per rivolgersi alla clientela di élite. La produzione si avvia con le versioni Turismo da cinque o sette posti, Sport e Super Sport con passo corto, da affidare ai carrozzieri esterni. Nonostante il prezzo (che va dalle 62 alle 96 mila lire), l’accoglienza da parte del mercato è più che positiva. È soprattutto un grande successo di fatturato: le 159 unità vendute valgono quanto 1.200 Fiat 508 Balilla.

Il ritorno della 6C. Dopo la Seconda Guerra Mondiale occorre riconvertire gli stabilimenti dalla produzione bellica alla produzione civile. Il Portello ha subito i bombardamenti del 1943 e 1944, e ha pagato un duro prezzo. Ricominciare a fare auto non è semplice, ed è giocoforza ripartire dall’ultimo modello della casa, quella 6C 2500 di cui si è riusciti a salvare alcuni stock di parti meccaniche.

Nel 1945 vengono assemblati solo pochissimi esemplari della 6C 2500 Sport. Tecnici e operai le guardano come si guarda un sogno. Fuori dal Portello, Milano e tante città italiane sono ancora semidistrutte, e l’economia è in ginocchio: perfino le aziende devono ricorrere al mercato nero per procurarsi i materiali e i combustibili necessari al funzionamento degli impianti.

La 6C 2500 Cabriolet Speciale Pinin Farina. Nel 1946 la produzione è già salita a 146 unità, tra vetture e chassis consegnati ai carrozzieri. Uno di questi ultimi viene allestito in versione cabriolet, e portato al Salone dell’Auto di Parigi. L’Italia, Paese sconfitto, è esclusa dalla manifestazione – e allora l’intraprendente carrozziere decide di piazzare le sue vetture di fronte all’ingresso del Gran Palais, per poi spostarle a sera a Place de l’Opéra. Questo è sufficiente a sancire il successo del modello e del suo creatore, Battista “Pinin” Farina.

Al Portello, sempre nel 1946, nasce su telaio Sport l’originale Freccia d’Oro, con una coda arrotondata che interpreta gli ultimi sviluppi in tema di aerodinamica. A partire da questo modello nascono realizzazioni di grande rilievo. Pinin Farina firma un’elegante coupé, le cui linee fanno scuola, e una berlinetta premiata al Concorso di Cernobbio. Il motonauta Achille Castoldi compra un coupè Touring e ripete al Salone di Ginevra quanto fatto da Farina a Parigi.

L’auto del “bel mondo”. Tyrone Power gira per Roma con la sua Alfa Romeo 6C 2500, Juan Peron e la moglie Evita la vogliono per sfilare a Milano. L’acquistano personaggi come Re Farouk d’Egitto e Ranieri III di Monaco. Quando il 27 maggio del 1949 Rita Hayworth raggiunge il Principe Ali Khan al municipio di Cannes per convolare a nozze, lo fa a bordo della 6C 2500 cabriolet Pinin Farina che ha appena ricevuto come regalo di matrimonio. Il modello ha un’elegante carrozzeria grigia, con capote e interni blu perfettamente intonati all’abito della sposa.

Inizialmente il matrimonio era previsto ai primi del mese; ma la data delle nozze viene spostata a causa della tragedia di Superga, per espressa volontà del Principe – torinese di nascita, e grande tifoso di calcio. Si chiude un cerchio apertosi nel 1939 con la nascita della prima 6C 2500, quando al Portello si allenava il giovane e ancora sconosciuto Valentino Mazzola.

La 6C 2500 SS Coupé Villa d’Este. Siamo arrivati alla Villa d’Este, forse la sintesi di tutto ciò che di bello è stato fatto finora con l’auto e sull’auto.

La 6C 2500 SS “Villa d’Este” è uno degli ultimi modelli Alfa Romeo a essere realizzato con telaio portante separato dalla carrozzeria. Viene prodotta in soli 36 esemplari, uno diverso dall’altro, a seconda dei desideri dei clienti e dell’estro dei carrozzieri.

Partendo dalla 6C 2500 SS Coupé, realizzata dalla sua stessa Touring, Bianchi Anderloni introduce importanti modifiche: il frontale viene ridisegnato, i quattro fari vengono meglio integrati nella carrozzeria, compaiono due prese di raffreddamento allungate sovrapposte. I parafanghi sono integrati nella fiancata, ma ben evidenti. Il parabrezza è sdoppiato e inclinato. Nel retro, molto basso e pronunciato, spiccano due piccoli, eleganti fanali rotondi.

È nato un capolavoro dell’arte automobilistica del ventesimo secolo.

Nell’edizione 1949 del Concorso d’Eleganza di Villa d’Este la vettura si aggiudica il “Gran Premio Referendum”, il premio attribuito dal pubblico – e fa suo per sempre il nome dell’evento che la consacra.

 

 

B.A.T. – Il sogno realizzato di Automotoretrò

Le tre auto più ricercate e misteriose al mondo, furono le regine di un’edizione strabiliante della rassegna torinese.

TORINO, 30 aprile – Alla domanda di quale sia stato il “colpo” più grosso effettuato dagli organizzatori di Automotoretrò Beppe Gianoglio, il suo ideatore e che ne è al timone da 38 anni, non ha dubbi: l’esposizione delle B.A.T.

E dire che sotto le volte di Torino Esposizioni prima e di Lingotto Fiere dopo sono passati esemplari di automobili da sogno, come un paio di esemplari di Bugatti Royale (sette esemplari costruiti, valore qualche decina di milioni di euro l’una). Come racconta nell’intervista pubblicata oggi nelle pagine di www.kaleidosweb.com la presenza delle B.A.T. ad Automotoretrò fu frutto di una fortunata coincidenza, presa al volo da Beppe Gianoglio.

Ma perché le B.A.T. sono preziose come quadro di Vermeer, pur essendo pressoché sconosciute al grande pubblico?

Le B.A.T., il cui acronimo significa Berlinetta Aerodinamica Tecnica, sono tre vetture in cui Franco Scaglione, designer tanto bravo quanto poco valorizzato, esplorò fino all’estremo le concezioni aerodinamiche dell’epoca. Le tre vetture furono sviluppate sul telaio dell’Alfa Romeo 1900, la moderna berlina che rilanciò l’Alfa Romeo nell’immediato dopoguerra. Scaglione disegnò le tre vetture che furono costruite dalla Carrozzeria Bertone e presentate al Salone di Torino del 1953 (B.A.T. 5, la più estrema delle tre), 1954 (B.A.T. 7) e 1955 (B.A.T. 9), che ispirarono la Giulietta Sprint, costruita sempre da Bertone. Dotate di un motore quattro cilindri da 90 cavalli e cambio a cinque marce, grazie alla loro leggerezza e all’estrema profilatura aerodinamica (Cx 0,23) potevano superare i 200 km/h.

Secondo alcune fonti le tre B.A.T. dopo varie vicissitudini sarebbero ora al Blackhawk Museum a Danville in California. Nel novembre sono state esposte a Londra e fotografate da Tom Saxson per il sito www.classicdriver.com

“Storie Alfa Romeo”, seconda puntata: l’iconica 6C 1750 anticipa il futuro ed è protagonista della sua epoca

La 6C 1750 degli anni Trenta esprimeva al meglio una delle caratteristiche che continuano a contraddistinguere tutte le creazioni Alfa Romeo: l’inimitabile capacità di primeggiare nelle competizioni sportive e nei concorsi di bellezza. È stata la capostipite di una nuova generazione di Alfa Romeo e ha inaugurato una tradizione tecnica e progettuale che continua ancora oggi, con un eccezionale rapporto peso-potenza e un bilanciamento perfetto.

Il mantovano volante. È il 13 aprile 1930, sono passate da poco le cinque del mattino. La quiete del Lago di Garda è rotta dal rombo di una Alfa Romeo 6C 1750 Gran Sport spider Zagato che va a 150 chilometri orari a fari spenti. Al volante c’è Tazio Nuvolari da Mantova, detto “Nivola”. Al suo fianco c’è Gian Battista Guidotti, capo-collaudatore Alfa Romeo al Portello.

La corsa è la mitica Mille Miglia. In testa c’è Achille Varzi. che sembra avviato alla vittoria. Ma pochi chilometri prima del lago, a Verona, Nuvolari e Guidotti hanno avuto un’idea folle: spegnere le luci. Per battere il rivale, l’unico modo è coglierlo di sorpresa.

È quasi l’alba. Dopo il lago c’è la campagna che porta al traguardo di Brescia. È qui che Varzi e il secondo pilota Canavesi sentono l’eco di un altro motore. Neanche il tempo di capire che cosa stia succedendo, e un’automobile identica alla loro li sorpassa.

Vince Nuvolari alla media di 100,45 km/h. È la prima volta in questa gara che viene infranto il muro dei 100 km/h di media – un record a cui la stampa dell’epoca dà grande risalto. L’incredulo Varzi arriva secondo, staccato di una decina di minuti. Terzo Giuseppe Campari. Quarto Pietro Ghersi. Piloti molto diversi, con una cosa in comune: guidano tutti e quattro la stessa vettura, la 6C 1750. E non sono gli unici. Altre 6C arriveranno, nell’ora e mezza seguente – per un totale di otto nei primi undici posti.

Una supremazia assoluta, ribadita quello stesso anno con i primi tre classificati alla 24 Ore di Spa, in Belgio, e al Tourist Trophy di Belfast. La 6C 1750 è l’auto più veloce del suo tempo.

 

La famiglia 6C. La 6C è la prima creatura di Vittorio Jano, che dal 1926 ha preso in mano tutta la progettazione Alfa Romeo. Il mandato era creare una “vettura leggera con prestazioni brillanti” – capace di arrivare prima nelle corse, di farsi ammirare, ma anche di aprire nuovi mercati.

La 6C unisce pulizia di struttura e raffinatezza meccanica – le qualità tipiche delle auto di Jano. Ma ha anche qualcosa in più, che diventerà una caratteristica distintiva Alfa Romeo: una elevata potenza specifica. Jano sa estrarre cavalli da motori piccoli, e questo lo porta a immaginare quello che noi oggi chiameremmo “downsizing”: crea propulsori che si collocano a metà tra la cilindrata da un litro, tipica delle utilitarie, e i due o tre litri delle auto di lusso. Già allora, le Alfa Romeo vanno più forte di tutti grazie al miglior rapporto peso/potenza.

L’innovazione tecnologica. A partire da questa intuizione progettuale, nascono modelli che faranno storia.

Già per la GP 1914 (poi bloccata dalla guerra), Merosi aveva sviluppato soluzioni motoristiche inedite, che avrebbero caratterizzato la storia progettuale futura di Alfa Romeo: i due alberi a camme in testa, le quattro valvole per cilindro e la doppia accensione. Sulla 6C 1900 GT (e successivamente sulle 6C 2300 e 6C 2500) vengono introdotte altre novità: le sospensioni a ruote indipendenti, e un nuovo telaio con componenti saldati (anziché chiodati) per aumentare la rigidità.

La maneggevolezza e la tenuta di strada delle Alfa Romeo diventano leggendarie: lo “handling” entra nel DNA del Brand.

La 6C 1750. La 6C 1750 presentata nel gennaio del 1929 al Salone dell’Automobile di Roma rappresenta forse la piena maturazione della formula 6C. Il motore è un’evoluzione del precedente 1500 sei cilindri in linea. Viene prodotto in versioni diverse – monoalbero e bialbero, con compressore volumetrico e senza – e la potenza va dai 46 cavalli della versione Turismo ai 102 cavalli della Gran Sport “Testa Fissa”. Quest’ultima è una “special version” prodotta in pochissimi esemplari: la testata è fusa in blocco col basamento cilindri per eliminare le guarnizioni (e il rischio di bruciarle), il peso è di soli 840 kg e la velocità massima di 170 km/h.

Ma non è solo il propulsore a fare della 6C 1750 il punto più alto dell’innovazione in campo automobilistico. Il sistema frenante è di tipo meccanico, con tamburi di grandi dimensioni comandati da un sistema di rinvii. Il telaio, in acciaio stampato, è perfettamente equilibrato ed estremamente rigido, con assali rinforzati. Le balestre sono montate non sotto ai longheroni, ma all’esterno del corpo vettura: il baricentro più basso esalta la tenuta in curva. Il serbatoio del carburante è stato arretrato per ottenere un maggior carico sulle ruote posteriori e migliorare il bilanciamento tra gli assi. Tutte soluzioni all’avanguardia, che – in linea con la filosofia della Casa – sono applicate sulle vetture da corsa come sulle auto stradali.

Le vittorie nelle gare diventano una cassa di risonanza per la supremazia tecnica del modello. Sin dall’esordio, la 6C 1750 ha un notevole successo commerciale. Dal 1929 al 1933 escono dal Portello ben 2.579 esemplari, venduti sul mercato domestico ma anche all’estero – soprattutto in Regno Unito e nel Commonwealth. Numero significativo, considerando che si tratta di un’auto decisamente “di élite”. In Italia, il prezzo di vendita andava dalle 40 alle 60 mila lire: circa sette anni di uno stipendio medio.

L’era dei carrozzieri. La 6C non è solo veloce, è anche molto bella. E molta parte del suo successo si deve ai carrozzieri che la “vestono”: maestri artigiani capaci di unire il mestiere di sellaio, di battilastra, di verniciatore e di tappezziere – ma soprattutto creativi e stilisti capaci di lasciare un segno nella loro epoca.

Fino agli anni trenta, era normale che dagli stabilimenti produttivi uscissero telai nudi, attrezzati con motore, cambio e sospensioni. Il cliente acquistava l’auto, poi si rivolgeva all’allestitore per farsi creare un modello su misura – praticamente unico al mondo. Solo nel 1933 al Portello viene aperto un reparto di carrozzeria interno, che affianca (ma non sostituisce) la produzione di chassis meccanizzati venduti direttamente a clienti e carrozzieri.

La 6C 1750 dimostra grande duttilità di allestimento. Intorno all’eccezionale meccanica Alfa Romeo vengono sviluppate alcune delle auto più eleganti di sempre – carrozzate dagli stilisti più illustri, e comprate dai personaggi più famosi.

La 6C 1750 GS Touring “Flying Star”. La “Flying Star” nasce per essere bella quanto la sua proprietaria: Josette Pozzo, milionaria, modella e protagonista degli eventi mondani dell’epoca. Creata appositamente per partecipare al Concorso d’Eleganza di Villa d’Este del 1931, fu sviluppata dalla Carrozzeria Touring di Felice Bianchi Anderloni.

La 6C 1750 spider è un “pezzo unico”: un vero gioiello di originalità, eleganza e cura del dettaglio. È tutta bianca, compresi sottoscocca, raggi ruote, volante, e selleria – con la sola eccezione del cruscotto nero a contrasto.

Con questo modello, Touring dà alla 1750 nuove proporzioni e inserisce una serie di dettagli estetici che le danno un fascino “liberty” – come i predellini anteriore e posteriore sospesi, che nascono dai passaruote per incrociarsi sotto le porte senza toccarsi.

A Villa d’Este la 6C 1750 GS Touring vince la “Coppa d’Oro” assegnata all’auto più bella – e alla premiazione Josette guida personalmente la vettura, sfoggiando un abito bianco perfettamente coordinato.

La Golf GTI ottava serie (dal 2020). L’edizione definitiva (per ora)

A inizio marzo, è stata presentata l’ottava Golf GTI, la sportiva dell’era digitale. Dal 1976, la Golf GTI è il riferimento delle sportive compatte. La storia della sua nascita unica e insolita, come quella di tutte le l eggende. Un viaggio giunto all’ottava tappa con oltre due milioni di esemplari venduti.

WOLFSBURG (Germania) – Presentata in anteprima mondiale all’inizio di marzo, l’ottava generazione della Golf GTI ha saputo, ancora una volta, reinventarsi. L’attuale Golf GTI è digitalizzata e connessa alla rete, al passo coi tempi: una sportiva compatta agile, pura, efficiente e all’occorrenza veloce fino a 250 km/h, un concentrato high-tech dell’età digitale dotato di una potenza di 245 CV.

Le novità di questa Golf 8 GTI sono dentro, fuori e sottopelle: nuovo è il design anteriore, che per la prima volta sfoggia un listello della calandra illuminato e fari fendinebbia a LED disposti a X. Nuovo anche l’interno, con il tasto start/stop dell’avviamento che pulsa di luce rossa, il volante sportivo con comandi touch e la leva shift-by-wire del cambio DSG dotato di curve caratteristiche. Nuova l’interfaccia totalmente digitale Digital Cockpit, così come i servizi We Connect che introducono a bordo streaming, web radio e ulteriori funzionalità online.

“Storie Alfa Romeo”: il Marchio si racconta a tutti gli appassionati

Le belle storie emozionano e confortano, e soprattutto nei momenti più complicati rappresentano un corroborante momento di evasione. Una storia ben raccontata è come un’automobile ben fatta, capace di avvolgere e di appassionare: consente di andare lontano, almeno con la fantasia, e di godersi il panorama che sfila dal finestrino. Soprattutto in questo frangente di giorni difficili c’è un diffuso desiderio di storie, e Alfa Romeo ne ha tante da raccontare.

 

“Storie Alfa Romeo”: un piano editoriale che celebra 110 anni di storia. Il 24 giugno 2020, infatti, il Marchio taglierà un nuovo prestigioso traguardo: il Biscione festeggerà 110 anni contraddistinti da innovazioni tecnologiche, successi sportivi e memorabili creazioni su quattro ruote, e per festeggiare un compleanno così importante ha sviluppato “Storie Alfa Romeo”, una collana web dedicata a tutti gli appassionati di automobili. Del resto, non si può pensare alla storia dell’automobilismo mondiale senza evocare Alfa Romeo: il Biscione è davvero nel cuore non solo degli Alfisti, ma di tutti gli amanti del bello. La storia di Alfa Romeo si intreccia infatti con il meglio della genialità italiana, ne racchiude il carattere, oltre al noto patrimonio tecnico e artistico, e tocca ambiti che esulano dal mondo dell’automobile.

La passione al centro: Alfa Romeo racconta Alfa Romeo. “Storie Alfa Romeo” racconterà curiosità, costume, fatti correlati allo sviluppo del Marchio, e a quello storico e sociale d’Italia, attraverso i suoi modelli più famosi, accompagnati da foto d’archivio e dalle immagini delle vetture ospitate dal Museo Storico Alfa Romeo di Arese.

Come ogni creazione firmata dal Biscione, anche “Storie Alfa Romeo” mette al centro chi siede al volante, ma non solo. Di puntata in puntata, le “Storie Alfa Romeo” permetteranno di incontrare piloti e divi, tecnici e stilisti, celebrità e semplici appassionati: i protagonisti della leggenda Alfa Romeo.

Da via Cappuccio a una dimensione globale. Con “Storie Alfa Romeo” sarà dunque possibile andare alla scoperta delle radici di Alfa Romeo, e dell’intreccio di legami con Londra, Bordeaux e Napoli che hanno dato al Marchio una dimensione internazionale sin dalle origini. Per iniziare si parlerà della prima vettura prodotta, la 24 HP progettata da Giuseppe Merosi nella sua casa milanese di via Cappuccio ancor prima che il 24 giugno 1910 venisse registrata a Milano la ragione sociale A.L.F.A. (Anonima Lombarda Fabbrica Automobili). E naturalmente non mancherà l’occasione per rivivere le origini del mito sportivo Alfa Romeo: dal debutto nelle corse nel 1911 alla prima vittoria nella Targa Florio, atto di nascita del leggendario Quadrifoglio.

La galleria fotografica delle Storie Alfa Romeo